“DI PAOLO PORTOGHESI. SGUARDO, PAROLE, FOTOGRAFIE”, L’ESPOSIZIONE A ROMA NELL’ACCADEMIA NAZIONALE DI SAN LUCA.

“La mia filosofia della progettazione è la natura. Capire le forme della natura. La forma che noi diamo alla materia dell’architettura ne riassume completamente la funzionalità, l’estetica e il suo messaggio simbolico. Tuttavia queste forme della natura non possono essere imitate, devono essere capite”. Dichiarava Paolo Portoghesi.

Paolo Portoghesi, studioso, storico dell’architettura, docente universitario e uno dei più grandi esponenti posmodernisti, si è spento a maggio di quest’anno all’età di 92 anni.

Nato a Roma nel 1931, includeva alla capacità di storico e di critico anche quella di progettista creatore, dissentendo con molteplici personalità della cultura architettonica italiana, da Zevi a Benevolo a Tafuri, asserendo il bisogno di ridare spazio alla tradizione considerata come incentivo all’innovazione.

L’importante architetto ha realizzato il suo primo libro dedicato a Francesco Borromini all’età di 16 anni e ha pubblicato il primo volume su Guarino Guarini nel 1956, prima di laurearsi in architettura, proseguendo da quell’epoca a studiare tale materia come mezzo basilare per valutare il presente e costruire il futuro.

Tra i primi si è occupato dell’architettura e della città barocca, pubblicando nel 1966 la prima edizione del libro: “Roma barocca”.

L’esposizione: “di Paolo Portoghesi. Sguardo, parole, fotografie” nell’Accademia Nazionale di San Luca, visitabile fino al 4 novembre, curata e organizzata da Francesco Cellini, Vice Presidente e Laura Bertolaccini, Vice Segretaria aggiunta dell’Accademia, rappresenta il motivo per iniziare a pensare all’eredità di un personaggio tanto rilevante per la cultura internazionale.

La rassegna, determinata dall’alto Patronato del Presidente della Repubblica italiana è infatti l’inizio di una valutazione della sua architettura; ricordiamo che fu anche accademico dal 1966 e Presidente dell’Accademia nel biennio 2013-2014.

Esposti uno scritto eseguito da Paolo Portoghesi all’età di soli 16 anni e 72 fotografie selezionate dall’enorme archivio di foto di studio scattate dall’architetto dalla metà degli anni Sessanta per la sua prima analisi critica su Francesco Borromini, come celebrazione della sua passione per il movimento barocco.

Il percorso espositivo si focalizza sulla giovinezza del Maestro e sulle origini che avrebbero condizionato la sua vita e la sua attività.

In dettaglio si esamina un testo scritto dall’architetto all’età di soli 16 anni, come già citato, tale libro intitolato “Paolo Portoghesi: di Francesco Borromini”, rappresenta il fondamento della mostra.

Nel volume autoprodotto intorno al 1947, Portoghesi esplica la sua “mostruosa passione per le parole, per la combinazione delle parole, per ogni cifra che dai sensi arrivi ad esaltare l’oscura presenza del nostro invisibile”, passione che lo accompagnerà per tutta la sua esistenza.

Insieme alle parole colloca alcune fotografie “rubate (sic!), è ancora Portoghesi ad avvisare il lettore, per ogni dove e senza alcun scrupolo”, con didascalie che rivelano l’interiorità del giovane autore.

Presentate appunto 72 fotografie in bianco e nero, tratte da negativi in formato 6 x 6, scattate dall’insigne architetto per la prima edizione di “Roma barocca” (1966), proprie del percorso storico-critico che il Maestro cominciò dalla prima metà degli anni Sessanta.

Nei fotogrammi in maggioranza inediti sono riprodotti i lavori di Francesco Borromini, da Sant’Ivo alla Sapienza a San Carlo alle Quattro Fontane; e poi ancora San Giovanni in Laterano, la Casa dei Filippini, Sant’Agnese in Agone, Palazzo Falconieri, il Collegio di Propaganda Fide, fino ad arrivare alla Chiesa di Sant’Andrea delle Fratte. Tutte scattate con la Rolleiflex o con una Hasselbland, macchine fotografiche facili da usare che gli consentivano di potersi arrampicare da qualsiasi parte, ci riferiamo infatti a immagini distanti dalla staticità della ripresa con cavalletto.

La magnificenza del Maestro che si vuole evidenziare in questa rassegna, è l’insuperabile capacità di raccontare architetture e città variando il punto di vista come negli scatti di sotto in su o viceversa, dando potenza aggiuntiva alla ricchezza barocca, mediante la propensione per le ombre ed i contrasti chiaroscurali.

