Non chiamatelo calcio

stadio olimpicoQualcuno ha scritto: giornalista “terrorista”. “Terrorista” perché continua a parlare ininterrottamente di ciò che si è verificato sabato sera all’Olimpico prima della finale di Coppa Italia, Fiorentina-Napoli. Dall’altra parte c’è l’immagine di Genny ‘a carogna in Curva Nord, a cavalcioni della vetrata, che parla con gli incaricati dell’ordine pubblico e il capitano del Napoli Marek Hamsik, autorizzando l’inizio della partita, che tarda ad avviarsi perché poco prima un altro tifoso del Napoli, Ciro Esposito, è stato colpito da un’arma da fuoco fuori dallo stadio. Una scena che ha fatto il giro del mondo. C’è poi l’aggravante di quella maglia indossata da Genny con scritto “Speziale Libero”, in sostegno al tifoso del Catania condannato per l’omicidio preterintenzionale dell’ispettore di polizia Filippo Raciti. In men che non si dica Gennaro De Tommaso, questo il suo vero nome, è diventato più famoso del Presidente del Consiglio, che paradossalmente era lì presente alla partita, ma non ha saputo (o non ha voluto) intervenire. “Sabato ho visto la morte della Repubblica in tv, sugli spalti c’era Genny ‘a carogna e Renzi era in tribuna. L’ebetino è Genny ‘a menzogna. Immaginate se allo stadio ci fosse stato Sandro Pertini: gli avrebbe lanciato contro la sua pipa, l’avrebbe cacciato a calci nel culo”, questo il commento di Beppe Grillo. Beppe Severgnini ha scritto un editoriale sul Corriere della Sera relativo incidenti all’Olimpico, suggerendo di trasformare le tribune e dintorni da arene per gladiatori estemporanei in salotti frequentati da signori perbene: “Abolire qualsiasi reticolato, transenna, ingresso separato, treno speciale, presenza massiccia delle forze dell’ordine… Lo stadio è una festa, e alle feste non si va scortati dalla polizia. I biglietti si acquisteranno in rete o al botteghino, senza formalità, come al cinema o per un concerto. Ma se qualcuno sgarra deve essere immediatamente fermato e punito. Come accade in una piazza o in un qualunque altro posto”. Un’ipotesi molto utopica e difficilmente attualizzabile almeno nell’immediato. Vittorio Feltri sul Giornale si domanda: “Mettiamo pure che sia possibile, in un ragionevole lasso di tempo, creare sugli spalti gli ambientini sognati da Severgnini. E se poi vi irrompono Genny ‘a Carogna e il suo seguito di descamisados pronti a spaccare tutto, inclusa qualche testa, che si fa? Li fermiamo immediatamente e li puniamo seduta stante? Già, ma come, se il progettino dell’editorialista prevede di escludere dalle gradinate la presenza massiccia delle forze dell’ordine? Provvede lui o sopraggiungono alcuni suoi amici a bloccarli e castigarli?”. Certo è che i numeri sembrano dare ragione a Feltri. Nell’ultimo campionato ben 114 partite sono finite con incidenti tra tifoserie, nello specifico scontri tra ultrà e forze dell’ordine. Durante l’ultima stagione sono stati impiegati 180.474 uomini (30mila in più rispetto allo scorso anno). La cifra degli arrestati è passata da 142 a 193, mentre quello dei denunciati da 1009 a 1571. Anche il numero dei feriti è cresciuto: 108 contro gli 88 dell’anno precedente; 138 fra le forze dell’ordine, 30 fra gli steward. (Fonte: Corriere della Sera). Insomma, cifre che fanno rabbrividire, soprattutto se si considera il fatto che stiamo parlando di personaggi che contribuiscono a rendere il calcio tutt’altro che una manifestazione sportiva e questo non dovremmo mai perderlo di vista. Oggi Genny ‘a Carogna ha ricevuto il Daspo (divieto di accesso alle manifestazioni sportive) per cinque anni, ma ciò non risolverà il problema della violenza negli stadi. Ci sarebbe da chiedersi: perché i tifosi, quelli che vanno alle partite prima di tutto per godersi lo spettacolo sportivo non organizzano una manifestazione con la pretesa di potersi recare tanto in tribuna quanto nelle curve senza nessun tipo di rischio? Finché non saranno gli stessi frequentatori degli stadi a reagire, difficilmente la situazione si evolverà in positivo.

Silvia Di Pasquale

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