Una breve storia dei Musei Capitolini

I Musei Capitolini hanno origine da una donazione: nel 1471 Sisto IV Della Rovere, il papa più rappresentativo della Renovatio Urbis quattrocentesca, decide di restituire al popolo di Roma – alla maniera degli imperatori dell’antichità, dei quali storicamente i pontefici si sentivano eredi – un manipolo di bronzi.

Tra questi bronzi figurava anche la Lupa, precedentemente sita in Laterano, alla quale in questo momento venivano aggiunti i gemelli – opera di Antonio del Pollaiolo – i quali amplificano il riferimento al mito della fondazione della città e ne replicano le immagini più antiche.

I bronzi donati da Sisto IV vengono collocati nel cortile interno e sulla facciata esterna del Palazzo dei Conservatori, l’edificio che si staglia alla destra di chi entra nella piazza e avanza verso la copia della statua equestre di Marco Aurelio (un altro dei bronzi lateranensi); in questo modo tutti i cittadini che si recavano sul Campidoglio, sede secolare del potere civile romano – della Res Publica come del Comune medievale – potevano ammirarli. Il papa, dal canto suo, con questo gesto si assicurava un patrocinio identitario e culturale su uno dei luoghi cardine della Roma laica e collettiva.

Col passare del tempo aumentarono i reperti provenienti dagli scavi che alacremente ricercavano la Roma antica scavando pozzi nella nuova; uno dopo l’altro andarono ad occupare il loro posto nel museo. È in questa fase che vi giungono il Bruto Capitolino, l’Ercole bronzeo e i Fasti; la diposizione museale di questi ultimi (ancora in essere) si deve a Michelangelo Buonarroti, artefice anche della risistemazione della Piazza, che comprende anche il Palazzo Nuovo (esemplato su quello dei Conservatori) e l’eloquente pavimentazione.

Dal 1654 le collezioni, sempre più ricche, vennero suddivise tra i due Palazzi. Papi e cardinali acquistavano profusamente per contribuire all’accrescimento della raccolta, poiché essa andava acquisendo in maniera sempre più chiara il carattere di testimonianza del potere di Roma attraverso i secoli. Le opere portatrici di questo significato appartenevano ad una Roma pagana, ma la Chiesa aveva ormai da secoli abbracciato una vocazione governativa del tutto monarchica e secolare, che alla sfera spirituale delegava principalmente il ruolo di giustificazione politica di questo potere temporale.

Di particolare importanza fu l’acquisizione della collezione di busti e statuaria del cardinale Alessandro Albani, che portò all’inaugurazione, da parte di papa Clemente XIII, del Museo Capitolino nel 1734. Ancora settecentesche – preservate nell’assetto che videro anche i rampolli europei che visitavano Roma quale apice del loro Grand Tour – sono le sale degli Imperatori e dei Filosofi, con i loro busti collocati l’uno accanto all’altro in file sovrapposte, le pareti coperte di epigrafi fin quasi al soffitto e le vetrate (originali, in vetro soffiato) sulle quali poterono posarsi anche gli occhi di Goethe e Stendhal mentre, elegantemente abbigliati, passeggiavano per le sale.

Alla metà dello stesso secolo papa Benedetto XIV Lambertini acquisì per il museo altre due importanti collezioni private: la Sacchetti e la Pio. Si trattava, stavolta, di dipinti: venne dunque fondata la Pinacoteca Capitolina.

Nel suo complesso, i Musei Capitolini raccontano la Roma antica recuperata ed ammirata dalla Roma moderna; attraverso i piani si ricorda, inoltre, il tempo in cui l’Urbe era meta agognata di tutti coloro che,

artisti o intendenti, vi accorrevano per studiarla, per imprimerla nella loro memoria e celebrarne il vetusto splendore.

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