PROCEDURE CONCORSUALI: LE NOTE DI VARIAZIONE

L’art. 18 del D.L. n. 73/2021 (Decreto Sostegni-bis) ha introdotto modifiche sostanziali alla disciplina delle variazioni in diminuzione dell’imponibile o dell’imposta prevista dall’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972, disponendo che, nel caso di mancato pagamento del corrispettivo connesso a procedure concorsuali, non si debba più attendere la conclusione delle stesse, come invece previsto per le procedure esecutive individuali, per le quali è richiesto l’esito infruttuoso. Le modifiche normative, che incidono sul diritto di portare in detrazione l’imposta corrispondente alle predette variazioni, si applicano a partire dalle procedure concorsuali avviate dal 26 maggio 2021.

Prima della modifica normativa operata dal Decreto Sostegni-bis, l’art. 26, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972 prevedeva la facoltà, in capo al cedente/prestatore, di rettificare in diminuzione l’imposta applicata quando l’operazione viene meno o se ne riduce l’ammontare imponibile in conseguenza del mancato pagamento del corrispettivo comprovato da procedure esecutive individuali o procedure concorsuali rimaste infruttuose, nonché da accordi di ristrutturazione dei debiti omologati ai sensi dell’art. 182-bis del R.D. n. 267/1942 (Legge Fallimentare) o piani attestati ai sensi dell’art. 67, comma 3, lett. d), della citata Legge fallimentare.

I principi affermati dalla giurisprudenza comunitaria hanno indotto il legislatore ad intervenire sulla disciplina delle note di variazione in diminuzione, al fine di adeguare la normativa interna a quella comunitaria.

L’art. 90 della Direttiva n. 2006/112/CE, dal quale discende il citato art. 26, comma 2, del D.P.R. n. 6333/1972, stabilisce, al par. 1, che, in caso di non pagamento totale o parziale dopo il momento di effettuazione dell’operazione, la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri. Il successivo par 2 dispone, tuttavia, che, in caso di non pagamento totale o parziale, gli Stati membri possono derogare alla previsione del par. 1.

Il legislatore nazionale aveva scelto di usufruire della deroga prevista dal par. 2 dell’art. 90 della Direttiva n. 2006/112/CE, subordinando l’emissione della nota di variazione alla conclamata infruttuosità della procedura concorsuale o esecutiva, posticipando a tempi molto lunghi il recupero dell’IVA già versata e non incassata.

La previgente normativa italiana sulla procedura di variazione in diminuzione dell’imponibile o dell’imposta è stata censurata dalla Corte di giustizia in considerazione dell’eccessiva durata delle procedure concorsuali, al cui esito infruttuoso era subordinato il diritto alla detrazione dell’imposta non incassata (sent. 23 novembre 2017, causa C-246/16).

Ad avviso della Corte, la finalità del citato art. 90 della Direttiva n. 20067112/CE è quella di consentire agli Stati membri di individuare, in considerazione del sistema giuridico nazionale esistente, le situazioni concrete in cui il mancato pagamento può dirsi ragionevolmente verificato ed in quale misura. Tale disposizione deve essere interpretata nel senso che uno Stato membro non può subordinare la riduzione della base imponibile dell’IVA all’infruttuosità di una procedura concorsuale qualora la stessa possa avere una durata molta lunga, anche superiore a dieci anni.

I giudici comunitari, ritornati sulla questione, hanno ammesso la variazione in diminuzione anche in presenza di una ragionevole probabilità che il debito non sia saldato, rinviando alle Autorità nazionali il compito di stabilire, nel rispetto del principio di proporzionalità e sotto il controllo del giudice, quali siano le prove di una probabile durata prolungata del non pagamento che il soggetto passivo deve fornire in funzione delle specificità del diritto nazionale applicabile (sent. 11 giugno 2020, causa C-146/19).

