Buddy Holly: l’ultimo vero rock ‘n’ roller

È il 1936 quando nella contea texana di Lubbock, negli Stati Uniti, muove i suoi primi passi Charles Hardin Holley, meglio conosciuto come Buddy Holly (fu la Dacca Records a storpiare il suo nome nel contratto, da “Holley” a “Holly”). Con una formazione musicale “bianca” che lo accomuna a molti della sua generazione, Buddy trova presto la sua strada nel mondo della musica, mediando tra “country music nel poppatoio e rhythm and blues alla radio”. Con un sorriso luminoso e l’espressione un po’ naïf, il cantante originario del Texas si impone agli onori della cronaca per uno stile unico, capace di ammaliare chiunque lo ascolti: scorre Elvis nelle sue vene, ma un Elvis insolito, meno sensuale e più fanciullesco, quasi un Elvis “della porta accanto”.

È proprio “The King” a segnare una svolta nella sua carriera artistica: infatti dopo aver aperto i concerti del cantante di Tupelo e di Bill Haley e i suoi Comets, Holly si innamora del rock ‘n’ roll e senza indugi firma il suo primo contratto discografico da solista con la Dacca. È il 1957 quando nascono i Crickets, il gruppo con il quale condividerà un altro contratto (ora da band) parallelamente al proprio. Successi come “That’ll Be the Day”, “Oh, boy!”, “Maybe baby” e “Peggy Sue” condurranno Buddy Holly e i suoi “grilli” in vetta alle classifiche americane e inglesi, plasmando un fenomeno, il primo veramente tale dopo quello di Elvis. Se da un lato il “piccolo” Holly emerge per il suo cantato autentico, “con dei caratteristici singhiozzi di passaggio da una sillaba all’altra delle parole del testo”, dall’altro i Crickets riproducono “la quintessenza del gruppo rock: leader-cantante-compositore-chitarra solista (Holly), chitarra ritmica (Niki Sullivan, poi Tommy Allsup), basso (Larry Welborn, sostituito in seguito da Joe B. Mauldin e poi da Waylon Jennings) e batteria (Jerry Allison, più tardi Charlie Bunch)”. Il 2 febbraio 1959 il cantautore e chitarrista di Lubbock, in occasione di un concerto in Nord Dakota previsto per il giorno dopo, affitta un aereo privato per il viaggio, nonostante la scarsa competenza del pilota e la visibilità ridotta a causa della nebbia. Ad accompagnare Holly dovrebbero essere anche due componenti dei Crickets e il chitarrista Tommy Allsup, ma date le modeste dimensioni del velivolo, si opta per il lancio di una monetina: sarebbe stata la sorte a decidere chi far partire. Valens e Richardson conquistano due posti a sedere, Allsup è fuori. Il volo durerà pochi minuti, giusto il tempo di terminare la sua corsa in un campo di grano nello Stato dell’Iowa. Lo schianto è fatale per tutti i passeggeri e i corpi saranno recuperati il giorno dopo a distanza di metri dal velivolo. Il 3 febbraio 1959 sarà ricordato dalla generazione di Holly e da quelle future come “The Day The Music Died”, per citare la tristemente nota “American Pie” di Don McLean.

Se non la musica, a morire in quel tragico schianto è stato il rock ‘n’ roll, o almeno quella sua componente di spontaneità e genuinità che di lì a breve avrebbe ceduto il passo alle logiche del marketing. I muri innalzati tra black music e white music, abilmente abbattuti dal da Elvis, Holly e compagni, sarebbero prontamente riemersi quasi a tracciare un solco netto tra “musica nera” e “pop”. Quello che i teenagers degli anni ’60 non potevano certo prevedere era che un nuovo fenomeno, altrettanto travolgente e inedito, avrebbe sconvolto presto le loro hard day’s night…

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