Ossi di seppia di Eugenio Montale, una filosofia di pensiero attuale

Spesso si usa dire che le cose tornino, un pò come la moda, ma io voglio usarlo oggi per la letteratura perché sì! Si può riprendere un vecchio libro e riadattarlo ai nostri tempi scoprendo quanto è attuale nella sua filosofia di pensiero. Concetti tornano (purtroppo) e rievocano un sentimento, quello della libertà.

Ossi di seppia è un libro sulla cui nascita non esistono documenti formali e testimonianze dirette da parte dell’autore. Realizzato in origine col nome provvisorio di “Rottami”, si pensa che il nome “ossi di seppia” sia un modo per descrivere come, nel periodo in cui il poeta lo ha creato, della libertà di ogni uomo sia stato annientato tutto e sia rimasto poco o nulla, proprio come quando muore una seppia ne rimane solo l’osso ovvero l’anima e il pensiero umano.

Quando la raccolta viene pubblicata, nel 1925, a Torino, dalla Piero Gobetti editore, essa è già frutto di una selezione piuttosto severa – il volume infatti è assai esile – operata dal poeta tra le liriche giovanili, quelle che lui stesso definirà “proto-montaliane”. Siamo lontani, con Montale, dai progetti letterari dei maestri della letteratura: il progetto strutturato, sullo stile del canzoniere lirico, appartiene alla stagione più matura di questo poeta. Con ciò, non mancano elementi di coesione interna tra i componimenti di questa raccolta.

Sul titolo della raccolta sono state formulate varie ipotesi; quella più accreditata, è che gli “ossi di seppia”, in virtù della loro origine( sono residui calcarei di molluschi che il mare deposita sulla spiaggia), alludano a una condizione vitale impoverita, ridotta all’aridità e all’inconsistenza.

La terra per Montale, rappresenta una sorta di esilio psicologico. Un’altra teoria è che il titolo sia metafora del lavoro del poeta, che cosi come il mare leviga gli ossi di seppia, il poeta leviga la sua poesia per giungere all’essenziale.

Questa raccolta , rappresenta il 1° Montale, quello ancora molto attaccato alla Liguria , sua terra natale. Importanti per lui, sono stati i soggiorni a Monterosso, luogo spesso celebrato nella raccolta.

La raccolta fu pubblicata nel 1925, mentre nel 1928 ne fu pubblicata un seconda edizione. Gli Ossi sono divisi in 4 sezioni :

Movimenti,

Ossi di seppia,

Mediterraneo,

Meriggi e Ombre.

Nella raccolta si nota: un certo avvicinamento alla filosofia di Schopenhauer, per la visione della realtà come parvenza e sogno; alle correnti in opposizione al positivismo; il legame con la poesia dannunziana, (attraverso la quale bisogna inizialmente passarci per poi poterla superare), di cui successivamente rifiuterà l’abbandono sensuale , il vitalismo panico e l’intonazione aulica e sublime ; l’avvicinamento a Pascoli per la scelta di temi “poveri” e per alcuni procedimenti stilistici; ed infine l’avvicinamento a Gozzano e all’esperienza crepuscolare con il rifiuto dello stile dotto della tradizione poetica.

Utile, accanto alle suggestioni emotive delle ore di lettura, anche l’educazione musicale ricevuta fra il 1915 e il 1923. Un gruppo di liriche – di cui negli Ossi di seppia rimarrà solo Corno inglese – è dedicato infatti all’intenzione di imitare la musica con le parole.

Tra i temi fondamentali della raccolta si ha : la condizione di “osso di seppia” del poeta , che a causa dell’impoverimento della vita non può più attingere al sublime e deve ripiegare su realtà minime e marginali e legato a questo, c’è il tema dell’arsura e dell’aridità, presente nella descrizione del paesaggio ligure; il muro, allegoria dell’impedimento dell’uomo nell’attingere alla pienezza vitale. Altri temi presenti in Montale sono l’eterno ritorno ( Montale vede il continuo ritorno del tempo su se stesso come una prigione per l’uomo) e “l’immoto andare” ( cioè che l’uomo si illude di muoversi, di andare in qualche direzione, ma in realtà è immobile). Questa sorta di prigionia provoca la frantumazione dell’anima e quindi la perdita dell’identità del soggetto, che era stato un valore saldo nella cultura occidentale precedente.

L’arsura esteriore diventa arsura interiore, che si trasforma in mal di vivere. L’unico modo di fuggire da questo mal di vivere è attraverso uno stoico distacco dal mondo ( come Leopardi).

La poesia di Montale è petrosa è ossuta

Tali aggettivi vogliono significare che si è in presenza di una poesia, quale quella montaliana, dura di suoni e di immagini, che contempla freddamente, con distacco, le forme della vita che si sgretola, le forme di un mondo irto, fratto, corroso da quel male di vivere che resta al centro dell’interesse del poeta. Ogni tentativo di consolazione è vano e, nonostante la grande ansia di verità, la realtà silenziosa e impenetrabile non apre all’uomo alcuno spiraglio di luce, non concede alcuna speranza.

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