Sul piano nazionale, la Corte di Cassazione, alla luce delle indicazioni fornite dalla Corte di giustizia, ha affermato che la facoltà degli Stati di ricorrere al meccanismo previsto dall’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972, si fonda sull’assunto che, in presenza di talune circostanze ed in ragione della situazione giuridica esistente nello Stato membro interessato, il mancato pagamento del corrispettivo può essere difficile da accertare o essere solamente provvisorio (sent. 16 novembre 2020, n. 2589). Per i giudici di legittimità deve, quindi, ritenersi possibile attivare la procedura di variazione in diminuzione dell’imposta qualora sia ragionevolmente probabile che il debito non sia saldato, superando il precedente orientamento in materia (Cass., 16 dicembre 2011, n. 27136).

A seguito della modifica operata dal Decreto Sostegni-bis, dal comma 2 dell’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972 – che prevede le ipotesi in relazione alle quali il cedente/prestatore può effettuare variazioni in diminuzione della base imponibile e dell’imposta senza specifici limiti di tempo, con riferimento alle operazioni per le quali abbia già emesso fattura con addebito dell’IVA – sono state stralciate le ipotesi in cui il mancato pagamento del corrispettivo sia dovuto all’assoggettamento del cessionario/committente ad una procedura concorsuale o esecutiva rimasta infruttuosa, oppure ad un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’art. 182-bis della Legge Fallimentare o ad un piano attestato ai sensi dell’art. 67, comma 3, lett. d), della stessa Legge fallimentare.

TaIi ipotesi sono contemplate dal nuovo comma 3-bis dell’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972, in base al quale la facoltà di riduzione della base imponibile e dell’imposta, prevista dal comma 2 del medesimo art. 26 del D.P.R. n. 633/1972 si applica anche in caso di mancato pagamento del corrispettivo, in tutto o in parte, ad opera del cessionario/committente per le procedure concorsuali, gli accordi di ristrutturazione dei debiti e i piani attestati e per le procedure esecutive individuali rimaste infruttuose.

Il comma 3-bis dell’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972 individua, altresì, con riferimento alle procedure concorsuali, la data a partire dalla quale la variazione può essere operata dal cedente/prestatore, stabilendo che, qualora il mancato pagamento sia dovuto all’assoggettamento del debitore a procedure concorsuali, la variazione conseguente può essere operata a partire dalla data di apertura della procedura concorsuale, che coincide con la data della sentenza dichiarativa del fallimento; del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa; del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo; del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

In adesione alle indicazioni rese dalla Corte europea nella causa C-146/19, secondo cui la riduzione della base imponibile dell’IVA è ammessa nell’ipotesi in cui il cedente/prestatore possa dimostrare che il credito non sarebbe stato riscosso anche in caso di preventiva insinuazione del credito stesso al passivo, la circolare n. 20/E/2021 ha chiarito che l’emissione della nota di variazione in diminuzione non risulti preclusa al cedente/prestatore che non abbia effettuato l’insinuazione al passivo del credito corrispondente.

Nulla cambia, invece, sempre ai sensi del comma 3-bis del D.P.R. n. 633/1972, per gli accordi di ristrutturazione dei debiti e i piani attestati, essendo confermato che il diritto alla variazione in diminuzione dell’imponibile e dell’imposta è esercitabile dalla data del decreto che omologa l’accordo di ristrutturazione dei debiti e di pubblicazione nel Registro delle imprese del piano attestato.

Nulla cambia neppure per le procedure esecutive individuali, siccome la variazione in diminuzione resta ancora subordinata al loro esito infruttuoso, come previsto dal comma 3-bis del D.P.R. n. 633/1972. In tali ipotesi, il comma 12 dello stesso art. 26 del D.P.R. n. 633/1972 – che non ha subito modifiche – stabilisce che la procedura esecutiva individuale si considera infruttuosa nell’ipotesi di pignoramento presso terzi, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti che presso il terzo pignorato non vi sono beni o crediti da pignorare; nell’ipotesi di pignoramento di beni mobili, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti la mancanza di beni da pignorare; ovvero l’impossibilità di accesso al domicilio del debitore; ovvero la sua irreperibilità; nell’ipotesi in cui, dopo che per tre volte l’asta per la vendita del bene pignorato sia andata deserta, si decida di interrompere la procedura esecutiva per eccessiva onerosità.

