Nulla dies sine linea

In un tempo in cui la lettura (organica, sistematica, quotidiana) sembra aver lasciato il posto all’aggiornamento (frammentario, saltuario, sconnesso) ho deciso di ricordare la bellissima lettera 84 di Seneca, dedicata alla lettura e al metodo di studio, sperando che sia di buon auspicio per un incremento nel nuovo anno di quella triste percentuale di lettori italiani (dati Istat riferiti al 2022) scesa purtroppo al 39,3%. Dobbiamo comportarci come le api, suggerisce Seneca a Lucilio. Le api, infatti, «volano qua e là e suggono i fiori adatti per fare il miele, poi dispongono e distribuiscono nei favi quello che hanno portato e, come dice il nostro Virgilio, ammassano il liquido miele e ricolmano di dolce nettare le celle». Innanzitutto è importante familiarizzare nuovamente con l’oggetto-libro. Tenere un libro un mano, osservarlo, sfogliarlo, leggerne l’introduzione sono attività basilari ma fondamentali per passare al secondo passo, quello cioè di comprendere che quel libro non è affatto un oggetto. Esso è invece una testimonianza, una traccia di pensiero, una proposta, un invito, una riflessione, un pezzo di vita dell’autore. Quel libro è, in soldoni, un autore, quel libro è in qualche modo una persona. Leggere un libro è quindi un’attività viva, un’attività pratica, un confronto-scontro difatti che, come dice Seneca, grazie alla lettura l’individuo non sarà pago soltanto dei suoi pensieri e quindi si aprirà alla conoscenza di quelli altrui e, giudicandone i risultati, sarà quindi portato a riflettere «su quanto resta ancora da scoprire». È assai importante, quindi, soprattutto per le famiglie con bimbi piccoli cercare di costruire una ricca biblioteca in modo tale da far crescere i figli con un contatto – dapprima silenzioso, poi sempre più esplicito e interattivo – con i libri. In tal modo essi non dimenticheranno l’esistenza del libro (nel tempo della digitalizzazione totale questo è un rischio assai concreto), ne riconosceranno man mano, con l’aiuto dei genitori, la classificazione e questo darà modo a loro di avere un primo impatto con la varietà dei saperi. L’essere circondato da libri crea anche una sorta di induzione indiretta alla cultura (concetto in qualche modo collegato a quello di “antibiblioteca”), un invito costante ed implicito alla cultura, una stimolazione costante della curiosità. La lettura, inoltre, ha anche un altro meraviglioso potere, vale a dire quello di rendere unico e sintetico ciò che è molteplice e vario. Per raggiungere questo importante risultato è essenziale, spiega Seneca, fare in modo che la conoscenza non sosti nella memoria, bensì nell’intelligenza. Nel primo caso non sarebbe altro che una banale forma di erudizione, nel secondo caso incarnerebbe il senso stesso della lettura, che è un’attività umana volta al reale miglioramento delle idee, delle relazioni e della sua visione del mondo del lettore. «Aderiamo strettamente al pensiero altrui», dice Seneca a Lucilio, «e facciamolo nostro, in modo che da molti elementi si formi un’unità, come i singoli numeri diventano un numero unico quando somme minori e diverse vengono riunite a calcolare una somma complessiva». Inoltre, spiega Seneca, se qualche autore letto ci fosse rimasto particolarmente impresso, noi dovremmo sforzarci di somigliare a lui non come un ritratto bensì come un figlio. Il ritratto, infatti, è assai statico, perennemente uguale a se stesso, privo di originalità. Il figlio, invece, pur conservando una somiglianza con il padre mantiene sempre aperta la possibilità di divenire altro rispetto alle origini. Sebbene la lettura possa avere anche una dimensione fine a se stessa (è il caso della cosiddetta lettura di piacere), il suo senso primario e più importante è per Seneca – così come per chi scrive – soprattutto quello del miglioramento personale e della produzione scritta. Difatti la lettera 84 si apre proprio con una riflessione sulla necessaria alternanza tra scrittura e lettura. Ecco il passo assai significativo: «Bisogna passare alternativamente dall’una all’altra (scrittura e lettura) e combinarle in giusta misura, in modo che la penna riduca a un insieme organico quello che si è raccolto attraverso la lettura». La scrittura, al pari della lettura, è un’altra attività fondamentale dell’essere umano. Essa è in grado di far scaturire effetti realmente benefici dal punto di vista terapeutico (consiglio con forza la lettura del libro Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé di Duccio Demetrio, edito da Raffaello Cortina, soprattutto il capitolo 9 intitolato “Iniziare a scrivere”) e quindi esistenziale e anche da un punto di vista, potremmo dire, intellettivo. La scrittura è, infatti, in grado di attivare quel processo di “digestione delle nozioni” al quale fa esplicito riferimento Seneca e che è finalizzato alla produzione di idee nuove (nulla dies sine linea potrebbe essere un importante principio regolativo della nostra esistenza, d’ora in poi, immaginando che la linea sia non quella del pennello ma della penna). Nonostante le statistiche Istat salvino i docenti (gli unici, a quanto pare, che continuano a leggicchiare in Italia) io mi sento di concludere questa spicciola riflessione con la speranza che le persone capiscono che la lettura è un’attività necessaria a tutti gli uomini, non soltanto agli addetti ai lavori (docenti e ricercatori). E se qualcuno si domandasse infine da dove cominciare questo nuovo anno, io rispondo con un altro invito alla lettura, particolarmente curioso e interessante: Perché leggere i classici di Italo Calvino. Buon anno, cari lettori

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