LA CHIESA DEI SANTI LUCA E MARTINA IN ROMA

La chiesa dei Santi Luca e Martina si trova nel Foro Romano, adiacente all’arco di Settimio Severo ed alla chiesa di Sant’Adriano, sul luogo dove un tempo sorgeva l’antica Curia Hostilia. L’invidiabile posizione della chiesa, situata tra i Fori di Augusto, di Cesare ed il Foro Romano, le valse anche l’appellativo di “Santa Martina in Tribus Foris”. Eretta sotto Onorio I (625-638) sulle rovine del Secretarium Senatus, il Tribunale penale a porte chiuse istituito nel 412 a. c., la chiesa era dedicata alla Santa Martina, martire sotto Settimio Severo. Essa venne più volte restaurata ed arricchita, sino alla completa ricostruzione sotto Papa Alessandro IV che nel 1256 la costituì Parrocchia e Collegiata. Dalla chiesa partiva la processione della Candelora istituita da Papa Gelasio (492-496) in sostituzione della festa pagana dei Lupercali: nel giorno della purificazione dopo aver detto messa in Santa Martina, il Papa distribuiva i ceri ai fedeli e con un corteo di Cardinali e di popolo, si recava nella chiesa di Santa Maria Maggiore. Un disegno di Antonio da Sangallo il giovane testimonia la struttura della chiesa medievale, fabbricata su una pianta a sala absidata, l’interno era decorato dai tre grandi rilievi con Storie di Marco Aurelio, trasferiti in Campidoglio nel 1515. Nel 1588 Sisto V concede la chiesa all’Accademia di San Luca, fondata nel 1577 da Girolamo Muziano in sostituzione della più antica Università o Compagnia dei Pittori, istituita sin dal XV secolo. All’antico titolo di Santa Martina si aggiunge così quello di San Luca, evangelista e medico, protettore degli artisti in quanto egli stesso praticante la pittura. Risalgono a questi anni le prime proposte di restauro dell’edificio, formulate da Ottavio Mascherino. Nessun progetto tuttavia fu messo in opera e per mancanza di fondi, ci si limitò al restauro della pavimentazione che venne rialzata al livello della strada, ricavando così un grande vano sotterraneo. Sotto Gregorio XV (1621-1623), l’architetto Pietro da Cortona propose la trasformazione della chiesa in Mausoleo Pontificio, elaborando una struttura a pianta centrale con cupola all’incrocio dei bracci. Non avendo avuto esito la proposta, Pietro da Cortona, eletto principe dell’Accademia nel 1634, chiese ed ottenne di restaurare a sue spese l’ambiente sotterraneo quale cappella funeraria per sé e per la sua famiglia. La fortuna volle che durante gli scavi vennero rinvenuti i resti di Santa Martina e altri Martiri, quali Concordio, Epifanio e Compagno. L’episodio suscitò tale commozione ed entusiasmo che Papa Urbano VIII Barberini non potè esimersi dall’intervenire, anche finanziariamente, insieme al nipote Cardinale protettore Francesco Barberini; il risultato fu una chiesa meravigliosa, un capolavoro architettonico, una delle testimonianze di maggior rilievo del barocco romano. I lavori si protrassero a lungo anche a causa del soggiorno fiorentino di Pietro da Cortona, che tra il 1637 e il 1647 affrescò l’appartamento principesco di palazzo Pitti. La data 1650 scritta nella lapide dedicatoria, posta nella controfacciata, indica infatti la consacrazione della chiesa e non il suo completamento. I lavori furono terminati, tra il 1674 e il 1677, dall’architetto Ciro Ferri, allievo di Cortona. Pietro da Cortona realizza la chiesa utilizzando un’insolita pianta a croce greca nella quale l’asse longitudinale è leggermente più lungo di quello trasversale. Al termine dei bracci sorgono quattro absidi con una curvatura leggermente schiacciata. Tutto l’interno si presenta come un ambiente omogeneo e completamente bianco, evidenziando la propria neutralità e rigore, ed è sovrastato dalla meravigliosa cupola poggiata su un tamburo circolare diviso da paraste in otto sezioni con finestre a timpano e meravigliose cornici sulle quali si erge l’ape, simbolo araldico della famiglia Barberini. Esternamente, l’ultimo restauro del 2015 ha restituito alla cupola il caldo tono color travertino con la sua luminosità progressiva, cercando di ristabilire la bicromia dei testi originari ed andando a eliminare le successive sovrapposizioni che ne avevano alterato il tono. I pennacchi di raccordo sono decorati con i quattro simboli degli Evangelisti in stucco, opera di Camillo Rusconi. All’altare maggiore si può ammirare il San Luca Evangelista che dipinge la Madonna, copia del caravaggesco Antiveduto Gramatica del dipinto di Raffaello, oggi alla galleria dell’Accademia di San Luca. Nel transetto è collocata una Pala di Sebastiano Conca. Al piano inferiore della chiesa, la bellissima cripta che riprende la struttura superiore, con due ulteriori corridoi a crociera destinati alle sepolture anch’essa opera di Pietro da Cortona,dove si trovano anche due rilievi di Alessandro Algardi. Vero capolavoro dell’artista toscano è la facciata che curva parallelamente all’abside antistante, come se fosse plasmata dall’interno. Inserita tra due pilastri laterali, la curvatura esterna le conferisce un eccezionale aspetto in costante tensione. Per l’apertura di via dell’Impero (oggi via dei Fori Imperiali) nel 1932 la chiesa fu totalmente isolata dagli edifici che aveva a ridosso, compreso quello della sede accademica, che venne così trasferita a palazzo Carpegna. Si accede alla chiesa tramite l’articolata facciata principale, che fino alle recenti sistemazioni tardo-novecentesche costituiva il fondale di via della Consolazione. Per disposizione testamentaria di Pietro da Cortona l’amministrazione della chiesa inferiore venne affidata, dopo la sua morte, al Conservatorio di Sant’Eufemia, che ne è attualmente proprietario. La chiesa superiore, invece aperta al culto, appartiene all’Accademia di San Luca. La chiesa dei Santi Luca e Martina situata tra i Fori Romani, è una chiesa splendida, un esempio raffinato di architettura, una delle testimonianze migliori del barocco romano, anche se in realtà poco conosciuta, che impone una visita necessaria.

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