In base al comma 2 dell’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972, il cedente/prestatore ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’art. 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’art. 25 dello stesso D.P.R. n. 633/1972.

A sua volta, il citato art. 19 del D.P.R. n. 633/1972 dispone, al comma 1, che il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile ed è esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo.

Infatti, è al verificarsi di entrambi i presupposti che il cessionario/committente può operare, previa registrazione della fattura d’acquisto o della bolletta doganale di importazione secondo le modalità previste dall’art. 25, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, la detrazione dell’imposta assolta con riferimento agli acquisti di beni e servizi, ovvero alle importazioni di beni.

In pratica, se la nota di credito è emessa tempestivamente – cioè entro il termine di presentazione ordinario della dichiarazione annuale relativa all’anno in cui si sono verificati i presupposti per operare la variazione in diminuzione – l’IVA a credito confluisce nella relativa liquidazione periodica o, al più tardi, nella dichiarazione di riferimento.

Esemplificando, se il presupposto per operare la variazione in diminuzione si verifica nell’anno 2021, la nota di variazione può essere emessa, al più tardi, entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa a tale anno, vale a dire entro il 30 aprile 2022.

Se la nota di variazione è emessa nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 30 aprile 2022, la detrazione può essere operata nell’ambito della liquidazione periodica relativa al mese/trimestre in cui la nota viene emessa, ovvero direttamente in sede di dichiarazione annuale relativa all’anno 2022, da presentare entro il 30 aprile 2023).

Nella circolare n. 20/E/2021 è stato ribadito che, nel caso in cui il termine per l’emissione della nota di variazione sia già spirato, non è possibile avvalersi della dichiarazione integrativa “a favore”, di cui all’art. 8, comma 6-bis, del D.P.R. n. 322/1998, per recuperare l’imposta versata, laddove non si riscontri la presenza di errori ed omissioni cui rimediare.

Similmente, l’istituto disciplinato dall’art. 30-ter del D.P.R. n. 633/1972, avendo carattere residuale ed eccezionale, trova applicazione ogni qual volta sussistano condizioni oggettive che non consentano di esperire il rimedio di ordine generale (nella specie, l’emissione della nota di variazione in diminuzione). Di conseguenza, tale istituto non può essere utilizzato per ovviare alla scadenza del termine di decadenza per l’esercizio del diritto alla detrazione qualora decorso per inerzia del soggetto passivo (si veda anche la risposta all’interpello dell’Agenzia delle Entrate 5 ottobre 2021, n. 663).

Di regola, laddove il cedente/prestatore si avvalga della facoltà di operare la variazione in diminuzione, il cessionario/committente che abbia già annotato l’operazione nel registro degli acquisti deve annotare la variazione nel registro delle fatture emesse o dei corrispettivi, nei limiti della detrazione operata, salvo il suo diritto alla restituzione dell’importo pagato al cedente/prestatore a titolo di rivalsa.

In considerazione dello specifico richiamo alle procedure concorsuali di cui al comma 3-bis, lett. a), dell’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972, l’obbligo di registrazione della variazione, in rettifica della detrazione originariamente operata, continua ad operare, in capo al cessionario/committente, negli accordi di ristrutturazione dei debiti e nei piani attestati.

Allo stesso modo, dato il rinvio alle procedure concorsuali di cui al comma 3-bis, lett. a), dell’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972, in capo al cessionario/committente continua, altresì, ad applicarsi l’obbligo di registrazione della variazione, in rettifica della detrazione originariamente operata, nelle ipotesi di procedure esecutive individuali infruttuose.

Il nuovo comma 5-bis dell’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972 prevede che, nel caso in cui, successivamente all’emissione della nota di variazione in diminuzione, il corrispettivo sia pagato, in tutto o in parte, sorge l’obbligo di emettere una nota di variazione in aumento.

In tal caso, il cessionario/committente ha diritto di portare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione in aumento previa registrazione della relativa nota.

Le modifiche sostanziali alla disciplina delle variazioni in diminuzione dell’imponibile o dell’imposta sono gli strumenti necessari alla continuazione ed al superamento degli ostacoli che, spesso, hanno interrotto senza esiti le procedure concorsuali.

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares