Il Gazometro, un esempio di archeologia industriale

L’archeologia industriale è una branca dell’archeologia poco conosciuta. Nonostante ciò, in tutt’Italia è possibile trovare esempi spettacolari di questa scienza un po’ dimenticata. Roma in particolare è piena di scheletri di vecchie strutture e di edifici abbandonati che fanno parte del periodo post-industriale.
Fra tutti, Il Gazometro, è quello più iconico. Situato nel quartiere ostiense e costruito nel 1937 è stato, per le possibilità del tempo, una grande innovazione tecnologia dato che riusciva a soddisfare i bisogni energetici della città. Dopo la dismissione (avvenuta principalmente per la diffusione del metano) il Gasometro vero e proprio, ossia il gigantesco cilindro che conteneva il gas è stato rimosso. Quel che si vede oggi è la struttura metallica che lo circondava. Nel corso degli anni è diventato un simbolo di Roma ed in particolare del VIII municipio. Tanto che, per chi avrà la pazienza di cercare, non sarà difficile trovare qualche romano un po’ nostalgico pieno di storie legate a questa struttura.
Diversi registi hanno sfruttato l’iconica figura del Gazometro. Frezan Özpetek, regista sceneggiatore e scrittore turco naturalizzato italiano, lo scelse per molte scene de le fate ignoranti, una commedia agrodolce che affronta temi come l’amicizia, l’omosessualità e la solitudine. Esteticamente, nonostante sia nato per tutt’altro scopo, le sue linee minimali richiamano il design e l’arte contemporanea che ha la capacità di mimetizzarsi con il nuovo e dialogare con l’antico.

 

Foto di Manuel Grande

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