IL CASTELLO E IL MUSEO DI ARTE CONTEMPORANEA ROBERTO BILOTTI RUGGI D’ARAGONA A RENDE

Il Museo d’Arte Contemporanea Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona, nasce a Rende nel 2012 in provincia di Cosenza, istituito grazie alla collaborazione tra Enti pubblici e Roberto Bilotti, nipote del mecenate Carlo Bilotti.

Carlo Bilotti è stato un imprenditore internazionale nel settore della cosmetica e un collezionista d’arte eclettico, volto sia al contemporaneo che al passato, tra i più importanti del secolo scorso; deceduto nel 2006, discendeva da una famiglia nobile calabrese, quella dei baroni di Serraleo. Fu amico di De Chirico, Warhol, Lichtenstein, Dalì, de Saint-Phalle, Rivers, Rotella e a lui è intitolato il prestigioso Museo nell’Aranciera di Villa Borghese a Roma di arte contemporanea, mentre alla figlia Lisa, scomparsa giovanissima, è dedicata la Fondazione “Lisa Bilotti” che ogni anno finanzia un progetto di ricerca avanzata sulle leucemie al “Memorial Sloan Ketterig Cancer Center” di New York. Affinità elettiva tra zio e nipote è la bellezza dell’arte.

Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona, nasce a New York ma è cittadino del mondo, laureato in Economia, con molteplici cariche e incarichi, si addentra attraverso percorsi artistici ma anche sociali, a Roma, a Palermo, a Salerno e a Cosenza. A Salerno nel Museo Diocesano la sezione di pittura antica è determinata dalla famosa quadreria seicentesca Ruggi d’Aragona e l’Ospedale Ruggi d’Aragona, tra i più rilevanti plessi italiani con il progetto dell’arte nelle sue corsie, è sempre supportato dalla sua Famiglia. Ricordiamo ancora, nel cuore storico e commerciale, tra antichi palazzi e monumenti, il MAB a Cosenza, Museo all’Aperto Bilotti, che accoglie le sculture di prestigiosi artisti contemporanei.

Illustra Roberto Bilotti: “Il mecenatismo parte sempre da una sensibilità personale, da un’educazione: è un fatto culturale imparare fin da piccoli la responsabilità verso la collettività. Impegnarsi in valori utili alla società come lo sono quelli artistici, costituisce un capitale essenziale come quello economico, e capace di incentivare visioni sul futuro”.

IL Museo acquisisce, conserva, espone e interpreta opere d’arte e design che rappresentano diverse

culture contemporanee. Educa e ispira artisti, designer, studenti, studiosi e visitatori attraverso mostre,

eventi e pubblicazioni”.

Finalità del Museo d’arte contemporanea è appunto conservare ed esporre le ricerche creative del Novecento e del terzo millennio nella loro differenzazione in pittura, scultura, fotografia, istallazione e videoarte, di artisti dalle svariate origini geografiche e culturali con la sovrapposizione di diversi linguaggi espressivi: iconici, aniconici, simbolici, spaziali, segnici, gestuali.

Accanto all’esposizione permanente si realizzano una serie di esposizioni temporanee, performance, seminari e stage in collaborazione di laboratori dove poter interpretare se stessi e il mondo tramite la rappresentazione di un oggetto, di un verso, di un suono, di un movimento.

L’esposizione permanente include più di 300 opere, pezzi unici, arrivati sia dalla collezione Bilotti, sia da opere devolute da alcuni artisti della collezione del MAB e del Museo nell’Aranciera di Villa Borghese oltre che da donazioni private.

Citiamo alcuni dei molteplici artisti contemporanei degli ultimi decenni come: Andy Warhol, Claudio Abate, Mario Ceroli, Luigi Ontani, Bruno Ceccobelli, ma sono anche presenti opere di artisti più giovani come Chiara Dynys, Omar Galliani, Guentalina Salini, Maurizio Savini e Pietro Ruffo, del quale è posto nel Museo l’enorme carro armato tedesco della Seconda Guerra Mondiale, prodotto in legno e ricoperto dalle pagine di un libro di preghiere ebraiche intagliate in forma di scarabei.

