Perché non dovete prenderci in giro se ci dispiace che sia morto “Dylan”

Luke Perry se n’è andato, a 52 anni, stroncato da un ictus, dopo una settimana di ricovero ospedaliero che ha tenuto i suoi fan col fiato sospeso. Ma per il pubblico, per una larga fetta di popolazione mondiale, soprattutto femminile tra i 30 e i 50 anni, se n’è andato Dylan McKay, il bel tenebroso del telefilm Beverly Hills 90210.

E così i social-addicted si sono divisi. C’è chi lo piange, ricordando gli anni passati a guardare e riguardare tutte le puntate, e prova a consolarsi con lo streaming e Youtube, e chi prende in giro quelle che piangono, perché “in fondo chi lo conosceva, teneva i soldi, ha fatto una bella vita, mica vi era parente”.

Beh, no, cari miei. Ve lo spiego subito perché non potete burlarvi di noi così impunemente.

Innanzitutto, Berverly Hills non era “solo un telefilm”. Era IL telefilm. Fino a quel momento, la tv americana riproposta nella nostra Italia ci aveva riservato solo sit-comedy forzatamente carine, con famigliole felici a barcamenarsi tra problemi quotidiani del calibro di un brutto voto a scuola o della macchina presa di nascosto al capofamiglia. Quattro scappellotti, una morale lineare, e tutti tornavano felici, sempre.

Appena varcammo la zona degli Stati Uniti dallo ZIP Code (banalmente, il nostro CAP) 90210, si aprì un mondo davanti a noi. Balli scolastici, gravidanze indesiderate, amori tormentati, divorzi che segnavano le adolescenze, amici persi per abuso di droghe. La vita vera, anche se più romanzata. Ragazzi problematici, cattivi esempi, ma molto più simili a noi, “solo” immensamente più ricchi (ma senza quei conti in banca, certe avventure è impossibile viverle e ci saremmo presto stancati). Nulla era scontato o definito. Dietro un cattivo poteva nascondersi un cuore tenero e un buono celava qualche terribile segreto o era pronto a compiere una bastardata per un tornaconto personale.

I nostri genitori non erano affatto d’accordo che guardassimo quel programma, almeno quelli di noi che non eravamo ancora arrivati all’adolescenza, ma si stavano affacciando alle scuole medie (come la sottoscritta). Ma poco importava. Non c’era Netflix, non si poteva che aspettare l’estate e le repliche delle vecchie puntate in orari pomeridiani in cui nessuno ci avrebbe controllato. Bastava che il televisore iniziasse a suonare le prime, semplici note di una sigla che sarebbe passata alla storia, e non c’eravamo per nessuno.

E il tempo di fare la conoscenza con tutti i personaggi, ed ecco iniziare il tifo. Per anni noi ragazze ci siamo divise. Brandon, il bravo ragazzo, o Dylan, il ribelle? Io, personalmente, preferivo il divertente biondino Steve, ma le scelte amorose dei due opposti erano il fulcro attorno a cui girava tutto il serial.

Per anni siamo stati… ma soprattutto state, sulle spine. Dylan avrebbe scelto Kelly o Brenda? Per sua stessa ammissione, preferiva le bionde, ma l’amore con la Walsh era troppo travolgente. E, infatti, quando il finale voluto dagli sceneggiatori l’ha data vinta alla prima (per defezione volontaria dell’attrice che interpretava la gemella di Brandon, come apprendemmo presto dalle nostre letture impegnate, tipo il Cioè), lo sapevamo tutte, in cuor nostro, che era stato solo un ripiego. Dylan sarebbe tornato con Brenda, prima o poi. E i ragazzi del Peach Pit sarebbero rimasti amici per sempre. Li abbiamo conosciuti al liceo, li abbiamo seguiti al college, nei primi colloqui di lavoro, nelle scelte sbagliate, negli amori imperfetti, nei matrimoni.

Per questo, anche se magari non era la nostra prima scelta (figuriamoci per chi, invece, è stato così!) non possiamo che dispiacerci perché Dylan se n’è andato, e voi non dotete prenderci in giro. Perché con lui se ne va l’idea che gli idoli dei tuoi anni più spensierati siano, in fondo, eterni. Perché dovevamo invecchiare insieme e lui avrebbe dovuto lasciarci il più tardi possibile. Perché, adesso che sono in procinto di girare il sequel con gran parte del vecchio cast, di lui e Brenda (Shannen Doherty, che ha deciso – come Perry – di non partecipare) si sarebbe dovuto parlare all’interno delle nuove puntate come nel nostro finale ideale: non lì, perché insieme da qualche parte.

Sicuramente lo sono già nei nostri sogni di ragazze cresciute a pane e storie d’amore problematiche e che, se c’è una cosa che hanno imparato proprio da queste trame è che quelli come Dylan non cambiano mai, quindi è inutile rincorrerli se non si vogliono avere guai. Ma abbiamo anche capito che nessuno è per forza sempre e solo cattivo, che dietro persone con una storia difficile si possono trovare ottimi amici nel momento del bisogno e che le dinamiche che viviamo nelle nostre famiglie o nelle scuole ci segnano per tutta la vita.

Ciao Luke, che le terra ti sia lieve. E scusaci se per noi, anche se hai fatto altri lavori e recitato in altri ruoli, sarai sempre Dylan McKay, quel ragazzo ribelle di Berverly Hills che ci ha rubato il cuore e che preferiamo ricordare con quel sorriso sornione mentre stava appoggiato agli armadietti di metallo nei corridoi della scuola tra una lezione e l’altra, l’aria spavalda a cavallo della sua moto, o nel perfetto completo elegante alla festa di matrimonio di Donna e David, finalmente felice

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