GLI AMMINISTRATORI DELLE SOCIETÀ: IL DIRITTO DELLA CRISI E I NUOVI OBBLIGHI

Gli amministratori devono osservare specifici obblighi gestionali secondo il loro metro di giudizio, ovvero secondo la business judgement rule.

Il Codice della crisi impone in capo agli amministratori, non solo nelle società per azioni ma anche nelle società di persone e nelle società a responsabilità limitata, nuovi obblighi gestionali, finalizzati a prevedere l’evoluzione dell’andamento aziendale per intercettare eventuali rischi di crisi, nonché agire prontamente per il rispristino dell’equilibrio e dalla continuità aziendale. Il nuovo quadro normativo, con l’entrata in vigore del Codice della crisi, delinea in maniera dettagliata gli obblighi gestori per gli amministratori, lasciando tuttavia ampi margini di discrezionalità, secondo i canoni della business judgement rule, purché le scelte non risultino in contrasto con le scienze aziendali e le prassi consolidate.

Le società di capitali si caratterizzano per avere autonomia patrimoniale perfetta, ossia, da un lato, il patrimonio dei soci è insensibile ai debiti della società e, dall’altro, il patrimonio della società è insensibile ai debiti dei singoli soci. Le disposizioni che prevedono la responsabilità limitata, artt. 2325 e 2462 cod. civ. rispettivamente per Spa e Srl, hanno la finalità di favorire le attività imprenditoriali, limitando i rischi di impresa al solo patrimonio della società.

La responsabilità limitata viene bilanciata da una serie di obblighi amministrativi, di trasparenza, nonché di governance aziendale e sistemi di controllo, con l’obiettivo di tutelare i creditori e i terzi che entrano in rapporto con la società. In particolare, la normativa civilistica contiene disposizioni per la salvaguardia dei creditori della società tra cui le regole sul rispetto di precisi canoni di diligenza in capo agli amministratori; sull’integrità del capitale sociale; sulla conservazione della continuità aziendale; sul sistema di amministrazione, controllo e revisione legale dei conti.

L’ordinamento crea, quindi, un bilanciamento tra l’interesse di incentivare attività di business, connaturata di rischio imprenditoriale, con l’esigenza di tutelare i creditori, volontari e involontari della società. L’entrata in vigore del Codice della crisi di impresa (CCII) ha introdotto un altro interesse meritevole di tutela, ossia la continuità aziendale, individuando nuovi obblighi per gli amministratori non solo delle società di capitali, ma anche delle società di persone.

Gli amministratori delle società di capitali hanno ben definiti obblighi tra cui, ai sensi dell’art. 2392 cod. civ., quello di adempiere ai doveri imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze.

I doveri imposti dalla legge sono scanditi da una serie di adempimenti, molto ben dettagliati, tra cui semplificando quelli riconducibili agli obblighi di trasparenza con una serie di oneri di pubblicità; agli obblighi dell’agire informati; al rispetto dei canoni di corretta gestione di impresa; all’istituzione di adeguati assetti, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale; all’adozione e l’attuazione, senza indugio, di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

L’introduzione del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (CCII) ha modificato i richiamati doveri amministrativi sia direttamente, con interventi sugli articoli di legge che li disciplinano, sia indirettamente per l’interpretazione sistematica delle disposizioni alla luce del CCII. Tra gli interventi di maggior impatto, la modifica dell’art. 2086 del cod. civ. ha una valenza centrale. Il CCII inserisce il secondo comma nel richiamato art. 2086, prevedendo un generale obbligo degli amministratori, di tutte le società e enti collettivi, di istituire adeguati assetti, nonché di adottare e attuare senza indugio uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi.

I richiamati doveri, divenuti un obbligo generale per tutte le società, trovano ulteriori indicazioni normative nell’art. 2381 contenuto nel Capo V “Società per azioni” del cod. civ., modificato a sua volta dalla riforma del diritto societario del 2003 (D.lgs. 6/2003).

La norma richiede al consiglio di amministrazione (CDA) di determinare il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della delega agli amministratori, con la possibilità di impartire direttive agli organi delegati e avocare operazioni rientranti nella delega; di valutare l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società, sulla base delle informazioni ricevute; di esaminare i piani strategici, industriali e finanziari della società nonché valutare, sulla base della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione.

Altresì, la norma richiede agli organi delegati di curare che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa; di riferire al CDA e al collegio sindacale, con la periodicità fissata dallo statuto e in ogni caso almeno ogni sei mesi, sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate.

La norma richiede agli amministratori delegati e non di agire in modo informato. Ciascun amministratore può chiedere agli organi delegati che in consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società.

