IL MAUSOLEO DEI PLAUZI A TIVOLI E IL SUO RESTAURO

Il Mausoleo dei Plauzi, è uno dei siti archeologici più rilevanti di Tivoli, un’antica torre circolare del I secolo d.C..

Ubicata non molto lontana dalla Villa di Adriano, Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco, questo mausoleo, con il Ponte Lucano, costituisce l’accesso dell’antica Tibur Superbum. L’edificio di epoca augustea, è uno dei monumenti più famosi e significativi della campagna romana, è stato studiato da architetti sin dal XV secolo e ritratto dai maggiori pittori dell’Ottocento durante appunto il viaggio di esplorazioni della zona stessa. La struttura, rappresenta un fattore intensamente identitario del paesaggio in area Tiburtina, il Mausoleo dei Plauzi è infatti uno splendore del passato.

La gens Plautia fu una delle più antiche famiglie di Roma, una fra le prime quaranta gens della Capitale, molto importante considerando che Caius Plautius Proculus, fu il primo esponente della dinastia ad ottenere il consolato nel 358 a.C., e dopo di lui furono eletti ancora 8 consoli, sempre nella stessa famiglia.

Marco Plauzio Silvano, ossia Marcus Plautium, console e generale romano, nacque a Roma nel 35 a.C. e si spense sempre a Roma, in un anno non definito dopo il 9, quando si hanno le sue prime informazioni.

Di lui, è noto, che era il figlio di una tal Urgulania, amica di Livia Drusilla, moglie dell’imperatore Augusto, sposando poi Lartia, con la quale ebbe due eredi: Marco Plauzio Silvano, pretore nel 24, morto suicida per aver buttato quell’anno stesso la moglie dalla finestra, e Plauzia Urgulanilla, moglie per un determinato periodo dell’imperatore Claudio con il quale fece due figli.

Marco Plauzio Silvano, fu celebre a Roma, anche per essere appunto stato designato console nel 2 a.C., con Augusto, governando poi come proconsole.

Successivamente, Marco Plauzio Sivano, fu per di più governatore di Galanzia e Panfilia, nel 5-6 represse una insurrezione di schiavi d’Isauri, una popolazione nel sud dell’Anatolia. Ed in un secondo tempo, nel 7 d.C., condusse le legioni IIII Scythica e V Macedonia contro i ribelli Pannoni, popolo della Pannonia che risiedeva lungo il Danubio. In seguito si unisce con le forze di Mesia e Aulo Cecina Severo, i quali dimostrarono una grande abilità nel mettere in salvo l’esercito, raggiungendo il quartiere generale amministrato dallo stesso Tiberio a Sciscia. I due anni di battaglie che seguirono, causarono il totale dominio dell’impero illirico, con le nuove province di Pannonia e Dalmazia. Per tali vittorie gli furono concessi gli Ornamenta triumphalia, cioè il Trionfo, il massimo onore che nell’antica Roma veniva conferito con una cerimonia ufficiale al generale che avesse realizzato un importante successo.

Fece costruire, nel territorio dell’ager tiburtinus, in un terreno di proprietà, vicino al fiume Aniene, un mausoleo influenzato da quello di Cecilia Metella, sulla via Appia. Edificato per lui, per la moglie Lartia e per il figlio A. Plautius Urgulanius, ma all’interno esso contiene le salme anche di insigni discendenti, fra cui il console Ti. Plautius Silvanus Aelianus, come testimoniano le iscrizioni ancora sul luogo o scoperte nell’antichità.

Il Mausoleo dei Plauzi è posto fuori del centro abitato della città di Tivoli, in una superficie molto urbanizzata e industrializzata. La tomba, però, è in una zona che mantiene la sua attitudine naturalistica, elevandosi sulla riva destra del fiume Aniene ed è collegata all’altra sponda mediante il Ponte Lucano.

Il ponte romano, è posizionato sul passato percorso della via Tiburtina, ed era in origine di cinque arcate, ricoperte di travertino, di cui quella centrale era più grande delle altre, per ricevere il più grande flusso

dell’acqua. Attualmente se ne vedono solo tre, perché le altre sono parzialmente interrate. Fu abbattuto da Totila nel 547 d.C., durante le Guerre Gotiche, come racconta Procopio e fu ricostituito da Narsete circa nel 560 d.C., sotto il pontificato di Gregorio XVI.

L’illustre geografo Strabone, vissuto nel periodo augusteo, dichiarava che il fiume Aniene, risultava navigabile in un’area pianeggiante vicino alla villa dell’imperatore Adriano, denominato, appunto dal ponte omonimo, Ponte Lucano. Il nome proviene dal duumviro M. Plauzio Lucano, che negli iniziali anni dell’impero, si occupò della edificazione con il compagno di lavoro Tiberio Claudio Nerone, futuro imperatore.

Non lontano da questo luogo, era stato realizzato un porto in cui erano ancorati i barconi che poi ritornavano nella vicinissima Urbe, dopo esser stati riempiti con i legnami dei boschi tiburtini e specialmente con la pregiata pietra locale, il lapis tiburtinus, cioè il travertino che veniva adoperato come ornamento dei numerosi edifici pubblici, fra cui il Colosseo.

In tale posto, diventato ormai un luogo strategico: l’architetto e storico Saverio Muratori evidenzia un documento del 1141 in cui il monumento viene chiamato munitionem pontis Lucani, nel 1155 l’imperatore Federico I, denominato Barbarossa, incontrò il Papa Adriano IV. Per tale circostanza, i tiburtini gli consegnarono le chiavi della città, soggiacendo al suo potere. Come omaggio per tanta fedeltà, l’imperatore elargì alla città l’onore di adornare il suo stemma dell’Aquila imperiale.

