GLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE

Le nuove regole sulla crisi di impresa incentivano l’utilizzo degli accordi di ristrutturazione per la soluzione della crisi.

Il nuovo diritto della crisi incentiva la soluzione della situazione di squilibrio economico finanziario delle imprese attraverso strumenti di tipo negoziale, lasciando quindi ai diretti interessati – imprenditore in difficoltà e creditori – la possibilità di raggiungere accordi volti a risanare l’impresa. In tale contesto si inserisce la disciplina dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, modificata per rendere lo strumento di più semplice impiego per risolvere la situazione di crisi.

Le nuove regole sulla crisi di impresa, contenute nel Codice della crisi (CCII) in vigore dal 15 luglio 2022, introducono disposizioni che incentivano soluzioni di tipo negoziale alle difficoltà aziendali. In tale contesto si inseriscono, quali strumenti di regolazione della crisi, gli accordi di ristrutturazione dei debiti (ADR) che, con l’entrata in vigore del CCII, subiscono rilevanti modifiche, finalizzate a incentivare la soluzione della crisi attraverso accordi negoziali.

Tra le modifiche alla disciplina degli ADR introdotte dal CCII si richiama la possibilità di utilizzare l’accordo di ristrutturazione non solo in caso di crisi, ma anche di insolvenza; la necessità di depositare unitamente all’accordo anche il piano economico finanziario che ne consente l’esecuzione redatto secondo quanto previsto dall’art. 56 CCII, in tema di piano attestato di risanamento; l’estensione degli effetti degli accordi ai soci illimitatamente responsabili che rimangano responsabili per le eventuali garanzie prestate, salvo patto contrario; la specifica disciplina dettata per le eventuali modifiche sostanziali al piano o agli accordi prima dell’omologazione o successivamente l’inserimento di due varianti dello strumento per incentivarne l’impiego, come l’accordo di ristrutturazione agevolato; l’accordo di ristrutturazione dei debiti ad efficacia estesa (consente di estendere l’accordo anche ai non aderenti in presenza di determinati condizioni).

La norma, art. 57 co. 1 CCII, consente l’utilizzo degli accordi di ristrutturazione dei debiti all’imprenditore, anche non commerciale e diverso dall’imprenditore minore, in stato di crisi o di insolvenza. Gli accordi devono essere raggiunti con una maggioranza qualificata di creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti e sono soggetti ad omologazione ai sensi dell’articolo 48 CCII.

I soggetti ammessi all’ADR sono gli imprenditori commerciali che non rientrino nei limiti dimensionali dell’impresa minore e gli imprenditori agricoli, per i quali è stata conservata la possibilità di accedere, quale che sia la loro dimensione e la loro forma giuridica.

Gli accordi di ristrutturazione dei debiti (ADR) sono sostanzialmente negozi di diritto privato tra il debitore e i creditori o, quanto meno, una percentuale qualificata dei creditori la cui finalità è la soluzione alla situazione di squilibrio economico finanziario.

Il CCII colloca gli ADR tra gli strumenti di regolazione della crisi, aventi la natura dell’accordo, come per la Parte I – Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza; Titolo IV – Strumenti di regolazione della crisi; Capo I – Accordi; Sezione II – Accordi di ristrutturazione, convenzione di moratoria e accordi su crediti tributari e contributivi; Art. 57 – Accordi di ristrutturazione dei debiti (e articoli seguenti).

Gli accordi coinvolgono i creditori, almeno in una percentuale qualificata, cui nella pratica si possono aggiungere altri soggetti con cui si concludono contratti, finalizzati a risanare l’impresa e funzionali al piano, quali a titolo di esempio dismissioni di asset, sottoscrizione di nuovi finanziamenti. Essi sono lasciati all’autonomia negoziale delle parti e soggiacciono alla generale disciplina di diritto civile. Pertanto, una volta concluso il contratto le modiche sono possibili soltanto con il consenso delle parti ai sensi dell’art. 1372 c.c., o nei casi previsti dalla legge. La regola trova applicazione anche in caso di accordi di ristrutturazione dei debiti che, quindi, possono subire modifiche con il consenso delle parti.