I richiamati doveri presentano evidenti analogie con quelli previsti dall’art. 2086 del cod. civ., applicabili a tutte le società ed enti collettivi dal 16 marzo 2019, a seguito della modifica apportata dal CCII (art. 375 D.lgs. 14/2019).

Il coordinamento tra l’art. 2086 e il nuovo testo dell’art. 3 co. 3 del CCII, aiuta a sciogliere l’ulteriore dubbio circa l’effettiva applicabilità degli obblighi relativi all’istituzione di adeguati assetti per gli amministratori delle società di persone e per le società a responsabilità limitata.

Nel caso delle società di persone, il CCII ha inserito il primo comma dell’art. 2257 cod. civ. in base al quale: “L’istituzione degli assetti di cui all’articolo 2086, secondo comma, spetta esclusivamente agli amministratori. Salvo diversa pattuizione, l’amministrazione della società spetta a ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri.”

La disposizione trova applicazione alla società semplice, prototipo normativo delle altre società di persone. La società semplice, tale per definizione, rappresenta lo strumento più informale che il nostro ordinamento ha (o aveva) per svolgere l’attività di impresa in forma associata che può persino essere costituita di fatto e che rappresenta la forma più elastica di rapporto societario. Il rifermento agli assetti organizzativi di cui all’art. 2086 cod. civ. da istituire da parte degli amministratori, sembrerebbe mal coordinarsi con il fatto che l’amministrazione nelle società semplici spetta ai soci, così come avviene nelle società di persone.

In maniera analoga il CCII ha modificato l’art. 2475 cod. civ., relativo all’amministrazione delle società a responsabilità limitata, prevedendo che gli amministratori hanno l’esclusiva competenza di istituire gli adeguati assetti; sono soggetti alle regole del richiamato e illustrato art. 2381 cod. civ. in quanto compatibile.

Nella società a responsabilità limitata, la riforma del diritto societario del 2003, aveva dato un discreto livello di flessibilità, rendendo la struttura molto simile a una società di persone, con ruolo centrale dei soci nella gestione, ma con responsabilità limitata. La scelta legislativa, oggi confermata dalle ulteriori indicazioni contenute nell’art. 3 co. 3 CCII circa il flusso informativo che un assetto deve essere in grado di produrre, sembra inequivocabile in merito alla volontà normativa di individuare negli amministratori, e non nel singolo socio, l’organo deputato a gestire e organizzare l’attività imprenditoriale in modo da istituire adeguati assetti e reagire prontamente rispetto ai primi segnali di crisi.

Le nuove regole sulla crisi di impresa hanno impatti non solo per le imprese in situazione patologica, che potremo dire a rischio di crisi, ma anche per le imprese in situazione fisiologica.

L’attenzione agli aspetti organizzativi, al flusso di informazioni necessario per una corretta e diligente gestione delle imprese non è una novità per il diritto commerciale. Ciò che cambia, con le modifiche apportate dal nuovo diritto della crisi, è la necessità che gli assetti siano idonei alla tempestiva rilevazione della crisi.

In altri termini la novità sta nel fatto che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile di una società può essere considerato adeguato qualora sia idoneo a rilevare in maniera tempestiva anche l’insorgere del rischio di crisi.

L’istituzione degli assetti, compito esclusivo degli amministratori, può avvenire in funzione della natura e dimensione della società, nonché in base a quanto ritenuto corretto e adeguato dagli amministratori, secondo la loro business judgement rule.

Una volta istituiti gli assetti, secondo il metro di valutazione degli amministratori, profili di responsabilità per incorretta istituzione degli assetti potrebbero sorgere, a parere di chi scrive, solo in caso siano violati aspetti che le scienze aziendali e le prassi consolidate pongono alla base di un assetto organizzativo; principi essenziali comunemente adottati.

Gli amministratori non esauriscono gli obblighi di corretta gestione nella misura in cui istituiscono assetti adeguati, essendo richiesto anche il pronto intervento per superare la situazione di difficoltà attraverso uno degli strumenti previsti dal CCII.

La scelta di operare una ristrutturazione non solo è esclusiva prerogativa degli amministratori ma, ai sensi dell’art. 120-bis co 4 CCII, non possono essere revocati dai soci se non per giusta causa, dopo che gli stessi abbiano deciso di accedere a uno strumento di ristrutturazione, in presenza delle condizioni di legge. L’accesso allo strumento per la soluzione della crisi, come testualmente previsto dal richiamato art. 120-bis CCII, non rappresenta una giusta causa per la revoca degli amministratori.

