Era il 23 dicembre del 1966 quando gli spettatori dei cinema italiani poterono udire per la prima volta una melodia sconosciuta: un ostinato di pianoforte che proseguiva in tensione fino ad aprirsi, lasciando spazio allo struggente monologo di un oboe. Sullo schermo, di lì a poco, i volti di nientemeno che Clint Eastwood, Eli Wallach e Lee Van Cleef si sfidavano l’un l’altro per capire chi avrebbe raccolto la misteriosa eredità di un certo Arch Stanton.
Il film era Il buono, il brutto, il cattivo, di Sergio Leone. La musica era The Ecstasy of Gold, La Febbre dell’Oro, composta dal suo amico di una vita Ennio Morricone. Oggi, a distanza di 31 anni dalla scomparsa dell’amico regista, tocca purtroppo al Maestro lasciarci. Una fatalità, un peccato: la complicazione, sembra, di una brutta caduta per un Morricone che fino alla tarda età è rimasto lucido, attivo, creativo.
Non solo Ennio Morricone aveva continuato a incantare il mondo con le sue storiche composizioni – memorabile il concerto nel 2007 sulla laguna di Venezia, ma tanti sono stati i suoi tour recenti – ma il suo parco di inediti continuava a infoltirsi con una freschezza e una capacità di reinventarsi che normalmente non si addice a un ultraottantenne.
Pazzesco come sia stato proprio il suo ultimo lavoro cinematografico a togliergli, finalmente, una soddisfazione, un doloretto che lo accompagnava da sempre. Un Academy Award, ottenuto accompagnando il lavoro The Hateful Eight (2016) di un Quentin Tarantino che ha dovuto pregarlo ripetutamente in ginocchio per convincerlo a scriverne le musiche. Un affermato regista che diviene di nuovo un ragazzino, un piccolo fan con gli occhi lucidi in completa soggezione dei suoi idoli da bambino: Sergio Leone ed Ennio Morricone.
Quest’Oscar per la miglior colonna sonora, che oggi possiamo contestualizzare come un grand finale per una carriera immensa e indescrivibile, è sempre stato il cruccio di un compositore che nella vita aveva vinto quasi ogni premio esistente, ma l’Oscar – l’Oscar no: i tempi erano diversi e le regole anche. Agli americani non piacevano granché gli spaghetti western, più per partito preso che non per altro – e forse per “salvaguardare” l’identità del western statunitense. Un discorso di salvaguardia nazionale che si può estendere, in un certo senso, a tutto ciò che l’Academy rappresentava. Il buono, il brutto, il cattivo non fu nemmeno nominato: né per la musica, né per la regia, né tantomeno per le interpretazioni – salvo essere poi rivalutato come capolavoro, in seguito, da una Hollywood che aveva preso a guardare diversamente certe perle del cinema italiano.
La rivalutazione fu tale che a Morricone, nel 2007, fu consegnato dalla Academy un Oscar “speciale”, alla carriera. Un regalo personale e sentito, e che sapeva anche un po’ di scuse. Scusa per non averti apprezzato all’epoca, Ennio, hai fatto la storia e meritava un Oscar ogni cosa su cui hai messo le mani.
I capolavori di Morricone eccedono, ovviamente, la Trilogia del Dollaro e Hateful Eight – e sono forse troppi per essere ricordati in un blocco unico: ciascuna score con una sua identità, una sua originalità ricercata e la volontà di creare, pur con uno stile coerente, una musica sempre differente e dotata di unicità. Il monito arrivò allo stesso Tarantino: «Non aspettarti le musiche che ho già scritto. Sarà qualcosa di nuovo». Da Nuovo Cinema Paradiso a C’era una volta in America, da The Mission a Gli intoccabili, e perfino La Cosa di Carpenter e Mission To Mars – Morricone avrebbe potuto creare cloni della sua migliore musica western e campare felice per dieci vite, ma non gli sarebbe mai andata giù. Ogni volta qualcosa di nuovo, ogni volta un capolavoro.
E la cosa peggiore? Non ci mancherà solo la musica, del Maestro. Ci mancherà anche una personalità incredibilmente umile, di una professionalità rara e immune alla presunzione. Un uomo dei vecchi tempi, che pur non parlando una parola d’inglese e non volendo lasciare la sua Roma, è riuscito a farsi apprezzare in tutto il mondo per la lingua che parlava meglio di tutte: quella della musica.
Grazie di tutto, Maestro.