La psiche umana: un caleidoscopio di possibilità

C’è una sottile linea rossa che divide l’originalità (o “le” originalità), la moda, l’esibizionismo, le personalizzazioni di comportamenti, le esteriorità, le convinzioni di una persona – sono ricche le notizie di cronaca, soprattutto nel mondo del cinema e dello spettacolo che riempiono social e rotocalchi – e quelli che sono considerati veri e propri disturbi della mente umana.

Nel repertorio del DSM-5, il Manuela Statistico e Diagnostico delle Malattie Mentali, il libro di riferimento principale per psichiatri/e, psicologi/e e psicoterapeuti/e, ce ne sono comunque di ben strane. Per fortuna rare.

Come la Sindrome di Capgras, in cui una persona non riconosce un conoscente o spesso un/una parente come tale, ma è convinto/a che sia stato/a sostituito/a da un/una sosia identico/a all’originale. La Sindrome di Fregoli, nome che deriva dal famoso trasformista Leopoldo Fregoli, secondo la quale una persona è convinta che un’altra assuma identità diverse, di amici/che, conoscenti, parenti, ma che in realtà sia sempre la stessa persona. Il Delirio di Cotard, in cui si rifiuta l’idea di essere in vita e si afferma di essere già morti/e, di non fare più parte del mondo dei viventi. Deliri in cui si riconosce la “morte” di una specifica parte del proprio corpo, come nel Delirio della Mano Aliena, in cui l’esistenza dell’arto viene negata o la si attribuisce come appartenere a una persona terza. O si disconosce un luogo noto, familiare, nella convinzione che sia stato trasferito o ricostruito in modo identico in altro luogo (Paramnesia Reduplicativa). E, sempre a proposito di luoghi e dimensioni, c’è la “Sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie” in cui la persona si sente proiettata in luoghi, con dimensioni e con la consapevolezza del proprio corpo, alterati: più piccoli, più grandi, con parti del corpo irriconoscibili o irriconosciute o disconosciute come proprie. E magari è preso da una spinta irrefrenabile ad amputare la parte del corpo (Apotemnofilia). Da deliri da viaggi e da sindromi allucinatorie, come la Sindrome di Gerusalemme e la Sindrome di Parigi, in cui la persona si immagina proiettata in queste due città. Magari parlando la propria lingua con l’accento ebraico o francese o in qualsiasi altra lingua (Sindrome dell’accento straniero). E c’è chi non ricorda pezzi specifici della propria vita, un intero arco temporale cancellato dalla memoria, solitamente a seguito di eventi traumatici. È una reazione piuttosto comune di cui la cronaca si è spesso interessata. Anche recentemente, come sicuramente ricorderanno coloro che seguono trasmissioni televisive come “Chi l’ha visto?”. Altrettanto “famosa” è la Sindrome di Stoccolma, ossia, la tendenza delle vittime a identificarsi con l’aggressore, e la meno nota Sindrome di Lima che è l’esatto contrario di quella di Stoccolma: qui è l’aggressore a identificarsi con la vittima. E che dire di una Sindrome che sta prendendo piede, soprattutto fra i giovani (15-20 anni), la “Sindrome di Hikikomori”, nata e diffusasi soprattutto in Giappone. È la tendenza ad acquisire una forte dipendenza da Internet, a passare intere giornate (mesi, anni, decenni…) chiusi in casa, interrompendo le relazioni sociali, abbandonando la scuola, rifuggendo dalla ricerca di un lavoro, una sorta di “ritirata” dalla competitiva vita sociale nipponica e dalle aspettative di successo, di autorealizzazione e di impegno lavorativo che grava su questi giovani. Semplicemente, alzano bandiera bianca prima di scendere nell’”arena della vita” e della competizione forsennata che la società si aspetta da loro.

Sull’origine delle Sindromi e del disagio psichico ci sono manuali e dibattiti nell’ambito delle scienze e non è stata ancora raggiunta una risposta univoca. Probabilmente e come più frequentemente viene annotato, si tratta di una combinazione di fattori, di esperienze sociali e famigliari e di predisposizioni personali che si compongono seguendo particolari modalità.

Come leggere quindi la notizia riportata in Russia di una giovane donna che si innamora degli oggetti? Si, “oggetti”, non “persone”. Ultimamente, infatti, completamente presa da l suo slancio romantico, ha deciso di sposarsi…con una valigia! Rain Gordon, questo il nome della 24enne, ha incontrato la valigetta di metallo in una ferramenta ed è stato amore a prima vista: si sono sposate con una cerimonia celebrata da un amico a giugno di quest’anno. La ragazza ha fatto presente che, fin da piccola, ha sempre provato una particolare attrazione verso gli oggetti inanimati, perché ogni singola cosa ha un’anima propria. Prima della valigetta aveva prova attrazione anche per un centro commerciale costruito nella sua città.

Singolarità o ci sono altre persone che avvertono la stessa fascino?

Certamente, il mondo affettivo, nella sua generalità, sta conoscendo un periodo di grande trasformazione. Per esempio, il fenomeno della transizione fra i generi suscita domande, dibattito, opposte visioni, tensioni non indifferenti specie nel composito e differenziato mondo dei social. Più nuova, certamente, è l’attrazione verso gli oggetti narrata da questo episodio di cronaca in Russia.

Ovviamente, non c’è una risposta “giusta”.

Occorre interrogarsi sul complesso rapporto fra natura e cultura. Per capire.

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