La libera scelta degli amministratori circa l’ingresso in una procedura per la soluzione della crisi, oppure quella di non farvi ricorso, rientra nel metro di valutazione discrezionale della funzione imprenditoriale, secondo la business judgment rule.

Il mancato accesso a uno degli strumenti previsti per la soluzione della crisi, tuttavia, dovrà essere giustificato da precise valutazioni, effettuate secondo un chiaro piano da cui emerga la capacità dell’impresa di recuperare l’equilibrio, nonché la continuità aziendale, attraverso il percorso scelto dagli amministratori fuori dai procedimenti disciplinati dal CCII.

Il nuovo paradigma normativo, fondato sulla prevenzione della crisi per la tutela della continuità aziendale e dei relativi valori, impone agli amministratori di gestire l’impresa in maniera diligente ricorrendo agli adeguati assetti; di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

I richiamati obblighi sorgono, o meglio dovrebbero sorgere, in un momento precedente rispetto a quelli legati alla tutela del patrimonio sociale.

In particolare, rispetto alla rilevazione tempestiva della crisi richiesta dalle nuove disposizioni, dovrebbero essere successivi all’obbligo di convocare senza indugio l’assemblea quando il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite (artt. 2446, 2447, 2482 e 2482 bis cod; all’obbligo di procedere con gli adempimenti previsti al verificarsi di una causa di scioglimento (art. 2485 cod. civ.); alla gestione della società ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale (art. 2486 cod. civ.), al verificarsi di una causa di scioglimento. Auspicabilmente, gli obblighi che derivano dai richiamati eventi

dovrebbero essere evitati o comunque successivi ai tentativi di correzione avviati sulla base dei flussi informativi prodotti dagli assetti, nonché dai sistemi di allerta interna ed esterna previsti dal CCII.

La diligenza richiesta agli amministratori implica l’obbligo di agire in modo professionale, rectius con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze, nonché sulla base di precise informazioni.

Le scelte degli amministratori, in generale degli imprenditori, non sono sindacabili secondo un metro di convenienza oppure opportunità dell’operazione, purché rientrino nell’ambito di una valutazione ragionevole fondata sui canoni della c.d. business judgement rule (BJR); trovino fondamento su cautele, verifiche e informazioni normalmente necessarie per la tipologia di operazione.

Le decisioni, quindi, dovranno essere prese tenuto conto della ragionevolezza economica dell’operazione, alla luce di una preliminare analisi del rischio da cui elaborare i piani strategici, la programmazione della gestione e la previsione degli andamenti.

Ciò si basa su un sistema di informazioni, adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, in grado di supportare la decisione e, quindi, la loro pianificazione; di monitorare gli andamenti della gestione.

In particolare, risulta necessaria la creazione di un flusso di informazioni sulle grandezze economiche rilevanti presenti e prospettiche (pianificazione); l’implementazione di un sistema di monitoraggio (controllo).

Il flusso di informazioni poggia sull’organizzazione aziendale inclusa la corporate governance; sulle procedure che consentono di verificare la sussistenza delle condizioni di equilibrio attraverso il monitoraggio dei risultati rispetto agli obiettivi; sull’assetto contabile ossia il sistema di rilevazione dei fatti aziendali.

In tale contesto si inseriscono le previsioni contenute nel nuovo testo dell’art. 3 del CCII, entrato in vigore il 15 luglio 2022, in base al quale gli assetti, al fine di prevedere tempestivamente l’emersione della crisi devono consentire di rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore; verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi e rilevare i segnali di crisi; ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento (contenuta nel DM 28.9.21).

La norma chiarisce che costituiscono segnali di crisi l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno 30 giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni; l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno 90 giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti; l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di 60 giorni o che abbiano superato da almeno 60 giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il 5% del totale delle esposizioni; l’esistenza di una o più delle esposizioni debitorie per cui è prevista, ai sensi dell’art. 25-novies co. 1 CCII, la segnalazione da parte dei creditori pubblici qualificati.

Le richiamate disposizioni non fanno altro che rendere obbligatorio un sistema di pianificazione e controllo, facendo riferimento alle migliori prassi ricavabili dalla check list e dal test pratico di cui al DM 28 settembre 2021.

Gli amministratori sono tenuti a fornire una serie di informative che consentano un affidamento consapevole da parte dei contraenti, creditori in primis.