Le modifiche, tuttavia, potrebbero non incidere solo nei rapporti tra le parti, ma possono incidere sul piano stesso su cui poggia il risanamento. Nell’ambito di un ADR, le modifiche non sostanziali agli accordi sono ammissibili senza specifici interventi sul piano e sulla procedura, mentre le modifiche sostanziali al piano comportano una serie di adempimenti, come Le modifiche sostanziali del piano rendono necessario il rinnovo dell’attestazione, la richiesta da parte dell’imprenditore del rinnovo del consenso ai creditori parti degli accordi (articolo 58, comma 1 CCII); Le modifiche sostanziali del piano, anche per effetto di variazioni del contenuto degli accordi, rendono necessario il rinnovo dell’attestazione, la pubblicazione del nuovo piano e attestazione nel Registro delle imprese, l’inoltro di un avviso, per lettera raccomandata o per posta elettronica certificata, ai singoli creditori, ai quali è data facoltà di proporre opposizione al tribunale entro 30 giorni dalla data della ricezione dell’avviso (articolo 58, comma 2 CCI).

La libertà negoziale può prevedere alcune condizioni all’esecuzione degli accordi. Le condizioni possono essere sia risolutive sia sospensive. Nella prassi, in genere, viene prevista la sospensione dell’esecuzione del contratto all’omologazione degli accordi. Le condizioni, diverse da quella che rimette l’esecuzione del contratto alla previa omologazione dell’accordo, devono essere attentamente considerate all’interno del Piano che dovrà individuare misure alternative nel caso le condizioni non si realizzino, in mancanza non sarà possibile attestare la fattibilità economica del piano.

L’utilizzo dello strumento di ADR per la soluzione della crisi nel caso il piano preveda la liquidazione dell’impresa ha generato dubbi in vigenza della legge fallimentare. Le nuove disposizione del CCII sembrerebbero indicare la possibilità di utilizzare l’ADR anche in caso di mera liquidazione.

Indicazioni in tal senso si ricavano dall’art. 61 CCII che al comma 2 lett. b) prevede la possibilità di estendere gli effetti dell’ADR ai creditori estranei, qualora l’ADR abbia carattere non liquidatorio. Ciò porterebbe a ritenere, a parere di chi scrive, che le nuove regole confermino la possibilità di utilizzare l’ADR ordinario, non ad efficacia estesa, anche in ipotesi meramente liquidatorie. L’obiettivo degli accordi potrebbe essere, quindi, quello di garantire il recupero della continuità aziendale e l’equilibrio economico finanziario, oppure la mera liquidazione concordata con i creditori ed eventuali altri soggetti.

Le modalità con cui l’imprenditore decide di risolvere la situazione di crisi possono, ovviamente, prevedere una combinazione degli interventi indicati in precedenza. Gli effetti in termini delle operazioni che verranno effettuate devono trovare una rappresentazione economica, finanziaria e patrimoniale all’interno di un piano avente i contenuti di cui all’art. 56 CCII, ossia del piano attestato di risanamento.

In relazione ai requisiti di forma, l’art. 57 co. 2 del CCII prevede che gli accordi devono contenere l’indicazione degli elementi del piano economico-finanziario che ne consentono l’esecuzione. Pertanto gli accordi dovranno trovare idonea rappresentazione nel Piano che dovrà illustrare gli impatti economici finanziari ad essi associati e la modalità con cui si inseriscono nella pianificazione prevista per la soluzione della crisi di impresa.

