Articolo 9: custodire e scommettere

In un momento in cui il dibattito pubblico sembra impantanato in miopi questioni di giochi di forza fra partiti fuori e dentro la maggioranza, sembra del tutto inattuale e fuori luogo proporre una riflessione sull’articolo 9 della nostra Costituzione. In effetti sembra che promozione della cultura e tutela della natura (come paesaggio e ambiente) richiedano una visione d’insieme e una lungimiranza oggi quasi del tutto carenti. La questione climatica ad esempio sembra essere affetta da due difetti di prospettiva.

Da un lato il sistema produttivo capitalistico, strutturalmente ‘estrattivo’, sembra ancora considerato in modo irriflesso come intoccabile e scontato, come uno status quo eterno; sembra che si abbia difficoltà a comprendere la radicalità della sfida epocale di fronte alla quale oggi ci troviamo, sfida che coinvolge l’intero sistema di produzione e consumo illusoriamente avvertito come ‘progresso all’infinito’. Siamo arrivati ad una «globalizzazione dell’indifferenza», come ha affermato papa Francesco: non ci accorgiamo degli scarti, umani e materiali, che produce il sistema che abbiamo costruito.

D’altra parte, nelle proposte ambientaliste e nella retorica ad esse associata si finisce spesso per perdersi in ‘fughe in avanti’, cioè in utopistiche profezie di mondi ‘un giorno’ possibili senza concrete ed efficienti prospettive per il breve o medio termine. Insomma si finisce per essere presbiti e sognare solo il futuro per troppo disgusto per il presente. Di questo ad esempio si è accusato l’orientamento insieme ‘luddista’ e ‘tecnoentusiasta’ del M5S in materia di sostenibilità ambientale.

La questione climatica nell’articolo 9 è giustamente connessa con la promozione della cultura e della ricerca scientifica, cioè della libera espressione della persona umana nella sua opera di intervento sul mondo. Infatti se si disgiunge ambiente e uomo si vede solo metà della questione. La sfida non è convincere tutti ad andare ‘nella stessa direzione’, cioè verso una decrescita più o meno felice: questa è un’utopia pericolosamente astratta; si tratta invece di riuscire a tener presente in ogni campo le due spinte opposte ma non contraddittorie del tutto e delle parti, della libera espressione della persona e della coesione dell’intero sistema: solo così il complesso culturale ed ambientale cui ognuno partecipa ha possibilità di crescere e fiorire. Natura e cultura si salvano solo con una maturazione individuale e collettiva di una libertà sempre più autentica, cioè sempre più responsabile.

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