L’ESPOSIZIONE DELL’ARAZZO DI RAFFAELLO SANZIO “ANANIAS ET SAPHIRA” A PALAZZO ABATELLIS, PALERMO.

L’arazzo “Ananias et Saphira” di Raffaello Sanzio, collezione privata di Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona, dal 25 settembre al 7 gennaio, sarà esposto al Museo Regionale di Palazzo Abatellis. L’arazzo raffaellesco apre infatti la Settimana delle culture a Palermo: un programma con 120 appuntamenti, tra cui domenica 26 alle ore 18, una mostra collettiva di pittura, una visita guidata teatralizzata e un concerto, a Palazzo Oneto di Sperlinga, in via Bandiera, sempre di proprietà del collezionista Roberto Bilotti.

Nell’esposizione, a cura di Evelina De Castro e Giacomo Fanale, sarà presente anche un’incisione: Ananias et Saphira del francese Nicolas Dorigny, 1658 -1746, creata su incarico della regina Anna d’Inghilterra ad acquaforte e bulino, fra il 1711 e il 1719, per celebrare la collocazione del cartone ad Hampton Court.

L’arazzo è posto nella sala di fronte allo straordinario grande affresco il Trionfo della Morte, con ogni probabilità databile agli anni 1445 e seguenti.

Il Palazzo nobiliare Abatellis, a Palermo, Galleria Regionale della Sicilia, magnifico esempio di architettura gotico – catalana, realizzato dall’architetto Matteo Carnilivari, risale alla fine del XV secolo e fu la residenza di Francesco Abatellis, maestro Portolano del Regno. Oggi le sale del palazzo ospitano numerose opere d’arte, tra cui quelle di Pietro Novelli, Antoon Van Dick, Domenico e Antonello Gagini, Filippo Paladini, Vito D’Anna, Francesco Laurana, Antonello da Messina, Giorgio Vasari, Girolamo Muziano, Josepe Ribera (detto lo “Spagnoletto”), Luca Giordano e molte altre.

Il 2020, “Anno Sanzio”, verrà ricordato per le celebrazioni per il cinquecentenario della morte di Raffaello, anno rilevante e significativo per gli studi e le attività espositive focalizzate sull’arte dell’arazzo. A febbraio 2020, infatti, è stata realizzata l’importante esposizione, dopo 400 anni, nei Musei Vaticani, esattamente nella Cappella Sistina, di tutti e 10 gli arazzi con gli Atti degli Apostoli.

Ma qual è la storia del bellissimo arazzo “Ananias et Saphira”?

“Ho sempre saputo che l’arazzo “Ananias et Saphira”, proveniente dai Conti de la Celle, ramo francese della mia famiglia, era di derivazione raffaellesca. Anna Maria de Strobel e Cecilia Mazzetti di Pietralata, autrici di Leone X e Raffaello in Sistina, gli arazzi degli Atti degli Apostoli, lo hanno inquadrato scientificamente e storicamente, riconducendo la sua realizzazione alla manifattura di Enrico Mattens, della cui serie si conosceva solo la Lapidazione di Santo Stefano, nel castello du Plessis-Bourrè, ad Angers. Il testo di Anna Maria de Strobel informa infatti sulle origini del pezzo: “è una rielaborazione dell’arazzo raffigurante la Morte di Anania del ciclo, noto come “Scuola Vecchia”, commissionato da Papa Leone X de’Medici poco dopo la sua elezione al soglio pontificio (1513). (…) Presenta molti legami con la serie di rielaborazioni degli Atti degli Apostoli, eseguita all’inizio del XVII secolo”. Pertanto è possibile ipotizzare, viste le molte affinità, che anche l’arazzo in questione possa essere stato eseguito da Heinrich Mattens nella prima metà del XVII secolo”. Le varie serie di arazzi derivano dai cartoni realizzati sulla base dei disegni prodotti dal genio raffaellesco custoditi al Victoria and Albert Museum di Londra. Da questi “bozzettoni” i cartonisti preparavano più versioni con alcune varianti che venivano affidate agli arazzieri per essere tradotti, varianti funzionali alla tessitura alla quale venivano sacrificati e poi andavano perduti. L’arazzo della mia collezione presenta affinità con la serie nella cattedrale di Tolosa”, spiega il marchese Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona.