Il piano deve essere redatto secondo le modalità indicate dall’art. 56 CCII, nonché avere in allegato i documenti di cui all’articolo 39, co. 1 e 3. Nella fattispecie, in base alla: a) Situazione economico-patrimoniale e finanziaria dell’impresa; b) Principali cause della crisi; c) Strategie d’intervento e i tempi necessari per assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria; d) lista dei creditori e ammontare dei crediti dei quali si propone la rinegoziazione e lo stato delle eventuali trattative, nonché l’elenco dei creditori estranei, con l’indicazione delle risorse destinate all’integrale soddisfacimento dei loro crediti alla data di scadenza; e) Apporti di finanza nuova; f) tempi delle azioni da compiersi, che consentono di verificarne la realizzazione, nonché gli strumenti da adottare nel caso di scostamento tra gli obiettivi e la situazione in atto; g) il piano industriale e l’evidenziazione dei suoi effetti sul piano finanziario.

Gli Allegati ai sensi dell’art. 39 co. 1 del CCII riguardano: 1. Scritture contabili e fiscali obbligatorie; 2.Dichiarazioni dei redditi concernenti i tre esercizi o anni precedenti ovvero l’intera esistenza dell’impresa

o dell’attività economica o professionale, se questa ha avuto una minore durata; 3. le dichiarazioni IRAP e le dichiarazioni annuali IVA relative ai medesimi periodi di cui al punto precedente; 4. Bilanci relativi agli ultimi tre esercizi; 5. Relazione sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria aggiornata; 6. Lo stato particolareggiato ed estimativo delle attività; 7. Idonea certificazione sui debiti fiscali, contributivi e per premi assicurativi; 8. Elenco nominativo dei creditori e l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione; 9. Elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali e personali su cose in possesso dell’impresa e l’indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto.

In caso di accesso all’ADR – con riserva di presentare la documentazione completa – sono richiesti unicamente: 1. Bilanci relativi agli ultimi tre esercizi o, per le imprese non soggette all’obbligo di redazione del bilancio, le dichiarazioni dei redditi e le dichiarazioni IRAP concernenti i tre esercizi precedenti; 2. L’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione, oltre che con l’indicazione del loro domicilio digitale, se ne sono muniti.

In relazione alla forma degli accordi raggiunti, l’art. 56 co. 5 CCII prevede espressamente la forma scritta. La prassi in tema di forma contrattuale richiede la sottoscrizione autentica, secondo l’orientamento prevalente in giurisprudenza e che consente la certezza della provenienza dell’atto, nonché garantisce il titolo richiesto per la pubblicazione degli accordi nel registro delle imprese.

Gli accordi di ristrutturazione devono essere raggiunti con una percentuale qualificata di crediti, ossia dai creditori titolari di diritti per almeno il 60% dei crediti totali. La prassi e la giurisprudenza formatasi in vigenza delle regole contenute nella legge fallimentare, che rispetto alla percentuale minima di adesione non hanno subito modica nel CCII, prevedono che il totale dei crediti vada determinato sommando tutti i crediti.

La somma del totale dei crediti dovrà tenere in considerazione tutte le varie tipologie di credito quali, a titolo di esempio i crediti commerciali / finanziari; i crediti chirografari, privilegiati, prededucibili; gli scaduti o meno alla data di predisposizione del piano o che scadranno o scaduti alla data di presumibile omologa. Diversamente da quanto previsto dalla legge fallimentare, vanno considerati anche i crediti relativi ai finanziamenti finalizzati alla presentazione della domanda di omologa degli ADR (art. 182-quater l.f.).

Gli accordi di ristrutturazione agevolata prevedono una percentuale minore di crediti che l’accordo deve coprire per poter trovare applicazione. In particolare nel caso degli accordi di ristrutturazione agevolata, gli accordi devono essere raggiunti con tanti creditori che rappresentino almeno il 30% dei crediti, ossia la metà di quanto previsto negli accordi ordinari (non agevolati).

