Moonfall. La recensione

Con l’uscita nelle sale di Moonfall si conferma ufficialmente la teoria che al regista Roland Emmerich il pianeta Terra fa abbastanza schifo. Grazie a circa 140 milioni di dollari di budget a disposizione del regista tedesco per distruggere la qualunque ci si aspettava una storia un po’ diversa rispetto a quella decisamente sensa un senso logico che viene schiaffata in faccia dello spettatore. La domanda che logicamente sorgere spontanea è: “Ma che senso dobbiamo cercare in un disaster movie in cui la Luna ha iniziato a restringere la propria orbita tanto da avvicinarsi pericolosamente alla Terra?”.

E fin qui sfido chiuque a darvi torto; però in Moonfall lasciamo il concetto di sospensione dell’ incredibilità per ritrovarci in un film che sembra non riuscire mai a completarsi, come se avessero vuloto provare a roccontasre allo spettatore molte storie diverse finendo per mettere insieme un pezzo di ognuna senza però raccontare di fatto nulla.

Partiamo dal piccolo complottista di provincia K.C. Houseman per il quale la Luna è un costrutto alieno posto là sopra nel cosmo da una civiltà vecchia chissà quante migliaia di anni e Moonfall decide di abbracciare le sue teorie, coccolarle e porle al centro di una rivalutazione dell’uomo mediocrissimo perso nei meandri delle “verità-che-non-ci-dicono” sparse per il web.

Mentre Moonfall segue le sue bizzarre traiettorie narrative per poi provare a sfociare in una specie di sci-fi, la cui CGI, tutto sommato, non è nemmeno troppo malvagia, il film ci costringe a saltare da una parte e dall’altra per seguire anche le sottotrame stupide di diversi personaggi secondari, come se non bastasse sorbirsi una solfa estremamente soporifera dai tratti pro-scientology lì nel cosmo.

Il film trova fatica a porsi oltre che per la narrazione anche per il suo ritmo completamente fuori dal tempo rispetto all’attuale idea di film che il mondo moderno ha.

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