Maria regina di Scozia è un film che osa molto. L’argomento, quello della rivalità fra le cugine Maria Stuart ed Elisabetta d’Inghilterra, è un pezzo di storia britannica fondamentale per comprendere l’anima e le contraddizioni di un Regno unito, ma diverso al suo interno.
Maria è preso come simbolo di una cultura cortese eminentemente “femminile”, in contrasto con un contesto di intrighi politici e ragion di stato. La chiave di lettura femminista della storia, se può indurre in qualche proiezione del presente nel passato, illumina però un aspetto interessante del modo di raccontare la storia e la politica: partire dal punto di vista degli sconfitti.
Infatti, come spesso si dice, la storia la scrivono i vincitori. Sembra che invece in questo film storico britannico, come se ne vedono tanti negli ultimi anni, è precisamente la sconfitta ad essere raccontata. Si prova a riportare in vita le ragioni di chi ha perso, le sue virtù.
Ciò che colpisce è il confronto con i film Elisabeth ed Elisabeth: the golden age. Il tono femminista della donna al potere si declina in modo diverso a seconda della prospettiva adottata, dei vincenti o dei perdenti. Se Elisabetta rappresenta un modello di donna moderna, vincitrice, decisa (“ormai un maschio” dice nel film del 2019), sovrana assoluta, slegata anche dal vincolo del matrimonio nella conservazione della propria libertà (o prigioniera della propria paura?); Maria è donna nel senso cortese e gentile del tardo medioevo, sa essere tollerante ma risoluta, guerriera ma anche cugina e sposa, vive di legami, di perdono, di pietà religiosa e umana. Due modelli opposti, che mostrano l’enorme sfumatura del mistero di ciò che significa essere donna, ieri ed oggi. Maria di Scozia rappresenta fedelmente entrambi gli estremi, dando il giusto anche ad Elisabetta, senza osannarla né demonizzarla, e riscoprendo Maria St
