Somnio, ergo sum

Lo incontro in un ambiente barocco che, con la sua pomposità, contribuisce a rendere surreale l’intervista con il personaggio schivo, riservato, a tratti timido, non avvezzo a stare sotto i riflettori ma, anzi, a posizionarci gli altri: Mauro Camattari, tanti titoli, tanti lavori, tante…medialità.

Emiliano, creatore e animatore con Marco Trani della Riccione fabbrica del divertimento di qualche decennio fa (ben prima del modello Ibiza e Miami), collaboratore del grande regista Gregory Colbert per poi spiccare il volo fino ad essere apprezzato da un mostro sacro della produzione come Terrence Malik. Oggi creatore di favole, cioè di eventi multimediali che grazie alla sua regia restituiscono il mondo incantato dei fanciulli agli adulti.” Mai smettere di sognare”, le sue prime parole.

“L’arte è un dono e saper gestire l’arte è una fatica. Regia? Cercare cose per crearne altre”. Aforismi tecnici? No, filosofia di vita. È difficile cogliere la differenza tra l’uomo, Mauro, e il regista Camattari. Riunisce gli artisti (attori, cantanti, ballerini, ma anche letterati, filosofi…) e ne coordina, con molta umiltà e riconoscendone il valore, le azioni davanti alla cinepresa. Il valore aggiunto di Camattari è dare loro un linguaggio unico che consenta l’aggregazione non solo dei singoli artisti ma anche delle varie arti. Crea quella che Paolo Brancone (insegnante di Lighting Design all’Università di Bologna) definisce “grammatica delle arti”. E non è un caso che tale definizione provenga da un esperto di luci: il mondo di Camattari è un mondo visivo. Si definisce un visionario, nel senso che ogni sua attenzione è rivolta a ciò che vede. Gli occhi sono vivi e saettanti, colgono ogni oggetto che passi loro davanti, rubano anche emozioni, forse.

Umiltà, una parola che Mauro associa a merito. Il merito deve essere l’unico denominatore che favorisca il successo di un regista, come accade negli Stati Uniti. Non contano le amicizie, non conta la politica, neppure in una città “rossa” come Bologna nella quale vive. Immerso nel suo mondo, un mondo assoluto, fatto di visioni, umiltà, merito, arti, amore. Un mondo delle idee di memoria platonica, osando un paragone impossibile ma non troppo.

Formato dai salesiani, passando per il dissoluto mondo delle discoteche romagnole (gestirà anche delle discoteche in proprio), torna in ambiente cattolico in età matura: produce, e ne dirige la regia, “Credo” e “I Dieci Comandamenti in chiave moderna”, cortometraggi commissionati dalla Conferenza Episcopale Italiana. L’incontro con Marco Tibaldi, teologo gesuita laico che gli parla di religione con un linguaggio accessibile (“da bar”, testuale), gli consente di considerare testi sacri da reinterpretare in chiave moderna ma, soprattutto, con una comunicazione più attuale e proiettata per certi versi nel futuro. Non basta per riacquistare la Fede, ma è un processo in itinere, che non ha termine ma neanche vincoli e preclusioni. Nel frattempo, mentre continua il viaggio multimediale, non disdegna regie illustri per eventi di Gigi d’Alessio, Patti Pravo, I Nomadi, Andrea Bocelli …nonché una consulenza prestigiosa per la cerimonia inaugurale delle Olimpiadi di Pechino,

I suoi sogni? Intanto continua a sognare con la sua creatura bolognese, FavoleLab, un cantiere perennemente aperto che riunisce professionisti della multimedialità votati a creare eventi e a formare nuovi comunicatori. Da un anno FavoleLab sta cercando di riportare agli antichi fasti il Premio Lunezia, festival canoro e letterario carrarese che dominava il panorama italiano della cultura musicale fino a qualche anno fa.

Provo a scalfire per l’ultima volta la corazza indossata da Mauro riguardo alla sua vita privata, ottenendo una risposta che mi convince sempre più di avere di fronte un artista ancor prima di un uomo. Il suo desiderio più forte nella vita è produrre un film, “d’autore”, che renda la sua firma riconoscibile da tutto il mondo e in ogni tempo. E secondo me, quel momento non è troppo lontano…

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