Gli obblighi di informativa in capo agli amministratori sono sia interni, come per esempio quelli previsti dal richiamato art. 2381 cod. civ., sia esterni nei confronti di tutti i soggetti interessati, tra cui l’obbligo di riferire periodicamente al CDA e al collegio sindacale, con la periodicità fissata dallo statuto e in ogni caso almeno ogni 6 mesi, sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate (art. 2381 cod. civ.); di agire in maniera informata, richiedendo agli organi delegati di fornire informazioni relative alla gestione della società; la predisposizione del bilancio di esercizio documento di informativa interna fin quando non approvato e pubblicato nel registro delle imprese (2423 cod. civ.); la pubblicità legale del bilancio di esercizio (2435 cod. civ.); l’indicazione negli atti e nella corrispondenza del capitale della Spa, Sapa, Srl secondo la somma effettivamente versata e quale risulta esistente dall’ultimo bilancio (2250 cod. civ.); l’indicazione del soggetto, società o ente, che esercita la direzione e coordinamento negli atti e nella corrispondenza, nonché mediante iscrizione presso apposita sezione del registro delle imprese (2497-bis cod. civ.); informare gli altri amministratori e il collegio sindacale di eventuali conflitti di interesse (art. 2391 cod. civ.).

Le richiamate informazioni, quelle di tipo interno, cercano di realizzare un adeguato controllo mettendo in comunicazione gli organi societari, mentre quelle esterne vogliono consentire una consapevole contrattazione con i soggetti che a vario titolo vengono in contatto con la società in primis i creditori.

Gli amministratori delle società, ma anche gli imprenditori individuali viste le finalità richieste all’organizzazione dall’art. 3 co. 3 CCII, devono monitorare costantemente l’andamento dell’impresa al fine di prevenire la crisi e la perdita della continuità aziendale.

Le regole sulla composizione negoziata della crisi (CNC), contenute negli artt. 12 e ss. del CCII, richiedono all’imprenditore di valutare se la situazione di squilibrio economico-finanziario o patrimoniale, che rende probabile la crisi o l’insolvenza, possa o debba essere gestita attraverso lo strumento della CNC. Ciò impone agli amministratori e agli imprenditori non solo di monitorare la crisi, ma anche la situazione di pre-crisi ossia la probabilità di crisi.

Le nuove disposizioni sulla crisi di impresa, quindi, richiedono il monitoraggio della crisi o della pre-crisi, fenomeno fisiologico dell’attività imprenditoriale; la gestione della crisi o della pre-crisi attraverso gli strumenti previsti dal CCII, in primis la composizione negoziata unico strumento attivabile già in fase di pre-crisi.

Da quanto sopra se ne ricava, se non già chiarito dall’analisi delle norme precedenti, che l’attività imprenditoriale deve basarsi su un sistema di pianificazione e controllo, unica modalità con cui si può consapevolmente stabilire se l’impresa sta avviandosi verso una fase di crisi, insolvenza o di sola precrisi.

In tale contesto, gli altri rimedi a presidio del capitale sociale e della continuità aziendale, dovranno essere tenuti in considerazione in una fase successiva.

Si pensi agli obblighi degli amministratori di convocare l’assemblea quando il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite (artt. 2446, 2447, 2482 e 2482 bis cod. civ.; di procedere con gli adempimenti previsti al verificarsi di una causa di scioglimento (art. 2485 cod. civ.).

Le nuove richiedono agli imprenditori di adottare sistemi di programmazione e controllo in grado di intercettare le situazioni di crisi; guidare consapevolmente l’attività imprenditoriale; consentire il pronto intervento per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale (art. 2086 co. 2 cod. civ.).

I richiamati obblighi possono essere assolti dagli imprenditori e dagli amministratori secondo loro discrezione, purché le scelte non risultino in contrasto con le scienze aziendali e le prassi consolidate.

Gli amministratori, in generale gli imprenditori, dovranno dotarsi di sistemi contabili idonei a consentire una gestione consapevole, nonché una pianificazione idonea agli obiettivi indicati in precedenza.

Ciò risulta difficile nel caso, per esempio, di imprese in ritardo con le rilevazioni contabili e che cercano di fare il possibile con le registrazioni per rispettare gli adempimenti periodici IVA, senza curare le altre rilevazioni, arrivando poi in affanno all’appuntamento annuale di predisposizione del bilancio di esercizio già nell’anno successivo. La richiamata situazione che accomuna molte imprese dovrà essere oggetto di intervento quanto prima.

Il contesto normativo non lascia spazi circa l’esistenza di responsabilità personali degli amministratori nel caso non abbiano adottato adeguati assetti, una idonea programmazione e sistema di controllo. Il presupposto minimo per fare una programmazione e controllo dell’attività è avere un sistema di rilevazione contabile aggiornato, pronto, disponibile di faciale accesso da parte degli amministratori.

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