Gli scatti non sono mai fortuiti: alcuni replicati nel tempo fanno risaltare sempre la scoperta di particolari.

Una analisi fotografica “rivoluzionaria” che cambiò completamente il punto di vista delle anteriori campagne fotografiche su Francesco Borromini e l’architettura barocca, da Alinari a Anderson, per terminare con i fotografi di Munoz, Moscioni e Sansaini, conducendo il visitatore dentro l’architettura con Paolo Portoghesi, la cui ombra è presente in alcuni scatti, i più audaci.

Attraverso gli scatti di Paolo Portoghesi, ripercorriamo la storia architettonica delle opere di Francesco Borromini all’interno del suo illustre volume: “Roma barocca”.

Nella Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza, “la cupola, attraverso l’inclinazione delle sottili costole convergenti nel cerchio della lanterna sembra conchiudere in dimensioni afferrabili l’organismo, ma le catene ritmiche di stelle che si rimpiccioliscono e la corona di cherubini e l’immagine finale dello Spirito Santo sul soffitto della lanterna suggeriscono in contrasto altezze insondabili”.

Nella Chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane: “pur nelle forme semplificate l’obiettivo è quello di una immagine intensa basata sull’uso di toni altissimi. Con un circuito ottagonale di colonne abbinate, Borromini definisce ambiguamente uno spazio raccolto e continuo in cui esterno ed interno dei porticati entrano in colloquio attraverso la morbidezza di sfumato dei trapassi di luce e ombra, resa possibile dalla varia collocazione delle colonne e dalla frequenza dei fusti tondeggianti”.

Nella Casa dei Filippini: “la giacitura urbanistica come sfondo della via dei Banchi, una strada che gli era familiare perché lì si trovava la casa di Carlo Maderno, suggerì l’idea di una torre, destinata ad ospitare un grande orologio pubblico. Il volume verticale della torre trova continuità nella facciata sottostante per la potente indicazione verticale delle fasce che stabiliscono un primo grandioso ritmo di partizioni. …. e, sull’effetto dei lievi graduati scatti di superficie, imposta l’argenteo gioco chiaroscurale piegando il sistema manieristico del collegio romano a nuove combinazioni ritmiche”.

“Per Innocenzo X Borromini trasformò l’originario impianto rainaldiano della chiesa di Sant’Agnese; non tanto all’interno dove accettò con poche varianti la pianta originaria mutandone solo, ma radicalmente, le proporzioni; quanto nella facciata verso la piazza”.

A Palazzo Confalonieri: “sembra guidato addirittura da una volontà mimetica. La facciata su via Giulia reca la sua impronta nelle soluzioni angolari ma deriva dalla fedele continuazione, nell’ampliamento da lui realizzato, nell’originario edificio cinquecentesco. ……. Per il resto l’attenzione si concentra sul tema del delicato ritmo binario delle facciate e sulla decorazione dei soffitti delle sale intessuti di motivi araldici, naturalistici, emblematici trattati con rigorosa sensibilità metrica”.

Nella Chiesa di Sant’Andrea delle Fratte: “….. all’esterno con il tiburio, il campanile e la nuda sporgenza absidale, giovandosi anche dell’immediata vicinanza della sua facciata del Collegio di Propaganda Fide, egli riuscì a realizzare quello che può considerarsi il più intenso e vitale dei suoi interventi in scala urbanistica”.

Spiega Francesco Cellini nel catalogo della esposizione: “all’esplorazione sensibile, ottica e fotografica delle cose e delle materie è implicita un’esplorazione interiore, della propria memoria, di quel che condividiamo con gli altri, nel nostro profondo, del sé, o se si vuole “dell’oscura anima”.

La rassegna è accompagnata da un catalogo pubblicato per le edizioni dell’Accademia Nazionale di San Luca, nel quale oltre alle riproduzioni delle fotografie presenti, è per la prima volta esibito totalmente il testo principale dell’opera “Paolo Portoghesi: di Francesco Borromini”.

Tutte le fotografie e le riproduzioni del libro mostrate o pubblicate nel catalogo sono state donate gentilmente da Giovanna Massobrio Portoghesi”.

La mostra: “di Paolo Portoghesi. Sguardo, parole, fotografie” è il primo di una serie di appuntamenti che l’Accademia di San Luca vuole rivolgere all’eminente architetto.

L’esposizione dà agli spettatori la possibilità di comprendere ancora di più la visione di Paolo Portoghesi e la sua partecipazione all’arte e alla cultura internazionale per risvegliare così la nostra sensibilità, riflessione e contemplazione tramite l’intensità delle sue creazioni.

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