La Tomba dei Plauzi, che si erge sulla sinistra del fiume Aniene, ha però nei nostri giorni un’immagine completamente trasformata in relazione all’antichità, per il motivo di esser stata convertita nel Quattrocento in torre di protezione del vicino Ponte Lucano.

Si estende su una base quadrangolare interrata, rivestito di opera quadrata situata nel nucleo cementizio, sormontata da una torre circolare alta 35 metri, sempre in opera quadrata di travertino con raffinato bugnato piatto, diviso in due parti dalla cornice aggettante sostenuta da mensole, in cui è inserito lo stemma marmoreo di Papa Paolo II. L’interno è determinato da una superficie a forma di croce, collegata in virtù di un corridoio sferico, ed esteriormente caratterizzato da blocchi di travertino. L’edificio è provvisto di un imponente cornicione merlato su beccatelli che ne qualifica la sommità. Sul corpo circolare venne annesso un avancorpo rettangolare, incorniciato da mezze colonne ioniche, per poter accogliere varie iscrizioni sul suo proprietario e i suoi riconoscimenti. Una considerevole parte del cilindro, è però rielaborazione medievale, come anche la parte superiore.

Nel prospetto restante del recinto antistante sono prodotte le iscrizioni funerarie di Marco Plauzio Silvano e di suo figlio Tiberio Plauzio Silvano Eliano (famoso generale, console nel 45 d.C., proconsole d’Asia nel 56 d.C. e, non riportando altri incarichi avuti, console di nuovo nel 74): sono riportate le loro cariche. Le iscrizioni sono su lapidi di marmo; è andata persa purtroppo l’iscrizione intitolata a Publio Plauzio Silvano.

Il fastigio della splendida mole era probabilmente decorato da una serie di ante fisse e la sua sommità era ricoperta da una volta sferica; intorno era circondata da un alto recinto di forma quadrata, di cui rimane solamente il lato di fronte alla strada, con colonne e nicchie per ospitare le statue dei notabili della famiglia Plauzia, che vi erano sepolti.

Successivamente, il mausoleo decadde e variò destinazione, infatti durante il Medioevo fu adoperato quale torre di difesa per la sua ubicazione strategica; anche il suo aspetto esterno si trasformò. Nel 1645 per desiderio di Papa Paolo II, per poter meglio essere un luogo di avvistamento, di controllo e di guardia, sulla sua sommità fu collocata una merlatura, odiernamente esistente, specificatamente medievale. Su uno dei merli del mausoleo è presente uno stemma di Paolo II, come già citato, come rievocazione dei lavori compiuti.

Il monumento, sino a qualche anno fa, era caratterizzato da numerosissime crepe, ricoperto da una rigogliosa vegetazione selvaggia e parzialmente nascosto tramite un muro di contenimento realizzato per arrestare gli straripamenti del limitrofo fiume Aniene. Intorno, dappertutto era presente spazzatura, rifiuti e sporcizia; posteriormente una terribile superfetazione abusiva, illegalmente occupata da rom.

Il difficile e articolato cantiere di recupero e valorizzazione dell’intera area e di scavo e restauro della struttura intrapreso dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio nel 2019, finanziato dal Ministero dei Beni Culturali per 2,3 milioni di euro, a seguito della richiesta avanzata dal Comune di Tivoli, è finalmente terminato. Il mausoleo ha appunto integralmente cambiato la sua immagine mostrandosi non più in disfacimento e assalito dalla vegetazione, ma riconsegnato al suo originario aspetto architettonico, che si ebbe nel momento del suo reimpiego come fortilizio nel 1465.

Il coronamento merlato, prima molto frammentario, è stato totalmente reintegrato, l’elegante bugnato piatto in blocchi di travertino della torre cilindrica è stato ripulito e stuccato, le insigni iscrizioni, fra cui quella del fondatore del monumento, il console del 2 a.C. M. Plautius Silvanus, hanno ripreso il colore e la levigatezza del marmo.

All’interno della parte superiore del corpo cilindrico è stato recuperato il vasto ambiente di età moderna, eliminando quasi del tutto la struttura antica. L’ambiente è mancante di copertura, ma fino all’Ottocento si mostrava con un solaio sorretto da quattro altissimi pilastri che sostenevano anche il soffitto al piano terra; una scala lignea fissata alla parete, univa i due piani e una a chiocciola all’interno di una torretta quadrata faceva entrare nel camminamento merlato. I pilastri, uno dei quali è crollato, sono stati rinforzati con gabbie di ferro, la scala a chiocciola è stata ricreata in metallo e una ringhiera è stata collocata per ragioni di sicurezza lungo il camminamento di ronda.

Sono state eseguite molteplici operazioni puramente scientifiche, e la pianta stellare riemersa è a tal punto perfetta e spettacolare, particolarmente se guardata dall’alto, che si è stabilito di farla rimanere a vista, declinando la ricostruzione del pavimento. Ciò ha permesso di ricostituire esattamente per la prima volta, dopo i vari tentativi degli esperti del passato, l’articolazione dell’area superiore del corpo cilindrico, in cui dovevano avvenire cerimonie in onore dei celebri defunti della Gens Plautia.

Il progetto è stato seguito dai professionisti appunto della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti: l’architetto Anna Paola Briganti, Responsabile unico del procedimento, l’architetto Sergio Sgalambro , Direttore dei lavori, e l’archeologo Zaccaria Mari, Direttore scientifico.

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares