Un nemico invisibile Dialogo fra un capitano ed il suo mozzo (seconda parte)

Nel testo a cura della Redazione di Huffington Post* del 24 marzo 2020 ho avuto occasione di leggere un messaggio ben centrato, rafforzato dall’inserimento di un brano, bello e toccante, il dialogo fra un capitano ed il suo mozzo, entrambi in quarantena a bordo di una nave**.

E’ un racconto in grado di dare non solo un volto alle nostre paure, ma anche una voce alla bellezza della vita ed alla speranza, della vita la radice più robusta.

Il mozzo non nasconde la propria paura, la sofferenza che nasce dal dover stare a bordo della nave, isolato dai propri affetti, dentro ore coatte, difficili.

Gli sono di peso il “non poter scendere a terra, il non poter abbracciare” i propri “cari”.

La risposta del capitano sottolinea, invece, la congruità nell’evitare “di infettare qualcuno” non in grado di “reggere la malattia”.

Se il mozzo conviene, è anche dell’avviso di sentirsi comunque “privato della libertà”, un fatto insopportabile.

La risposta del capitano, imprevedibile, paradossale, ma al tempo stesso saggissima, sollecita il mozzo a privarsi a sua volta di qualcosa.

Come se, per non sentire la mancanza delle cose, fosse, invece, necessario avere accesso solo a quanto è essenziale: è questo il succo di una precedente esperienza di quarantena che al capitano aveva consentito di imparare a vivere senza gli orpelli del superfluo.

“I primi giorni furono duri (…) Sapevo che dopo ventuno giorni di un comportamento si crea un’abitudine, e invece di lamentarmi e crearne di terribili, iniziai a comportarmi in modo diverso da tutti gli altri. Prima iniziai a riflettere su chi, di privazioni, ne ha molte e per tutti i giorni della sua miserabile vita, per entrare nella giusta ottica, poi mi adoperai per vincere.”

Come nei riti di passaggio, ai quali faceva cenno Arnold Van Gennep,*** “da un punto di vista sociale vivere(…) è un processo continuamente scandito dai movimenti di separazione e di aggregazione, di uscita e di entrata. Vivere è un continuo morire e rinascere”.

Lo conferma anche il capitano nella sua volontà di rinascita, forte nella tenacia e nella parsimonia: sobrietà nel cibo, per mantenere lo stato di salute, “depurazione da pensieri malsani”, impegno nella lettura di “almeno una pagina al giorno di un libro” di argomento non noto” e, non ultime, “profonde respirazioni ogni mattina”.

Attraverso un duro ma costante esercizio di disciplina il capitano condensa, importante, il monito a privarsi “di pensare (…) a ciò” di cui si sta facendo a meno.

“Acquisii tutte quelle abitudini nuove, ragazzo”, questo il commento del capitano al quale il mozzo chiede con trepidazione: “vi privarono anche della primavera?”

“Sì, quell’anno mi privarono della primavera, e di tante altre cose, ma io ero fiorito ugualmente, mi ero portato la primavera dentro, e nessuno avrebbe potuto rubarmela più”.

Riferimenti bibliografici

*https://www.huffingtonpost.it/entry/mi-privarono-della-primavera del 24/03/2020 letto l’1.04.2020

**N.d.R. Al momento il brano citato dalla redazione di HuffingtonPost in altri blog e siti è riferito far parte di un testo di C.G.Jung Il libro rosso Liber novus, Torino, Bollati Boringhieri, 2012.

Si prende atto che nella sua pagina Facebook Alessandro Frezza dichiara di esserne autore. facebook.com/alessandrofrezzascrittore/photos/ ***A.Van Gennep, I riti di passaggio, Bollati Boringhieri, Torino, 2012, pg.XVII

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