Il museo nazionale estrusco di Valle Giulia è on-line a 360°

Cura nei dettagli e nella descrizione delle opere, con schede di lettura destinate a categorie di pubblico diverse, per migliorare la fruizione del sapere e della bellezza

Il cuore del museo nazionale etrusco di Valla Giulia è il famoso sarcofago degli sposi, un capolavoro conosciuto in tutto il mondo. In tempi di pandemia e di necessarie restrizioni, bellezze artistiche del genere, che solitamente vengono ammirate in presenza da migliaia di visitatori, non ultimi i bambini che si recano al museo per le gite scolastiche con i loro insegnanti, come anche quest’opera, un reperto importante della cultura etrusca, si sono fatte lontane.

Ecco allora la volontà del museo nazionale di aprire le porte virtuali su un mondo affascinante.

Proprio il sarcofago è acessibile, come tutti gli altri reperti e ambienti del museo, tramite una visita virtuale, esperibile on-line e fruibile in modo gratutito, dal sito ufficiale del Museo.

Curata in ogni dettaglio la proposta, con una scheda di lettura delle opere stesa su misura dei fruitori. Cliccando infatti sulle diverse pagine, si scopre come i testi siano stati elaborati per poter essere letti da fasce differenti di pubblico. Ogni paragrafo riporta l’indicazione del target principale per cui è stato pensato e scritto (ma non vuol dire che non possa essere letto anche dagli altri!). Questi i gruppi di pubblico a cui si fa riferimento: bambini con un’età indicativa da 7 a 10 anni, per i quali si descrive quello che si vede, gli aspetti evidenti, oggettivi, visivi, cromatici e formali dell’opera. Nel sarcofago, ad esempio, vediamo allora “un sorriso enigmatico. In realtà è un espediente dell’arte antica chiamato sorriso arcaico: non si voleva riprodurre il sorriso umano, ma accentuare le espressioni del volto”. Ecco quindi la descrizione degli occhi, “che sono oggi vuoti, ma nella superficie incavata doveva esserci un tempo del colore: nero e bianco, spiega la scheda multimediale. Anche se non siamo abituati ad immaginarlo, le opere d’arte antica erano vivacemente colorate: nel Museo si trovano molte altre opere che hanno conservato tracce di colore”. Seguono poi i ragazzi di età indicativa da 11 a 15 anni; a loro si raccontano aneddoti con aspetti metaforici e visionari a partire dal ritrovamento o dalle rappresentazioni visive o materiche. Si spiega loro come “i due sono ritratti in un tenero abbraccio mentre stanno per bere del vino insieme, uno dei momenti più belli della quotidianità che si voleva protrarre anche dopo la morte. È una scena di vita e al tempo stesso di intimità, raffigurata su di un sarcofago che conteneva i resti dei defunti, rappresentandoli come se non fossero mai morti. La postura delle mani evoca la presenza di oggetti che sono andati perduti: lei forse si stava cospargendo con unguenti, un gesto che poteva avere anche un significato funerario, mentre lui poteva recare in mano delle ghirlande o una coppa. Per gli Etruschi era normale che le donne partecipassero al banchetto con pari diritto e pari dignità degli uomini, cosa che per i Greci non era ammissibile”.

Ancora, gli adulti con età indicativa superiore ai 16 anni. A questi si descrive l’importanza del reperto all’interno delle collezioni del Museo domandandosi “Perché è esposto? Cosa racconta? Qual è il contesto di riferimento cui fa capo?” Scopriamo così dalla scheda fornita dai curatori del Museo che “il Mediterraneo nella seconda metà del VI secolo a. C. è travolto da eventi non troppo diversi da quelli che lo scuotono ancora oggi. L’Asia minore (odierna Turchia) era all’epoca interessata dall’avanzata dei Persiani, che spinsero i Greci di Focea, da tempo insediati lungo le coste della Ionia, a spostarsi verso occidente: alcuni si diressero verso un’area che già frequentavano e dove decenni prima avevano fondato colonie come Marsiglia; altri, in particolare artigiani, vengono accolti dagli Etruschi. A loro si deve quella commistione culturale e artistica che dette luogo alle prime tombe affrescate di Tarquinia, alle lastre dipinte e al Sarcofago degli sposi: una testimonianza straordinaria delle profonde affinità che hanno legato per tutto il corso della loro storia gli Etruschi ai Greci”. Infine, l’ultima categoria, quella dei cosiddetti “appassionati”. Per loro la scheda riporta dettagli sul prima (scavi, ricerche) e sulle ricerche successive (scoperte, annotazioni, interpretazioni). “Fu scoperto nel 1881 in 400 frammenti nella necropoli della Banditaccia a Cerveteri. Realizzato in argilla cotta, ne è nota con certezza soltanto una replica oggi conservata al Museo del Louvre. La qualità dei dettagli consente di soffermarsi su molti particolari del vestiario e dell’atteggiamento dei simposiasti: colpisce in particolare il copricapo della donna, il caratteristico tutulus etrusco, e le sue calzature, i cosiddetti calcei repandi, ossia ripiegati verso l’alto, secondo una moda che rimanda in apparenza all’Oriente. Straordinaria risulta la capacità dell’artista di conquistare lo spazio, proiettando verso lo spettatore i gesti dei due sposi, il cui coinvolgente abbraccio è talmente efficace da non necessitare quasi di alcuna mediazione per suscitare emozioni”.

Il Virtual Tour 360° del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia è stato messo a completa disposizione dall’Associazione Culturale Una Quantum Inc. (www.unaquantum.com), ed è stato creato dalla dottoressa Martina Frau, conservatrice dei beni architettonici e ambientali, e dall’ingegnere Valerio De Luca, con la consulenza scientifica della dottoressa Antonietta Simonelli, funzionaria archeologa del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia e del dottor Paolo Rosati, archeologo dell’Università “La Sapienza” di Roma.

 

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