Nel 2014 l’arazzo era in mostra al Museo Civico di Rende a sostegno della riqualificazione del Borgo dei Musei, mentre nelle mostre raffaellesche del cinque centenario, questo capolavoro è stato esposto

all’Istituto Nazionale per la grafica di Roma a Palazzo Poli e in un secondo tempo al Bastione San Gallo a Loreto.

Lo splendido arazzo da cartone in lana, seta e fili d’oro, cm. 330 x 498, ritraente Ananias et Saphira, proviene appunto dai cartoni che Raffaello preparò per le botteghe fiamminghe che tradussero i disegni in arazzo. Nella scena tratta dagli Atti degli Apostoli, (V,3-5), San Pietro si erge a giudice nella comunità cristiana sull’operato di Anania che cessa di vivere dopo le parole dell’apostolo per aver tenuto per sé parte del denaro riservato alla comunità cristiana. In secondo piano, nella parte sinistra dell’arazzo, la figura di Saphira, in abito blu, inconsapevole del castigo che è stato inflitto al marito, è raffigurata nel gesto di contare il denaro trattenuto.

L’arazzo della collezione di Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona, presenta molti legami con la serie di repliche degli Atti degli Apostoli, disegnati dal celebre pittore urbinate fra il 1515 e il 1516, per poi essere rappresentati in tessuto a partire dal 1517 nella bottega del noto arazziere Pieter val Aelst, a Bruxelles.

Le stampe di traduzione dal cartone conosciute e studiate sono quasi tutte nello stesso senso dell’arazzo, che a sua volta è speculare rispetto al cartone originale. Per effettuare la tessitura infatti i modelli, tagliati in pezzi, venivano collocati a telaio sotto l’ordito, che veniva poi rovesciato; in sostanza il tessitore lavorava sul rovescio e usava uno specchio per controllare il lavoro. Arazzo e stampa, tramite i rispettivi strumenti per la loro esecuzione, telaio e torchio, quindi portavano al medesimo risultato: l’immagine originaria veniva realizzata in controparte.

Le 10 scene, eseguite in larga scala, quasi cinque metri di altezza e più di sei di lunghezza, ritraggono i seguenti episodi: Lapidazione di Santo Stefano, Pesca miracolosa, Pasce oves meas (Consegna delle chiavi), Guarigione dello storpio, Morte di Anania, Conversione di Saulo, Accecamento di Elima, Sacrificio di Listra, San Paolo in carcere (Terremoto), San Paolo ad Atene. Generalmente sono custoditi ed esposti a rotazione nella sala VIII della Pinacoteca Vaticana e sottoposti a delicate operazioni di conservazione a cura del Laboratorio di Restauro Arazzi e Tessuti dei Musei Vaticani. Il ciclo leonino era destinato ad ornare durante le cerimonie più solenni, il registro inferiore delle pareti della Cappella Sistina, sotto gli affreschi dei maggiori maestri quattrocenteschi.

