Siri fuori dai giochi: la squadra di governo regge ancora ?

Il capo del governo Giuseppe Conte ha infine inviato al Capo dello Stato la propria decisione finale, quella sulla revoca del ruolo di Armando Siri quale sottosegretario ai Trasporti. “Finale” – si fa per dire, poiché la corrispondenza tra Palazzo Chigi e il Quirinale ha compiuto un giro completo in più del previsto a causa di qualche errore di forma: la revoca inviata dal presidente del Consiglio non conteneva infatti, come previsto, l’elenco delle norme cui la revoca si appellava, ma una valutazione di merito sull’operato di Siri e la vicenda che lo vede coinvolto per imputata corruzione.

Al di là di questo piccolo pasticcio burocratico, il dado è tratto sulla faccenda Siri. L’ex sottosegretario leghista aveva, nelle scorse settimane, causato un putiferio interno alla già traballante alleanza di governo tra la Lega di Matteo Salvini e il Movimento Cinque Stelle di Luigi Di Maio. Conte, adesso che ha fatto valere la sua figura istituzionale su quelle politiche che lo accompagnano, chiede con cognizione di causa a se stesso – e alle parti di cui è vero e proprio “moderatore” – se ci sia fiducia piena in lui, se tutti continuino a stare con lui. La risposta sembra essere positiva.

Eppure le polemiche non mancano: da parte leghista ci si chiede, nelle parole di Salvini, perché Virginia Raggi sia ancora al suo posto nonostante sia indagata da anni. Se Luigi Di Maio esulta e considera la dimissione forzata di Siri come una «vittoria [non] del M5S, [ma] degli italiani onesti», citando il successo della normativa anti-corruzione, il ministro dell’Interno lamenta invece la mancanza di «un principio di civiltà giuridica che vale per tutti, Lega e 5 Stelle […] presunti colpevoli di serie A e di serie B».

Insomma: per bene della tenuta dell’esecutivo, entrambe le parti in causa confermano la propria fiducia nell’operato del presidente del Consiglio, ma l’infinità di postille presenti nei loro commenti a caldo rischiano alla fine di potersi addensare e costituire un precedente importante, l’allargamento di una frattura già aperta da diverso tempo. C’è una certezza, però: con le elezioni europee alle porte, nessuno vuole fare la figura del colpevole nel compromettere la stabilità di governo. Per adesso si lancia la palla avanti e indietro al proprio amico-nemico, e dopo – dopo si vedrà.

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