“NAPOLI OTTOCENTO”, IN MOSTRA ALLE SCUDERIE DEL QUIRINALE IN ROMA.

“Napoli l’illustre le cui vie percorsi più di un anno, d’Italia gloria e ancor del mondo lustro chè di quante città in sé racchiude non c’è nessuna che così l’onori. Benigna nella pace e dura in guerra, madre di nobilitade e d’abbondanza dai campi elisi e dagli ameni colli”. Miguel de Cervantes, scrittore, romanziere e poeta.

Le Scuderie del Quirinale ospitano “Napoli Ottocento. Degas, Fortuny, Gemito, Mancini, Morelli, Palizzi, Sargent, Turner”, una grande ed entusiasmante mostra, visitabile dal 27 marzo al 16 giugno, a cura di Sylvain Bellenger, Jean-Loup Champion, Carmine Romano e Isabella Valente.

Il progetto espositivo è stato organizzato dalle Scuderie del Quirinale e dal Museo e Real Bosco di Capodimonte in collaborazione con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, la Direzione Regionale Musei Campania, l’Accademia di Belle Arti di Napoli e la Stazione Zoologica Anton Dohrn. L’evento è inoltre accompagnato da un ricco catalogo Electa.

La rassegna riassume la molteplice produzione culturale di Napoli. Essa accolse artisti provenienti dall’intera Europa e dagli Stati Uniti con le più giovani scuole nordamericane, giunti per ammirare e ritrarre i resti archeologici di Pompei ed Ercolano, il mare, le montagne, le isole di Capri, Ischia e Procida, la costiera amalfitana e sorrentina, il Vesuvio, il paesaggio campano, la magnificenza dell’arte e dell’architettura partenopea, con le contraddizioni di una città difficile ma caratterizzata da un fascino unico al mondo.

L’esposizione presenta al pubblico una selezione di 250 capolavori, fra dipinti, sculture, arti decorative, storia e scienza, chiare dimostrazioni di una tradizione realmente secolare e vivissima, integrata totalmente nella nostra cultura contemporanea.

In ogni sala, colori, luoghi e protagonisti si susseguono mediante uno straordinario viaggio riguardante il capoluogo campano, la mostra infatti esalta le differenziazioni stilistiche di veduta e di interpretazione dei numerosi artisti in relazione a tale soggetto.

“Tutto ciò che è in grado di suscitare idee di dolore e di pericolo, tutto ciò che è in qualche modo terribile è una fonte di sublime cioè capace di suscitare l’emozione più forte che l’anima possa provare”. Edmunde Burke, indagine filosofica sull’origine delle nostre idee di sublime e di bello. 1757

Lo scenario spesso presente della mostra è il Vesuvio in eruzione, il più grande vulcano della città, interprete principale partendo dallo scalone di ingresso. Sono presentate infatti le suddette immagini intese come sintesi di due termini: il sentimento del sublime che discende dallo spettacolo della potenza spaventosa della natura e la violenza materica del paesaggio lavico trasformato in bellezza.

La riscoperta del genere paesaggistico, considerato all’epoca accademicamente minore, e della pittura En Plein Air conforme alla contemporanea Scuola di Posillipo, diretta dal Maestro olandese Anton Van Pitloo, che soggiornò e si spense a Napoli, ebbe il merito di tradurre dinamicamente la visione della natura, un rinnovamento formale che condizionò Giacinto Gigante ed altri pittori partenopei.

Tra i più celebri artisti John Singer Sargent che nel 1878 va a vivere a Napoli e a Capri, lavorando nello studio di un amico nel monastero di Santa Teresa, in esposizione Ragazza di Capri sulla terrazza. Di Mariano Fortuny, uno dei più insigni pittori europei dell’Ottocento I flauti di Pan che avrebbe ispirato Francesco Paolo Michetti. Ancora mostrata la fantastica veduta della città di Adriano Cecioni in prestito dagli Uffizi.

Filippo Palizzi è autore nell’evento di moltissime e spettacolari composizioni fra cui: Dopo il diluvio, (1864) e Tenuta Reale di Carditello, (1851), entrambi oli su tela.

Egli fu membro di una famiglia di artisti di talento ed ebbe negli anni Cinquanta dell’Ottocento la funzione di innovatore della pittura italiana, visitò frequentemente le Esposizioni Universali parigine entrando in contatto con gli artisti di Barbizon.

Ciò accrebbe il suo interesse per il rapporto tra luce e ombra, una pittura affine ai Macchiaioli toscani piena di forma e significato, un ribaltamento dell’ideale nel reale sulla base delle audaci teorie di Francesco De Sanctis che favoriva le istanze civili e risorgimentali. Una pittura vigorosa dove il paesaggio si eleva a protagonista assoluto.

Dalla metà del Settecento documenti e libri illustrati descrivono i ritrovamenti che convogliano artisti e intellettuali di tutta Europa nel capoluogo campano per vedere le città sepolte: è il Grand Tour che con i resti archeologici di Pompei, di Ercolano e delle città vesuviane fa riscoprire Napoli, Ischia, la costiera amalfitana, la Campania.

“Qui natura, poesia e storia competono in grandezza”, scriveva Madame de Stael in “Corinne ou l’Italie”.

E sono realizzate anche le produzioni di copie in bronzo e in ceramica di oggetti provenienti dagli scavi, come souvenir della Grecia da portare a casa al ritorno in patria.

“Amo questa Grecia al di sopra di tutto. Essa porta il color del mio cuore. Ovunque si guardi, giace sepolta una gioia”. Friedrich Horderlin

Nella grande tradizione archeologica e letteraria tedesca, la Grecia si identifica come il mito di un paradiso perduto. Sulle tracce di Goethe molteplici artisti, scrittori e scienziati sognano Napoli come un mondo che sfugge alla condotta conformista puritana dell’Europa vittoriana e bismarckiana. La Grecia è privata dalla caratteristica di luogo geografico e diventa un topos intellettuale in cui Pompei e la Campania felix sono l’ultima espressione.

La concezione panteistica della natura confluisce in pittori e scultori come Hans von Mareés e Adolf von Hildebrand che accompagnano il discepolo di Charles Darwin, Anton Dohrn, arrivato nella città partenopea per ritrovare nel mare del suo golfo l’origine della vita.

Numerose le stampe esposte del barone Wilhen von Gloeden (1856-1931), che fu uno degli eroi dei Maestri tedeschi dell’Ottocento che vedevano nell’Italia meridionale il mito di un’ideale Grecia perduta, libera da ogni tabù.

Ricordiamo: Ragazzi napoletani su uno scoglio, Due giovani con nastro sulla testa accanto al pozzo di Villa Barbaja a Napoli, Pietro di Napoli drappeggiato e con corona di vite in testa a Posillipo, e altre ancora.

Capitale italiana dell’illuminismo, Napoli nel XIX secolo diviene anche un’importante metropoli scientifica, sede divina fra le più antiche università italiane, della prima scuola di lingue orientali in Europa, del primo museo di mineralogia, uno dei primi osservatori scientifici.

La videoinstallazione Affreschi digitali dell’artista napoletano Stefano Gargiulo (Kaos Produzioni), restituisce le peculiarità della Stazione Zoologica che fu il primo centro di studio oceanografico in Italia, voluta da Anton Dohrn, in cui rappresentazioni scientifiche della fauna marina si sovrappongono alle decorazioni di

Hans Von Marées e Adolf Hidebrandt, ancora nell’odierna biblioteca e rivolte al gusto neo-ellenistico prediletto dagli artisti tedeschi del periodo.

Napoli nell’Ottocento padroneggia artisticamente soprattutto con il realismo, con cui si allontana da valori spirituali, morali e religiosi. Nel novembre del 1894 Emile Zola va nella città partenopea per incontrare Matilde Serao che aveva pubblicato Il ventre di Napoli. Nel sud Italia si manifesta una nuova vivacità anche nella scrittura con personaggi del livello di Benedetto Croce, Giovanni Verga, Luigi Capuana, Francesco De Sanctis.

Nel XIX secolo si determinò la scienza della storia e lo sviluppo nei trasporti e nei viaggi come l’apertura del Canale di Suez nel 1869 accrescendo la creatività dei pittori. E a Napoli prende forma l’orientalismo.

“Il Vangelo mi seduce con la calma e l’umiltà e nell’oriente trovo più arte e meno artifizio”. Morelli a Pasquale Villari, 1872.

Il fascino pompeiano e l’orientalismo neo-greco ebbero una elevatissima influenza sulla inventiva di Domenico Morelli, artista e politico dotato di un realismo pittorico anticonvenzionale. La sua pittura infatti, attraverso modelli neo-seicenteschi fonde efficacemente verismo e tardo romanticismo con un misticismo religioso e soprannaturale, un artista libero e geniale. Tra le sue più belle composizioni presenti Donna con ventaglio (1874), olio su tela.

“Conservava anche impressioni e ricordi di Napoli che gli piaceva rievocare, parlava il napoletano con volubilità e con l’accento più autentico a volte cantando i rammenti di canzoni popolari come si cantano agli angoli delle strade”. Paul Vatéry

Il noto pittore Edgar Degas, di origini partenopee da parte di padre, parlava correttamente la lingua napoletana, appresa nella città durante la sua infanzia e giovinezza. Il Maestro mediante la sua adesione al movimento realista rifiutò categoricamente l’etichetta di proto-impressionista.