La scena dell’arazzo “Ananias et Saphira” fa parte infatti dei dieci arazzi dedicati all’opera evangelizzatrice dei Santi Pietro e Paolo per i quali Raffaello predispose i cartoni colorati. In riferimento alla serie vaticana gli arazzi di Tolosa e quello di Roberto Bilotti sono determinati da sfondi, ambientazioni e abiti modificati e in parte, anche le figure sono ridotte di numero. Nel suddetto arazzo, il soggetto è descritto nei versetti biblici in latino del cartiglio posto sulla bordura superiore, su sfondo scuro: “ANANIAS . ET . SAPHIIRA / EXPIRARVNT . VOCE / PETRI . ACT V”, sorretto da due putti che giocano con nastri e affiancati da ghirlande di fiori. Mentre nelle bordure laterali e nella inferiore vi sono figure allegoriche con la presenza a volte del loro nome in latino. La Caritas è infatti situata al centro di quella inferiore in cui si mostrano anche altre due virtù rappresentate da tre figure allegoriche, una sopra l’altra: a sinistra in basso l’Obedientia (Obbedienza), nel mezzo la Benedictio (Benedizione), in alto la Victoria (Vittoria; a destra in basso il Raptus (Furto), nel mezzo la Famine (Carestia) e in alto la Luxus (Lussuria). Le stesse figure sono anche nella serie di Tolosa di cui non si conosce la provenienza prima della rivoluzione.

L’esposizione dell’arazzo raffaellesco a Palermo determina una serie di relazioni e legami per importanti e necessari approfondimenti. In primo luogo torna il confronto con il dipinto Lo Spasimo di Sicilia, sempre di Raffaello Sanzio, databile al 1517, conservato nel Museo del Prado di Madrid. L’opera che riproduce l’Andata al Calvario, ebbe un arrivo nel capoluogo siciliano a dir poco avventuroso: finito a mare a causa di

un naufragio fu miracolosamente ripescato sulle coste liguri. Fondamentale fu l’intervento papale per riconsegnarlo a Palermo, ma in seguito a molteplici trasferimenti Filippo IV lo volle in Spagna. Le venti versioni in Sicilia favoriscono la leggenda che al Re sia stata consegnata una copia mentre invece l’originale sia stata trattenuta in Sicilia. Che sia reale questa storia , il popolo siciliano ha piacere di ritenere che siano ancora depositari dell’originale. Anche importante è il collegamento che questo arazzo crea con personaggi, che nel Museo Regionale di Palazzo Abatellis, sono raffigurati in opere di grande valore artistico della ritrattistica, tra queste Eleonora d’Aragona congiunta del cardinale Luigi d’Aragona, 1474 – 1519, siciliano da parte materna, Polissena Ventimiglia di Geraci, che fu in contatto oltre che con Raffaello anche con Leonardo ad Amboise. Infatti fu lui incaricato da Leone X di far attuare a Bruxelles la tessitura degli arazzi con gli Atti degli Apostoli per la Cappella Sistina. Fu raffigurata da Raffaello anche Giovanna d’Aragona, 1502 – 1575, esempio di bellezza nel trattato De pulchro et amore del filosofo Agostino Nifo. Il dipinto su tavola, nel periodo napoleonico a Parigi fu traslato su tela, come avvenne anche per lo Spasimo. Ella era madre del Vicerè di Sicilia Marcantonio Colonna che conferì alla Sicilia una moderna suddivisione amministrativa e a Palermo una nuova impostazione urbanistica. La passione di Marcantonio per la palermitana Eufrosina Valdaura indusse delitti a catena ispirando racconti e leggende tradotte da Leonardo Sciascia in Farfalla di morte.

In contemporanea all’esposizione dell’arazzo anche una sezione grafica è presente a Palazzo Abatellis che documenta come Raffaello grande comunicatore, diffondeva a mezzo stampa le sue invenzioni, forme classiche e insieme fantastiche, ispirate all’antico, ma modernissime. Un processo produttivo della riproduzione delle immagini dell’opera originale alla sua trasposizione sulla matrice, generatrice di multipli finalizzati alla diffusione dello stile e delle iconografie.

Il riconoscimento dell’importanza del magnifico arazzo “Ananias et Saphira”, di proprietà del mecenate Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona, conferma il genio di Raffaello Sanzio, figura chiave del Rinascimento, che con la sue opere seppe esprimere valori di armonia, libertà e magnificenza.

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