“Don’t look up”: quando le stelle non bastano

Sommessamente pubblicizzato nei mesi precedenti alla sua uscita, il nuovo film distribuito da Netflix non ha tardato a far parlare della propria scia luminosa: con un cast stellare, di cui Leonardo DiCaprio, Maryl Streep, Jennifer Lawrence e Timothée Chalamet sono solo alcuni nomi, la cometa Dibiasky non è l’unico astro a brillare con prepotenza per la durata del lungometraggio.

Dopo una pandemia mondiale durata due lunghissimi anni, un film apocalittico sembra molto più vicino alla realtà che alla fantascienza, ed è questo uno dei punti geniali del film scritto e diretto da Adam McKay: il periodo d’uscita. Forse, fra un po’ di tempo, Don’t Look Up non avrà lo stesso riverbero mediatico che possiede ora, non lo stesso spirito irriverente, non la stessa denuncia impellente di una politica troppo inglobata nelle dinamiche di mercato per pensare ai cittadini che dovrebbe tutelare.

La cometa Dibiasky sembrerà sempre meno reale, pericolosa: più che una predizione del futuro, un fossile del passato. Se, da una parte, è auspicabile che sia così, alle soglie del 2022, dall’altra è forse il sintomo dell’errare umano, che di poco rasenta il perseverare: dimenticare tutto, dalle cose scomode a quelle dolorose, quelle felici e allegre e ciò che sarebbe meglio ricordare per sempre. Quanto dura un per sempre?

Impossibile quantificarlo, troppo relativo. Meglio calcolare la traiettoria di un meteorite che spazzerà via la Terra: giusto il tempo di finire un programma di dieta online. E per quanto riguarda il Covid19, pazienza: se non sarà il virus, sarà il cambiamento climatico, oppure una guerra nucleare a spazzarci via. Ogni scusa vale l’altra, l’importante è fare scarica barile finché è possibile: a nessuno piace essere il cattivo della storia, soprattutto se si tratta della propria.

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