La riduzione della percentuale di crediti è concessa a fronte delle seguenti limitazioni per l’imprenditore (art. 60 co. 1 CCII) e riguardano a) non proponga la moratoria dei creditori estranei agli accordi; b) non abbia richiesto e rinunci a richiedere misure protettive temporanee.

La disposizione che disciplina gli accordi agevolati è innovativa rispetto a quanto previsto nella legge fallimentare, la cui finalità è incentivare l’utilizzo dello strumento negoziale per la soluzione della crisi di impresa, anche nel caso sia possibile raggiungere accordi con una parte ristretta di creditori che rappresentino solo il 30% dei crediti.

Una specifica tutela viene riconosciuta ai creditori che non partecipano all’accordo, essendo prevista la loro integrale soddisfazione, ai sensi dell’art. 57 co. 3 CCII, conformemente a stabiliva la legge fallimentare in tema di ADR.

In particolare, la richiamata disposizione prevede che gli accordi devono essere idonei ad assicurare il pagamento integrale dei creditori estranei nei seguenti termini: entro 120 giorni dall’omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data; entro 120 giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell’omologazione.

Per l’interpretazione della disposizione in commento, con tenore identico a quanto previsto dalla legge fallimentare, si può far riferimento alla prassi e alla giurisprudenza consolidate in vigenza della legge fallimentare. In particolare, giova recuperare il significato della locuzione “pagamento integrale” pacificamente intesa come il pagamento dell’intero credito e attraverso il mezzo e il modo pattuiti. La dilazione prevista dalla norma, non essendo disposto nulla sull’interruzione del decorso degli interessi legali, porta a ritenere che siano dovuti gli interessi sullo scaduto pagato a 120 giorni.

Una ulteriore tutela per i creditori estranei all’ADR si ritrova nel comma 4 dell’art. 57 del CCII in base al quale è previsto che un professionista indipendente, incaricato dall’imprenditore, attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano, intesa sia in termini giuridici che economici.

In relazione agli effetti degli accordi in capo ai coobbligati e soci illimitatamente responsabili, l’art. 59 del CCII introduce una disciplina apposita al fine di superare le divergenze interpretative sorte in vigenza della legge fallimentare.

In particolare, il richiamato art. 59 prevede che ai creditori che hanno concluso gli accordi di ristrutturazione trova applicazione l’art. 1239 c.c., ovverosia la liberazione dei garanti che rimangono obbligati nei limiti degli accordi raggiunti; i creditori non aderenti, cui l’efficacia degli accordi è estesa, conservano impregiudicati i diritti contro i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso; i creditori estranei conservano impregiudicati i diritti contro i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso; negli accordi a efficacia estesa rimangono impregiudicati i diritti dei creditori non aderenti; gli accordi conclusi da un società hanno efficacia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, i quali, se hanno prestato garanzia, continuano a rispondere per tale diverso titolo, salvo non si sia convenuto diversamente.

Il CCII prevede una tipologia di ADR ad efficacia estesa che, al valere di talune condizioni, consente di estendere gli effetti dell’accordo anche ai creditori che non vi hanno aderito. Lo strumento rappresenta una evoluzione dell’originario accordo ad efficacia estesa, previsto dalla legge fallimentare all’art. 182-septies, i cui effetti tuttavia potevano essere estesi soltanto nei riguardi delle banche e intermediari finanziari.

La formulazione dell’art. 61 CCII rende estensibili gli effetti dell’accordo a tutti i creditori, facenti parte o meno alla categoria delle banche o intermediari finanziari. Nell’accordo di ristrutturazione ad efficacia estesa, rimangono ferme le caratteristiche dell’ADR in generale. La differenza sta nel fatto che, raggiunta l’adesione di creditori che rappresentino il 75% del totale dei crediti appartenenti a una determinata categoria (ossia la classe), gli effetti dell’accordo possano essere estesi, in deroga agli articoli 1372 e 1411 c.c., anche ai creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria, individuata tenuto conto dell’omogeneità di posizione giuridica ed interessi economici.

