Le braccia sollevate di una Maddalena senza volto: diverse incarnazioni di un simbolo

Una consuetudine visiva fortemente radicata nell’arte sacra cattolica era quella di rappresentare i personaggi che per tradizione – pittorica ed evangelica – non potevano mancare nella scena della Crocifissione (la Vergine, S. Giovanni e la Maddalena) ciascuno manifestante uno specifico tipo di sofferenza, in accordo con il carattere del personaggio e utilmente rispetto alla pratica di variare le emozioni e le pose in una scena narrativa corale.

La mesta Vergine incarna un’agonia silenziosa; il giovane S. Giovanni Evangelista riflette melanconico, spesso contorcendo le mani sotto il mento incapace di tranquillizzarsi, preda di un dolore acuto, inconsolabile e plateale. Una delle iconografie più tipiche per la raffigurazione del dolore della Maddalena, invece, la vede abbracciare con slancio la croce – e talvolta baciare i piedi del Cristo – affranta, con i lunghi capelli sciolti (una caratteristica tipica della Maddalena nella sua versione Penitente) e spesso con il volto squarciato da una smorfia di pianto; un vortice emotivo che con il suo agire disperato bilancia l’immobilità (o lo svenimento) della Vergine e la dolente inerzia di Giovanni.

Nella tavola con la Crocifissione originariamente parte dello smembrato Polittico di Pisa (oggi conservata al Museo di Capodimonte a Napoli) Masaccio sceglie di raffigurare la Maddalena di spalle e con le braccia disperatamente sollevate verso il cielo: non vediamo il suo volto, ma sappiamo che è straziato da un dolore incontenibile, rigato da innumerevoli lacrime, scosso da infiniti singhiozzi; un dolore tanto intenso da non poter essere rappresentato.

Si tratta di un espediente analogo a quello messo in atto dai registi quando scelgono di rendere muto l’urlo di un personaggio, o di farlo piangere con le mani aperte a coprire il volto: l’indefinito ci suggerisce che quel dolore è indescrivibile, non traducibile in termini concreti, e proprio per questo quella rappresentazione incompleta, colmata dall’immaginazione (a sua volta imprecisa) dello spettatore, acquisisce una forza sovrumana.

A prendere in prestito questa iconografia riutilizzandola in altro contesto è Raffaello, nella terza delle Stanze Vaticane. Per rappresentare il panico scatenato dall’Incendio divampato nel quartiere di Borgo (evento che dà il titolo all’affresco e alla stanza), variamente espresso nella moltitudine di figure che tentano ciascuna a proprio modo di sfuggire alle fiamme, Raffaello posiziona al centro della scena una figura femminile che, a terra in ginocchio come la Maddalena di Masaccio, come lei alza le braccia, in un gesto di disperata e infuocata supplica.

Il colore, le fisicità, i panneggi, la resa dei volti e i fondi – oro l’uno, architettonico e prospettico l’altro – sono completamente diversi; del resto se con Masaccio siamo alle prime (seppur splendenti) luci del Rinascimento, con Raffaello siamo al pieno mezzodì. Anche gli episodi narrati sono diversi e diversa è l’identità delle due donne; eppure entrambe condividono la forza retorica della posa e del volto ignoto e inconoscibile.

Picasso, naturalmente, conosceva Raffaello. Quando nell’aprile del 1937, nel pieno della guerra civile spagnola, la città di Guernica visse gli orrori del bombardamento aereo, Picasso si ricordò di quell’urlo

plastico e vi attinse per rappresentare efficacemente la distruzione, la totale mancanza di speranza. La donna al margine destro della composizione – come l’umanità messa da parte in favore della guerra – e che nella collocazione originaria era la prima figura che l’osservatore incontrava in questa convulsa sfilata degli orrori, con le braccia sollevate a gridare verso il cielo e verso i bombardieri, richiama una tradizione pittorica straordinariamente eloquente.

Il cielo del Guernica, però, non è più quello dorato e trascendente della religiosità cattolica, né quello azzurrissimo delle certezze umanistiche; è quello stridente degli aerei pilotati dagli eserciti fascisti: il suo colore non può che essere il grigio, arido, fermo e polveroso come le macerie.

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares