Ripensare i musei nell’era post-covid. Lorenzo Balbi, il MAMbo e il Nuovo Forno del Pane

Nino Migliori. Stragedia”. È con un progetto dedicato al 40° anniversario della Strage di Ustica che l’Area Arte Moderna e Contemporanea dell’Istituzione Bologna Musei ha ripreso le sue attività nel post emergenza covid, precisamente nella struttura della ex Chiesa di San Mattia.

Una video-installazione composta riadattando ben 81 scatti, corrispondenti al numero di vittime della strage, e realizzati dal grande fotografo durante il riallestimento del relitto del DC-9 coinvolto nella terribile vicenda nel 2007, nelle sale del Museo della Memoria di Ustica.

Attraverso 7 schermi posizionati ad altezze e angolature diverse, gli spettatori vengono avvolti in una vera e propria esperienza visiva. Il taglio del nastro è avvenuto il 27 Giugno, anniversario della tragedia, e le luci sull’esposizione si spegneranno il 7 febbraio 2021, scavalcando un anno che difficilmente dimenticheremo.

A volere fortemente questa iniziativa è stato Lorenzo Balbi, da tre anni direttore artistico del MAMbo (Museo d’Arte Moderna di Bologna Istituzione Bologna Musei) e responsabile Area Arte Moderna e Contemporanea dell’Istituzione Bologna Musei.

Il museo è situato nel cuore del distretto culturale della Manifattura delle Arti, al centro di una serie di realtà dedicate alla ricerca e all’innovazione: la Cineteca di Bologna, gli spazi laboratorio dei Dipartimenti Universitari del DMS, la Facoltà di Scienze della Comunicazione e numerose associazioni e gallerie d’arte.

La riapertura dei musei e, in generale, delle strutture legate alla fruizione culturale, per Balbi deve necessariamente trasformarsi in un’opportunità di riflessione dell’intero settore: «Il ruolo del museo e la sua funzione sociale vanno ripensati. Per fruire di cultura, organizzare eventi, promuovere iniziative, si dovrà tenere conto di cambiamenti profondi che non possono essere ridotti ad un semplice “dopo-covid”.

La presenza dell’utente nel luogo fisico del museo e in relazione con un’opera è fondamentale. Questo è uno dei settori in cui il virtuale non può cedere il posto al reale, uno streaming delle mostre è per forza di cose un punto di vista parziale e mette un filtro all’esperienza. Bisogna lavorare ancora di più per andare oltre la visita del turista abituale, e immaginare luoghi vivi, creativi, frequentati e pulsanti dagli abitanti dove sorgono».

Il MAMbo ha affrontato la chiusura con due iniziative: «Inizialmente con il live-streaming dell’opera “Bonjour” Ragnar Kjartansson, allestita nella mostra “AGAINandAGAINandAGAINand che era in programma proprio nel periodo in cui abbiamo subito il lockdown; poi, con lo sviluppo del format 2minutidiMAMbo.

Ogni giorno dal martedì alla domenica, gli effettivi giorni in cui il museo era normalmente aperto, venivano caricati sul sito della struttura e sul nostro canale YouTube degli interventi da parte di artisti, curatori, critici, musicisti ed altri appassionati».

È, tuttavia, con la possibilità di ricominciare le attività, che la lungimiranza di Balbi nelle progettualità si manifesta nella sua forma migliore: da giugno e fino alla fine dell’anno, il Nuovo Forno del Pane ospita artisti domiciliati a Bologna, cui offre spazi laboratoriali ed espositivi.

La struttura è ricavata da un edificio nato durante la Prima Guerra Mondiale e utilizzato come panificio comunale per far fronte alla fame causata dal conflitto. Dopo anni travagliati circa le sue sorti e i suoi utilizzi, è stato riqualificato nel 2007, ma ha scoperto la sua vera vocazione di centro di produzione e residenza artistica grazie all’attuale direzione del MAMbo: «Il nome è stato scelto con la finalità di associare la cultura all’idea del pane, ovvero a qualcosa di indispensabile e quotidiano nella vita di ognuno.

Riprendere esattamente da punto in cui siamo stati interrotti dall’emergenza coronavirus, quindi con la pianificazione di mostre ed eventi, in un momento ancora incerto e caratterizzato da una (legittima) prudenza che ha spinto i fruitori ad evitare i luoghi chiusi anche nelle settimane successive alla riapertura, non era sostenibile economicamente e non rispondeva alle esigenze del momento. Con questo progetto, oltre a fornire un riscontro concreto alla delicata situazione in cui ci troviamo, investendo risorse invece di tagliare, puntiamo anche a costruire una comunità, un cuore pulsante che si confronti e lavori insieme, e non solo a riempire le stanze di uno spazio».

Vogliamo il pane, ma anche le rose”, dicevano le femministe nei primi del ‘900 per indicare i diritto di ogni essere umano a vivere, e non semplicemente a provvedere alla propria sussistenza, grazie alla musica, all’arte, insomma, in una parola: alla bellezza. Spesso ci dimentichiamo che il senso dell’esistenza, la differenza tra l’umanità e le altre specie animali, è riposta qui: nell’emozionarsi delle creazioni artistiche, nella cultura, nell’immateriale. Con il Nuovo Forno del Pane si prova a ribadirlo, e a costruire un futuro migliore.

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