La norma prevede una serie di condizioni per poter estendere gli effetti ai creditori non aderenti. Nella fattispecie, tutti i creditori appartenenti alla categoria siano stati informati dell’avvio delle trattative, siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede e abbiano ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore nonché sull’accordo e sui suoi effetti; l’accordo abbia carattere non liquidatorio, prevedendo la prosecuzione dell’attività d’impresa in via diretta o indiretta ai sensi dell’articolo 84 CCII; i crediti dei creditori aderenti appartenenti alla categoria rappresentino il 75% di tutti i creditori appartenenti alla categoria, fermo restando che un creditore può essere titolare di crediti inseriti in più di una categoria; i creditori della medesima categoria non aderenti cui vengono estesi gli effetti dell’accordo possano risultare soddisfatti in base all’accordo stesso in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale; il debitore abbia notificato l’accordo, la domanda di omologazione e i documenti allegati ai creditori nei confronti dei quali chiede di estendere gli effetti dell’accordo.

Sono previste specifiche garanzie a tutela dei creditori non aderenti, in particolare, i creditori della medesima categoria non aderenti ai quali il debitore chiede di estendere gli effetti dell’accordo possono proporre opposizione ai sensi dell’articolo 48, co. 4 CCII. Per essi, il termine per proporre opposizione decorre dalla data della comunicazione; in nessun caso, per effetto dell’accordo di ristrutturazione, ai creditori ai quali è stato esteso l’accordo possono essere imposti l’esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti o l’erogazione di nuovi finanziamenti. Con la precisazione che non è considerata nuova prestazione la prosecuzione della concessione del godimento di beni oggetto di contratti di locazione finanziaria già stipulati.

Infine, nel solo caso l’impresa abbia debiti nei confronti delle banche e intermediari finanziari in misura non inferiore al 50% dell’indebitamento complessivo, l’accordo di ristrutturazione dei debiti può individuare una o più categorie tra tali tipologie di creditori che abbiano fra loro posizione giuridica ed interessi economici omogenei. In tal caso il debitore, con il ricorso di cui all’art. 40 CCII, può chiedere, anche in caso di accordo liquidatorio, che gli effetti dell’accordo vengano estesi ai creditori non aderenti appartenenti alla medesima categoria (banche e intermediari finanziari). Restano fermi i diritti dei creditori diversi da banche e intermediari finanziari.

Il procedimento che conduce all’omologa dell’accordo di ristrutturazione dei debiti segue le regole del procedimento unitario di cui agli artt. 44 – 48 CCII. Il procedimento prende avvio con il deposito da parte dell’imprenditore del ricorso per l’omologa dell’ADR al tribunale competente. Il ricorso deve essere completo dell’ADR sottoscritto dei creditori; della documentazione richiesta ai sensi dell’art. 39 CCII; corredato dalla relazione di attestazione da parte di un professionista indipendente.

La relazione d’attestazione deve specificare l’idoneità dell’accordo e del piano ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei agli accordi, oltre alla veridicità dei dati aziendali e la fattibilità sia giuridica sia economica del Piano e degli accordi.

Contestualmente al ricorso, l’ADR va depositato nel Registro delle imprese, la cui pubblicazione fa decorrere il termine di 30 giorni entro cui i creditori e ogni altro interessato possono presentare opposizione, art. 48 co. 4 CCII. Trascorso il richiamato termine di 30 giorni, il tribunale fissa l’udienza per la comparizione delle parti in camera di consiglio, decide sulle opposizioni e provvede con sentenza sull’omologazione. Con il decreto il tribunale può nominare un commissario giudiziale o confermare quello già nominato ai sensi dell’articolo 44, co. 1, lett. b) CCII. La nomina del commissario giudiziale è disposta in presenza di istanze per l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale, quando è necessaria per tutelare gli interessi delle parti istanti.

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