Scusate il francesismo

È in voga da qualche tempo giustificare una propria espressione volgare con l’affermazione: “Scusate il francesismo!”. Costituirebbe, l’espressione, una sorta di panacea che cancellerebbe la volgarità delle proprie parole appena proferite e, contemporaneamente, accrediterebbe le stesse di un fascino snob attribuito alla lingua in uso oltralpe. Le due presunzioni, a mio parere, sarebbero tutte da dimostrare. Innanzitutto i francesi, pur con i nobili precedenti del Visconte di Cambronne, non sono ‘parolacciari’ generalizzabili, non tutti si esprimono in ogni momento della loro vita come scaricatori di porto, ammesso che anche questi tengano esclusivamente un linguaggio non edulcorato. Per quanto antipatici calcisticamente, per la rivalità che ci lega da tanti anni, i francesi costituiscono un popolo valoroso nella storia, foriero di movimenti culturali e artistici che hanno spesso influenzato l’intero globo. Perché addossare loro anche questa colpa, oltre all’averci sottratto titoli calcistici e fette di mercato di vini e formaggi?

Poi… si potrebbe forse pensare che lo charme francese possa sanare una greve battuta tutta italiana? Il vero problema non è come recuperare a una caduta di stile con un’affermazione, per così dire, scomposta, ma fare in modo che venga meno, a priori, il linguaggio volgare, una delle piaghe trasversali del nostro tempo.

Non per sembrare più anziano di quanto sia… ma avverto da qualche anno un’accelerata nella scurrilità del linguaggio, soprattutto tra i giovani. È comunque un’abitudine democratica, che non conosce differenze di censo, di cultura, di sesso, di età, di religione e di tifo sportivo. Spesso, però, viene favorita e interpretata come insulto da talune circostanze, come il traffico stradale. I miei tre lettori, forse coevi, se ne saranno abbondantemente accorti, ancor più se frequentano anch’essi le vie della capitale. Non potranno non convenire con Gigi Proietti quanto all’epiteto principe, al quale è impossibile rinunciare davanti a manovre azzardate di automobilisti maleducati e incoscienti…

L’insulto di per sé non comporta generalmente un reato, infatti il vecchio art. 594 del Codice penale è stato abrogato con D.Lgs. n.7/2016, ma le conseguenze possono essere pesanti in sede civile, prevedendo il decreto citato un risarcimento economico per la persona offesa. In tal caso è previsto, quindi, uno ‘sfruttamento’ della Legge da parte lesa, pur se l’epiteto proferito sia conseguente a una induzione esercitata dalla stessa ricorrente.

Non bisogna, però, sottovalutare, a mio parere, l’effetto socializzante della parolaccia/insulto, laddove la stessa costituisca un mezzo per avvicinare i due protagonisti dell’evento dialettico: da una parte il dante, dall’altra il ricevente. Sicuramente non risolverà l’altro problema più pressante della nostra società, il senso della solitudine, ma certamente contribuirà a ridurlo avvicinando in forma coatta l’anima de li…ops, le anime vaganti del mondo. Scusate il romanismo e… vive la France!

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