Un anno dopo le elezioni: narrative estremiste. Come uscirne?

Sembra che la comunicazione del paese si sia estremizzata e polarizzata. È ovvio e scontato rilevarlo. È infatti evidente la concentrazione dell’attenzione ai media e ai social dei due leader al governo, Di Maio e Salvini. Fin dal giorno dopo le lezioni è stata un’impennata di dirette, foto, video, post, tweet, presenza ai talk show, sparate e battute scorrette. Il rapporto complicato fra i due sembra anch’esso uno stratagemma per attirare l’attenzione. La comunicazione politica, forse mai come oggi, è la vera anima dell’azione politica. Se non parla, non appare e non comunica emozioni forti un politico non è “al passo” con il suo elettore. Inoltre quello che dice deve anche essere divisivo, dirompente, deve evocare un aut aut, polarizzare le opinioni. Esempi evidenti sono i temi della famiglia e del no tav, in cui, seppure al governo, i due leader del momento si dividono radicalmente, entrambi a caccia di voti, in una sorta di manovra accerchiante dell’elettorato da destra e da sinistra. La polarizzazione estrema, che lascia un vuoto assoluto al centro, è l’obiettivo comune delle forze al potere. Per questo cercano la rissa, le barricate, la sterile contrapposizione di opzioni monolitiche “a favore o contro” qualcosa. La loro natura è estremista, e non possono non rinnovare ogni giorno questa esasperazione dei toni.

Vi è alla radice di questi atteggiamenti un equivoco riguardo la rappresentanza democratica: si è sempre più staccata la comunicazione politica dalla reale azione politica e la si è lanciata alla ricerca dell’umore del momento. Quello che differenzia veramente Lega e M5S, allora, non è la concreta pratica politica (essendo insieme al governo), ma il tipo marketing. Entrambi fanno marketing elettorale, solo hanno due strategie diverse, due narrative diverse, seppure entrambe estreme, intransigenti, sbrigative.

Il punto critico, ciò che potrà segnare un’inversione di marcia della politica italiana, non è, purtroppo, l’azione di governo. Perché si è ormai lontani da un rapporto realistico ragionato con la realtà dei fatti nella sua complessità. Il punto vero è come e in che modo si potranno cambiare le narrative, modificare la natura stessa della comunicazione politica attuale, con i suoi tempi frettolosi e i suoi toni gridati. Il punto se e come, a partire dai media e dai social, si può tornare a dialogare veramente (e non a stendere contratti), a riconoscere l’avversario, a fare i conti con la realtà concreta, e non con i casi limite, gli scandali, le prese di posizione ideologiche, insomma in che modo tornare a ragionare.

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