“STRADA FACENDO. IL LUNGO VIAGGIO DEL CARRO DI ERETUM”

E’ stata inaugurata a Rieti, venerdì 7 maggio e aperta al pubblico dall’8 maggio al 10 ottobre 2021 “Strada facendo. Il lungo viaggio del carro di Eretum”, la mostra del famoso carro sabino e sugli importanti reperti della tomba XI della necropoli di Colle del Forno, riconsegnati all’Italia dalla Danimarca dopo molti anni di rocambolesche vicissitudini.

La rassegna si sviluppa al piano terra di Palazzo Dosi Delfini, situato in piazza Vittorio Emanuele II a Rieti, edificio riservato dalla Fondazione Varrone che ha decisamente favorito l’attuazione del rientro del carro nella sua terra d’origine, la Sabina, per mezzo del Ministero della Cultura e soprattutto delle Soprintendenze territoriali, la ex SABAP per le province di Frosinone, Latina e Rieti, il cui territorio reatino è ora di pertinenza della nuova SABAP per l’area metropolitana di Roma e la provincia di Rieti e del Museo Nazionale Romano, nei cui laboratori è stato realizzato il restauro. Per la prima volta i reperti arrivati dalla Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen e quelli custoditi nel Museo Civico Archeologico di Fara in Sabina sono esibiti nella mostra curata da Alessandro Betori, Francesca Licordari e Paola Refice, con il progetto di allestimento di Daniele Carfagna.

Un itinerario espositivo caratterizzato da tre sale accompagna il visitatore nel passato fino al VII secolo a. C., con una colonna sonora originale, ci immergiamo attraverso la spiegazione in uno spaccato rilevante della città sabina, rievocato tramite i corredi funerari della stirpe del misterioso e potente principe di Eretum. Alla fine dell’evento, aspettando la definitiva collocazione nel museo di Fara, prevista per il 2022, è organizzata un’altra mostra al Museo Nazionale Romano, in cui i manufatti archeologici esposti a Rieti verranno raffrontati attraverso equivalenti ambienti di diversi contesti culturali. La rassegna presenta una rilettura di enorme suggestione dei pregiati reperti della Tomba XI, è stata prospettata appunto una differente interpretazione dell’intera tomba dei Carri della Necropoli sabina di Colle del Forno di Eretum, relativa all’attuale Montelibretti (RM).

La storia del carro di Eretum ha una felice conclusione, sottratto da tombaroli privi di scrupoli alla fine degli anni Settanta dalla Tomba XI della Necropoli di Eretum, rientra finalmente nella sua terra natia, in Sabina. Determinanti nei negoziati e nel coordinamento del rimpatrio, ma anche nelle operazioni di suggerimento e promozione delle attività propedeutiche per questo buon risultato, oltre al Ministero dei Beni Culturali menzioniamo la Fondazione Varrone, il Consiglio Nazionale delle Ricerche, il Comune di Fara Sabina, il Museo Nazionale Romano, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area Metropolitana di Roma e per la Provincia di Rieti. Il prezioso corredo funerario del principe sabino fu restituito all’Italia nel 2016 ma soprattutto per l’intervento dei carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale e per l’accordo fra Mibact e la Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen, prestigioso museo danese. I reperti più preziosi della Tomba XI della Necropoli di Colle del Forno derivanti dallo scavo illegale furono trasferiti all’estero dai noti trafficanti Robert Hecht con base a Parigi e Giacomo Medici, che li custodì nel porto franco di Ginevra, aspettando il compratore giusto. In quel periodo non essendoci in Danimarca proibizioni per l’acquisto di reperti archeologici di dubbia provenienza, gli importanti materiali bronzei, che erano stati intanto notevolmente ripuliti tanto da sembrare dorati, furono comprati attraverso un mediatore dalla Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen per un prezzo elevatissimo (c. a. 1265000 franchi svizzeri). Perciò il museo danese quando l’Italia li rivendicò, comprovando che erano stati trasportati all’estero in modo illecito, non voleva renderli e sono occorsi moltissimi anni di negoziati.

Il nome di Eretum risulta nella documentazione storica principalmente come area di alcune battaglie tra Sabini e Romani, avutosi tra l’età regia e i primi tempi della Repubblica; la città era ubicata alla frontiera con il territorio latino. Il centro abitato è stato scoperto sulle colline di Casacotta, Montelibretti, in virtù delle informazioni di antichi scrittori, convalidate dalle analisi e studi degli accertamenti archeologici. Sui rilievi vicini erano site le necropoli.

