SALCICCIA PASSITA E QUELLA MATTA

La salciccia è un prodotto diffuso in tutt’Italia, dove viene identificato con nomi diversi, dalla “luganega” ala “salamella” passando dalla “zazzicchia”.

In Romagna se ne produce una varietà molto particolare di cui chi scrive ne va particolarmente goloso: la “salciccia passita”, o meglio la” susezza pasè” in dialetto, ma immaginatelo sentito dire col tipico accento emiliano romagnolo e con le sue “esse” e “zeta”, mette il buon umore ancor prima di assaggiarla.

La salciccia è un insaccato di carne di suino, quella romagnola viene prodotta con le parti magre del suino a cui vengono aggiunti lardelli di grasso e aromatizzata quanto basta di sale e pepe. Per il sale viene usato la varietà dolce di Cervia (prima di sali amari), poi viene insaccata in budello e lasciata stagionare. Il consumo lo si può avviare fin dalle prime settimane a seconda se piace più morbida o più dura. Per degustarla ci sono due scuole di pensiero, quella più “educata” con fette sottili, oppure, come io preferisco in tocchetti in cui lo spessore è quasi uguale al diametro. Ottima per aperitivi e piccoli spuntini accompagnata con spicchi di piadina e un buon calice di sangiovese di Romagna, più o meno invecchiato a seconda del grado di stagionatura.

Potremo interromper qua l’articolo, ma nella vecchia tradizione popolare se ne produce una versione più rustica ed adatta a palati forti, la “salciccia matta”.

Questa versione ha un colore più cupo e un gusto più forte in quanto le parti di maiale utilizzato sono le meno nobili, guancia, polmone, milza, cuore ed un rene, il tutto viene tritato una sola volta, aromatizzato con sale pepe ed aglio tritato, impastato con vino (buono, n.d.r.) e insaccato in un budello prelevato dall’intestino tenue.

Raccontato così non è invogliante, ma basta assaggiarla per cambiare idea. La si consuma fresca o stagionata, nel primo caso la si cuoce in umido con cipolle o fagioli, nel secondo va affettata questa volta meglio le fette sottili e sempre con piadina. Abbinamento? Personalmente la amo con vini rossi di provenienza del mondo naturistico in quanto le acidità volatili più alte (ma sempre nei limiti della piacevolezza) e la maggio componente ferrosa e di terra meglio si abbinano alla “susezza mata”.

Purtroppo questa versione è di difficilissima reperibilità, rimangono pochissimi piccoli artigiani, oppure di produzione propria nel periodo invernale quando alcune famiglie ancor oggi macellano il maiale per prodursi i propri tagli e le proprie specialità.

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