Nel 2018 è stata realizzata una nuova sezione dedicata a Vettor Pisani grazie alla volontà della moglie Mimma, donatrice delle opere; un analisi sul lavoro del Maestro che va letto in chiave spirituale e mistica.

Dal 2018 al 2020 sono state effettuate tre donazioni da Francesca Romana e Nicoletta de’Angelis al Museo di Rende. Più di 80 tele, quadri e sculture della collezione paterna sono entrate a far parte del percorso permanente con lavori di Piero Dorazio, di Antonietta Raphael, donna di punta della Scuola Romana, di Ettore Mazzini e poi, di Gino Severini, Mimmo Rotella, Simona Weller e molti ancora. Sono tutte rappresentazioni che hanno contraddistinto il valore dell’arte italiana negli svariati linguaggi, artisti di livello internazionale per la forza della loro ricerca espressiva spaziale, concettuale e materica.

Il Museo ospita anche una sezione dedicata agli Abiti d’Arte realizzati da Chiara Dynys, Omar Galliani, Luigi Ontani, Giosetta Fioroni ecc..

La struttura del Museo è allestita nell’antico Castello normanno, nel punto più alto del centro storico rendese, proprietà del Comune dal 1922 e sede del Municipio sino al 2011. Il maniero, sarebbe stato costruito secondo una tradizione non avvalorata dalle fonti sull’area in cui si ergeva una struttura di epoca romana o forse l’arx di un abitato di un popolo italiota. Ma quasi certamente il castello fu un intervento di Roberto d’Altavilla detto il Guiscardo ed edificato dal figlio Boemondo nell’ultimo decennio del XI secolo, nel 1095, a seguito di una ribellione (1091) delle genti del territorio cosentino soppressa nel sangue da Boemondo.

Il complesso era uno dei punti di forza della strategia difensiva della Valle del Crati: le sue insormontabili mura di cinta misuravano addirittura 2 metri di spessore e in virtù delle asperità del luogo, resero la fortezza completamente inespugnabile, esse proteggevano case, chiese e altre strutture difensive. I normanni realizzarono le torri di guardia, oggi 4 ma inizialmente forse 5, aventi moltissime feritoie per le armi a lunga gittata. Oltre alla torre centrale, quella più alta, erano altresì in modo specifico efficienti le due laterali, tanto che l’immagine delle 3 torri è attualmente l’emblema della città di Rende. La torre centrale risultava essere anche l’estremo baluardo difensivo e con questa finalità aveva un’unica porta di accesso, abbertescata ed una collegata con ambienti sotterranei da cui presumibilmente si poteva accedere ad una via di fuga, all’occorrenza, per il nobile proprietario. Negli spazi sotterranei, oltre ai magazzini e alle cucine ed altri servizi per la servitù ed alloggi per la guarnigione dei soldati, erano ubicate le prigioni il cui utilizzo è stato comprovato sino al XIX secolo. La protezione era assicurata anche nel corso degli assedi più persistenti: vicino al cortile venne pertanto creata una vasta cisterna per la raccolta di acqua piovana da impiegare in caso di bisogno. Il “Gigante di Pietra” garantiva infatti una postazione molto facile per la difesa: i ripidi pendii, che si stagliavano verso l’alto a formare un cuneo, determinarono una così grande sicurezza che si reputò non necessario la costruzione di un fossato e del ponte levatoio.

Le vicissitudini proprietarie della fortezza della città si complicarono con i numerosissimi passaggi di proprietà e possesso in relazione agli stravolgimenti politici e militari; passò infatti agli Svevi e da questi agli Angioini, agli Aragonesi ed ai conti Adorno. Il castello caratterizzato oltre che da 4 possenti torri quadrangolari anche da un cortile centrale è dotato di due antiche iscrizioni in latino che ricordano Pietro Ruffo conte di Catanzaro, Maresciallo del regno di Carlo I d’Angiò, che ivi nel 1266, radunò 1000 armati per unirsi alle truppe francesi contro Manfredi di Svezia. Ruffo condusse l’armata a Benevento dove l’Hohenstaufen, nel rivendicare i diritti normanno – svevi sull’Italia meridionale, spirò nel combattimento. La sua salma fu dissotterrata e portata via dalla terra consacrata degli Stati della Chiesa dal vescovo di Cosenza Bartolomeo Pignatelli.