In virtù dei significativi prestiti come quello del Musée d’Orsay, dell’Art Institute di Chicago e del Cleveland Museum of Art, gli spettatori contempleranno riuniti in rassegna cinque famosi capolavori del Degas napoletano fra cui la Veduta di Castel Sant’Elmo da Capodimonte del Fitzwilliam Museum di Cambridge, rarissimamente mostrata.

“Scultore Gemito domina con tutta la grandezza dell’animo, con tutta la forza delle mani, la materia”. Alberto Savinio. “Narrate, uomini la vostra storia”, Bompiani, Milano 1942.

Vincenzo Gemito primeggiò nella scultura eseguendo opere con quel verismo e quella bruttezza che ebbe in tali anni molta risonanza conquistando la critica internazionale. Il suo autorevole Pescatorello, esposto nel 1878, ottenne un grandissimo consenso di pubblico a Parigi, riflettendo il suo estro e genialità di autodidatta e la sua insita preferenza per le raffigurazioni dei monelli e degli scugnizzi. Una scultura di grande valore artistico, potente e sentimentale, nostalgica e sensuale caratterizzata da una chiara influenza ellenistica inserita in concetti in chiave contemporanea.

Vincenzo Gemito fu amico di infanzia di Antonio Mancini, con cui ebbe in comune una giovinezza indigente e problematica, contenuto frequente nella sua prima produzione.

Mancini fu allievo di Domenico Morelli, di Filippo Palizzi e di Stanislao Lista. Nel primo quarto del XX secolo il Maestro al culmine della sua notorietà internazionale “consente alla materia grezza di entrare nei suoi dipinti; è la materia, prorompente, invasiva e privata di forma che si fa oggetto stesso dell’opera,

sostituendosi al soggetto ritrattato”. Scelta che fu celebrata alla Biennale di Venezia del 1926, dove la Dama in rosso, in “Napoli Ottocento”, venne salutata dal pittore Carlo Carrà come “un vero capolavoro di potenza plastica e di armonia cromatica”.

La materia di Mancini descritta dai critici: “putrescenza radiosa, diamanti, spore, succo vitale, trilli di luce, niagara di colore, delirio cosmico lava, bava”. Dario Cecchi, Mancini, Torino 1966.

E’ la materia stessa che diviene modello della pittura e della scultura, cancellando le differenze tra l’una e l’altra tramite effetti fortemente materici che sono all’interno soltanto nelle creazioni di Medardo Rosso, anticipando di molti decenni quelle qualità specifiche della stagione “informale” del dopoguerra in artisti come Lucio Fontana o Alberto Burri.

In esposizione il Cretto Nero (1973), appunto di Alberto Burri, che trasforma la materia frantumata, macchiata, lacerata, arrugginita o bruciata.

“La mostra è il prodotto di un’infaticabile lavoro di selezione e ricerca da parte del team curatoriale e organizzativo: un grande tributo alla civiltà figurativa napoletana, alla sua perdurante vitalità, alla sua ineguagliabile capacità di seduzione nei confronti dell’Europa intera e non solo”, dichiara Matteo Lafranconi, Direttore delle Scuderie del Quirinale.

Tantissime sono state le rassegne già avvenute dedicate all’Ottocento napoletano, ma ciò che differenzia l’esposizione è appunto il suo carattere internazionale che vede dialogare opere di artisti napoletani con opere di artisti europei.

Le Scuderie del Quirinale, inoltre, realizzeranno un progetto speciale: Viaggi nello spazio e nel tempo, un ciclo di quattro brevi documentari. Si partirà dall’inaugurazione della prima linea ferroviaria italiana Napoli-Portici del 1839 fino alla direzione artistica di Saverio Mercadante del Teatro San Carlo del 1840 e dall’inaugurazione della Stazione Zoologica Anton Dohrn nel 1872 all’Esposizione Nazionale di Belle Arti nel 1877. I filmati saranno visibili a partire dal mese di maggio sul canale You Tube dedicato.

“Napoli Ottocento. Degas, Fortuny, Gemito, Mancini, Morelli, Palizzi, Sargent, Turner”, è un evento di altissima qualità, un percorso incredibile nella Napoli protagonista di un secolo pieno di manifestazioni e catastrofi. Essa ricorda la bellezza e la vitalità di una favolosa città, offrendo al pubblico la possibilità di ammirare capolavori di inestimabile valore artistico e storico.

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