Lo scavo sistematico della tomba XI, isolata nei confronti delle altre sepolture e posta all’estremità sud – orientale del pianoro di Colle del Forno, fu eseguito nel 1972 dal Centro di Studio per l’Archeologia Etrusco Italica. Consisteva in una tomba di una famiglia di rango eccezionale, che aveva accolto usanze funerarie del tutto differenti rispetto a quelle, molto standardizzate, ritrovate nel resto della necropoli. La tomba XI, ancora in corso di studio, ha mostrato che la fondazione sia della prima metà del VII secolo a. C. e che l’utilizzazione si abbia fino all’epoca della romanizzazione, fine IV – inizi III secolo a. C.. La tomba sarebbe stata creata originariamente per un personaggio femminile di alto lignaggio, esistita due generazioni prima riguardo al principe titolare dei carri. Le componenti del suo corredo mostrano come sia stata onorata attraverso manufatti considerevoli, distintivi di sepolture femminili di alto rango di contesti culturali diversificati, il territorio aquilano e laziale. Nell’ultimo quarto del VII secolo a. C., la tomba XI ospitò i resti di una personalità, il possessore dei famosi carri. In base a un modello di rituale eroico, inconsueto in questo luogo, l’uomo venne incinerato e i suoi resti furono raccolti in una cassetta rivestita da lamine di bronzo decorate a sbalzo, riferibili a produzione etrusca di Cerveteri. Gli elementi distintivi del collocamento del “principe” evidenziano la corrispondenza a un modello culturale eroico, teso a evidenziare il duplice ruolo di capo politico – militare e religioso della comunità.

Ma chi era realmente il principe di Eretum? Il suo nome è principe perché dal preziosismo e dalla raffinatezza del suo corredo funerario, era chiaramente un personaggio insigne, un condottiero, qualcuno che doveva esser ricordato anche dopo la morte.

Il principe di Eretum ebbe nel suo corredo due carri di eccelsa esecuzione, riconducibili ad artigiani ceretani, cioè della città etrusca di Caere, l’antica Cerveteri, la cui notorietà nella lavorazione del bronzo si spingeva fino ad Atene. Ma al di là di questi rari status symbol, che ci conquistano per la creazione dei decori a sbalzo delle lamine con animali veri e fantastici, nella tomba erano presenti molti altri oggetti. Nell’ornamento del principe facevano parte una spada in ferro, una punta di giavellotto e un elmo in bronzo. Il corredo includeva anche un pregevole pendente ellittico di argento a cartiglio mobile con castone in ambra arricchito da un cerchio traforato in oro, del vasellame bronzeo e vasellame in ceramica e bucchero.

L’esposizione, dopo una presentazione storico geografica e la descrizione degli scavi nella necropoli di Colle del Forno, continua con la raccolta degli elementi archeologici della tomba XI, per primi quelli della iniziale protagonista femminile: cerchi bronzei relativi all’abbigliamento, un vassoio – incensiere di area sabina e un oggetto di area aquilana, poi il corredo del principe di Eretum con i carri e lo splendido pendente, all’interno di una vetrina con altri oggetti d’oro e per ultimi i materiali di età posteriore. Un pannello descrive i carri nella tradizione etrusco italica e una silhouette spiega la loro forma.

La ricostruzione del carro di Eretum del museo di Copenaghen non era totalmente veritiera, infatti riportava soltanto il carro da passeggio (calesse), mentre esattamente vi erano due carri: un calesse e un carro da guerra (carrus).

Riassumendo il carro di Eretum era una specie di carro a due cavalli, con l’abitacolo che contemplava la seduta del conducente. Le lamine in bronzo del carro o calesse appunto lavorate a sbalzo furono realizzate da artisti etruschi di Caeri e rappresentano immagini di uccelli, animali fantastici ma anche fiere esotiche come leoni e leonesse, uno degli esempi più significativi dell’arte tardo – orientalizzante dell’Italia centrale tirrenica. Considerato il grande valore decorativo delle lamine, probabilmente anche le ricche bardature equine erano riservate agli animali che trainavano il calesse. Sono presenti nella raccolta anche una coppia di rivestimenti bronzei delle testiere (prometopidia), dei collari e dei pettorali (prosternidia).

Tramite i rivestimenti in lamina bronzea di lunghi mozzi, muniti di testata in ferro con foro cilindrico per i bracci dell’assale, è stato identificato un altro carro, a due ruote. Ciò che rimane oltre ai mozzi da la certezza che la tipologia del mezzo riguarda un carro da parata, non idoneo a corsa veloce. L’abitacolo probabilmente era decorato da due terminali in bronzo fuso conformati a protome leonine, a tutt’oggi scomparsi nel mercato antiquario illegale.

Un elemento non appartenente alla tomba XI è un’anfora etrusco corinzia attribuita al Pittore della Sfinge Barbuta, che nelle decorazioni richiama alla memoria gli esseri mostruosi barbuti delle lamine bronzee, tema frequente nel VII – VI secolo a. C. nel contesto etrusco – italico, non si ha nozione precisamente del luogo d’origine.

La mostra di grande valore scientifico e archeologico, meritevole di risonanza internazionale, restituisce alla Sabina la dignità che merita attraverso la sua lunga e nobile storia offrendo al territorio una stimolante opportunità di crescita culturale.

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