SOLFITI: TUTTO QUELLO CHE BISOGNA SAPERE.

I solfiti sono dei composti chimici a base di zolfo (da cui il nome) e cioè anidride solforosa (SO2) usata allo stato gassoso o liquido e altri sali inorganici (solfito, bisolfito e metabisolfito di sodio, di calcio e di potassio) aggiunti ai cibi come conservanti poiché rallentano e proteggono i prodotti dal deterioramento messo in atto dai microrganismi presenti. I solfiti hanno anche un’azione sul colore: agiscono come sbiancanti e inibiscono le reazioni enzimatiche e non enzimatiche che portano a un imbrunimento del prodotto. In Italia gli alimenti più trattati con i solfiti sono il vino e la frutta secca.

Parliamo adesso dei solfiti nel vino. Il vino è l’unico prodotto alimentare di cui non si devono riportare gli ingredienti in etichetta e, per quanto riguarda i solfiti, non è neanche obbligatorio riportarne la quantità in etichetta. Questo non significa che non ci siano dei limiti stabiliti per legge. Nel 2005, infatti, l’Unione Europea ha reso obbligatoria la dicitura “contiene solfiti” sulle etichette di molte bottiglie di vino quando la presenza nel prodotto finale supera i 10 mg/l perché, essendo allergeni, i solfiti possono provocare allergie. In Italia il limite di legge è di 160 mg/l per i rossi, 210 mg/l per i bianchi e i rosati e 400 mg/l per i vini dolci (con deroghe che permettono allo Stato di elevare il valore massimo in annate sfavorevoli).  I solfiti, inoltre, si trovano in misura maggiore nel vino bianco rispetto a quello rosso perché si deteriora più facilmente e, tendenzialmente, più un vino è dolce, più ne contiene (dato che i vini dolci, non avendo trasformato tutti gli zuccheri in alcol, hanno la tendenza a continuare a fermentare).

Secondo i calcoli dell’Unione Italiana Vini, “un uomo di 70 kg ha una dose giornaliera ammissibile di 49 mg di anidride solforosa e può bere in un giorno una bottiglia di un vino rosso di qualità, contenente al massimo 50 mg/litro di anidride solforosa. In ogni caso, la dose di solforosa assimilata è sottostimata, poiché, oltre al settore enologico, l’anidride solforosa e i suoi derivati vengono impiegati come additivo in molti campi alimentari e si trova in molti cibi che ingeriamo assieme al bicchiere di vino” – scrive la UIV. 

Ma quali sono gli effetti indesiderati dei solfiti? Mal di testa, cefalea, emicrania, orticaria, prurito nei soggetti sensibili; reazioni allergiche anche a basse dosi soprattutto nei soggetti asmatici; nausea, vomito, vampate di calore, ipertensione ecc. ma non solo: l’anidride solforosa è connessa all’azione degradativa a carico della vitamina B1, la cui carenza nell’uomo può provocare significative alterazioni a carico del metabolismo degli zuccheri (diabete).

Uno studio scientifico pubblicato recentemente ha inoltre rilevato come i solfiti siano in grado di danneggiare i batteri benefici presenti nell’intestino umano. Questi batteri sono importantissimi per i processi metabolici e per la risposta immunitaria dell’organismo e quindi una loro alterazione potrebbe far sviluppare diverse malattie. Nella ricerca in questione, condotta dalla Pusan National University in Corea, sono stati valutati gli effetti dell’assunzione di solfiti anche a dosi inferiori a quelle considerate sicure dalle Agenzie internazionali su quattro importanti specie di batteri benefici intestinali, ed è stata evidenziata la loro diminuzione a causa di questi conservanti.

E’pur vero che tante volte la sensazione di cerchio alla testa dopo aver bevuto vino può essere causata dai tannini ed altre sostanze presenti in esso, oltre che alla sua cattiva qualità o all’esagerazione nelle bevute… è quindi buona norma bere con moderazione dei vini buoni e bere soprattutto anche acqua.

nel vino biologico ci sono solfiti? Certamente sono presenti in misura minore: soprattutto in Italia, spesso i produttori bio ne adoperano meno di quelli consentiti dalla normativa europea. Il disciplinare biologico prevede le soglie di 100 mg/l per i vini rossi, 100 per i bianchi, 120 per i vini dolci.

E i vini senza solfiti? Più che senza solfiti è corretto parlare di vini senza solfiti aggiunti. Va comunque fatta una precisazione: l’assenza di solfiti non garantisce di per sé la genuinità del prodotto e inoltre l’uva può generare autonomamente solfiti e anidride solforosa durante la fase di fermentazione alcolica, effettuata dai lieviti presenti sulla buccia dell’uva, in cui il “succo d’uva” si trasforma in vino. Tuttavia ciò può avvenire in minima parte (solo fino ad un massimo di circa 40 mg/l). Quanto detto dimostra che i solfiti nel vino sono quasi sempre presenti – anche se negli ultimi anni parecchi produttori di nicchia hanno sperimentato e proposto il vino “senza solfiti”. La dicitura “senza solfiti” è rara, poiché significa che tali sostanze sono del tutto assenti. Quando in etichetta non c’è nessuna dicitura, significa che i solfiti possono essere presenti fino a un massimo di 10mg/l. In tutti gli altri casi, si leggerà: “Contiene solfiti”. 

Conclusione: non tutti i vini senza solfiti possono definirsi “vini naturali” anche se questi ultimi hanno sicuramente una bassa quantità di solfiti.

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