Se creassimo il senno di prima

Sembravano scene tratte da una fiction, invece stavano accadendo realmente. Un uomo a bordo di uno scooter con il volto coperto dal solito casco nero, ha fatto irruzione nel pronto soccorso dell’ospedale Pellegrini di Napoli, tentando di finire, Vincenzo Rossi di ventidue anni, poco prima gambizzato nei pressi della centralissima via Toledo. Ha colpito, invece, di striscio agli arti due minorenni, trasformando il nosocomio in un Far West. Risultato: un giovane gambizzato in attesa di essere operato e altri due sfiorati da almeno quattro proiettili, fuggiti via prima che chiamassero i loro genitori. Che si tratti di malavita, sia nel caso delle vittime che del colpevole, non ci sono dubbi. Lo stile è quello tipico di una vendetta di camorra e, ad avvalorare la tesi, è il processo già in corso per tentato omicidio in cui è imputato il ventiduenne. Un regolamento di conti annunciato, con protagonista un ragazzo che vive da mesi nella consapevolezza di poter essere ammazzato da un momento all’altro, per aver tentato di uccidere a sua volta. Eppure, i fatti hanno tristemente dimostrato che, avere coscienza di essere nel mirino di un sicario e non averla non fa sostanzialmente differenza. Non l’ha fatta, tre mesi fa, per Manuel Bortuzzo, promessa del nuoto, quando un colpo gli ha trapassato un fianco colpendolo per errore ad un polmone e lesionandogli il midollo spinale all’altezza dell’undicesima vertebra. Vincenzo se la caverà, malgrado, in qualche modo, sia stata sua la scelta, di fare quella fine; Manuel non si sa. Eppure la sua speranza di ritornare a camminare è grande, come la sua determinazione. Due vite diverse: una votata alla disonestà, alla vita dissoluta e deviata, l’altra all’onestà, ad un’esistenza sana e pacifica. Due persone totalmente differenti che vivono nello stesso mondo e purtroppo, solo per questo motivo, paradossalmente hanno le stesse probabilità di sopravvivere o di essere eliminati dal malavitoso di turno. Però, da un lato, c’è uno per il quale vivere non vale molto, dall’altro uno per il quale vivere rappresenta la cosa più importante. Due quasi uomini provenienti da ambienti diametralmente opposti eppure entrambi, in costante pericolo: uno perché tenta di controllare le vite degli altri, l’altro, suo malgrado, controllato da quello come lui. C’è da chiedersi quanto conti la mitizzazione di personaggi mafiosi in libri e serie tv nell’aggravamento di una cultura già destabilizzata. Nessuno si preoccupa mai di mostrare l’altra faccia della medaglia, mentre sugli schermi si susseguono interminabili spot sulla malavita. Esiste un’altra Italia che, alle organizzazioni delinquenziali si oppone, ma nessuno si degna di raccontarla. Esistono storie di redenzione artatamente occultate, uomini in divisa che si battono per quattro soldi con un coraggio da leoni. Esistono eroi che hanno pagato a caro prezzo i loro ideali. E poi esistono bambini e ragazzi, studenti appartenenti a famiglie normali ed a famiglie a rischio che probabilmente avrebbero bisogno di stare insieme e di confrontarsi. Di incontrarsi e di essere spronati e magari di sentire raccontare storie non ingannevoli di una criminalità che non paga. Esiste una parte di umanità che vorrebbe sentirsi uguale agli altri. I social e la filmografia spesso contribuiscono, invece, a rafforzare idee sbagliate ormai diffuse nell’immaginario comune: il male appare sempre più affascinante e attrae irresistibilmente, mentre il bene appare sbiadito e poco interessante. Finché non avremo la consapevolezza di questo, continueranno ad esserci sempre più “Vincenzo” che rischieranno ogni giorno di essere uccisi e porteranno altrettanti “Manuel” a ringraziare di essere ancora in vita per poter continuare a sognare di rimettersi in piedi. Tutti capiranno qualcosa solo con “il senno di poi”. Finché nessuno proverà a costruire un “senno di prima”, la condanna sarà questa.

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