Abruzzo: l’ascesa della Meloni e il crollo dei Cinque Stelle

«Gli abruzzesi hanno fatto la loro scelta, chiedo solo che ci diano indietro i 700mila euro che gli abbiamo dato l’anno scorso, le quattro ambulanze e lo spazzaneve». Così tuona Beppe Grillo, in maniera assai poco elegante e appropriata al contesto politico, dal palco del suo spettacolo teatrale Insomnia, in scena a Bologna. D’altra parte è un attimo prima che il Maalox passi da una mano bisognosa all’altra, onde lenire bruciori ovunque essi vadano presentandosi.

Nel corso delle ultime elezioni regionali in terra abruzzese, il crollo del Movimento Cinque Stelle è stato netto e istantaneo: dal 39,8% di un anno fa al 18% dello scorso weekend elettorale. Un risultato che costituisce conferma, seppur particolaristica, di quanto il M5S in veste di governo non abbia saputo vincere e – soprattutto – convincere quanto invece era possibile finché tutto ciò che era necessario si esternava nel gridare proclami a gran voce.

Non è quanto si possa dire per l’alleato di governo, la Lega, che nel frangente ha avuto il merito (ancora una volta) di saper valutare la particolare situazione e ricamare alleanze appropriate: la coalizione di destra ha infatti vinto le regionali d’Abruzzo, con il 48,03% delle preferenze, grazie soprattutto al sostanziale apporto di Fratelli d’Italia (in questo caso vero partito trainante) e Forza Italia. Un mix di vecchia e nuova politica che, evidentemente, non fa storcere il naso finché le preferenze arrivano e nessuno sembra darvi peso.

Marco Marsilio di Fratelli d’Italia, incoronato governatore dallo scrutinio, rappresenta un mattone importante perché Giorgia Meloni possa avanzare, un giorno forse vicino, la propria pretesa alla mano di Matteo Salvini quale alleata; forse più convincente, sul piano politico e ideologico, rispetto a Di Maio e soci. Per la Meloni, protagonista di una scenetta divertente e blasfema che non sembra però mettere in discussione la sua dichiarata appartenenza alla difesa dei valori cristiaini, sembra aprirsi così una stagione politica di rinnovato entusiasmo: bisognerà però accertarsi se il resto delle regioni italiane condivida lo spostamento verso destra dell’asse politico del Bel Paese.

E il Pd che fa? Il centrosinistra è in calo stabile, dal 13% al 12% circa, mentre affronta problemi di leadership la cui soluzione non è ancora pervenuta e non ha ben chiaro il proprio presente – né tantomeno il futuro. Il Partito Democratico si trova in una crisi d’identità dalla quale pare impossibile uscire, e nei confronti della quale una nuova scissione o rifondazione partitica non sembrerebbe affatto essere una soluzione, anzi

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