L’avvenimento è rievocato da Dante Alighieri: “Se ‘l pastor di Cosenza, che a la caccia/ di me fu messo per Clemente allora,/ avesse in Dio ben letta questa faccia,/ l’ossa del corpo mio sarieno ancora/ in co del ponte presso Benevento,/ sotto la guardia de la grave mora./ Or le bagna la pioggia e move il vento/ di fuor dal regno, quasi lungo ‘l Verde/ dov’è le trasmutò a lume spento”. (Purg. Canto III, vv. 124-132)

Nelle prime decadi dell’Ottocento Giuseppe Zagarese e sua moglie Chiara Miceli dei baroni di Serradileo dimorarono nel castello in cui trasferirono le loro collezioni. Nel 1818 il maniero con gli arredi fu comprato da Salvatore Magdalone e qui con la sua famiglia vi risiedette sino al 1853 quando un terribile sisma vi recò gravi danni. Nell’età moderna fu modificato in Palazzo signorile, divenendo patrimonio di insigni casate come gli Alarcos de Mendoza e i Magdalone, gli ultimi residenti prima che il palazzo divenisse comunale, attualmente nel suo atrio si ammirano appunto due stemmi araldici delle due famiglie. Nella fortezza, di fronte in alto, è situato lo stemma comunale, con sotto l’iscrizione: “Urbs celebris, quondam sedes regalis, Arintha. Celebre città, antica sede reale, Arintha”.

Nel febbraio scorso è stato approvato dalla giunta Manna il progetto esecutivo dell’intervento di restauro per il Castello Normanno Svevo del Comune Di Rende ed i lavori sono iniziati nel mese di marzo. La prima fase strutturale terminerà a fine dicembre, mentre la seconda fase dell’allestimento museale si realizzerà tra ulteriori sei mesi, ancora infatti non è stata indetta la gara di appalto. Il ripristino contempla interventi di adeguamento e rifunzionalizzazione del complesso monumentale con uno stanziamento totale di 1500000 euro. L’intervento coniuga gli elementi storici preesistenti alla nuova costruzione proponendo un cambiamento dello stato dei luoghi, fatta salva la struttura portante metallica che rimarrà come necessaria e ineliminabile come testimonianza dell’attuale volume in vetro. Tutta la parte costituita dalla struttura in acciaio, dal volume cilindrico della scala, dalla struttura in calcestruzzo armato dell’ascensore e da tutte le tamponature in vetro sono da considerarsi come un’aggiunta all’antico manufatto. Con la diminuzione delle superfici vetrate, si rappresenta una nuova dialettica tra le masse murarie. Le finiture dei materiali garantiscono allo stesso tempo l’unità visiva e la distinguibilità del nuovo intervento in relazione alla preesistenza.

Il Museo nel Castello, simbolo della vocazione storico – artistica di Rende, fa parte del piano di rilancio culturale del suo Centro Storico, ideato come fattore di un sistema di aggregazione, un “Borgo dei Musei” che viene a sostenere in questo modo il turismo e i presupposti di uno sviluppo economico. Un sistema integrato di valorizzazione e promozione con l’esecuzione di una “Cittadella d’arte”. Una realtà anche relazionale, che ha messo in comunicazione le differenti risorse culturali del luogo: palazzi storici, chiese, piazze e scorci panoramici, oltre alla vivacità creativa originata dalle caratteristiche degli specifici e numerosi musei.

Descrive l’Assessore alla Cultura del comune di Rende Marta Petrusewitz i molteplici musei: “Il Museo del Presente, sorge nella parte nuova della città, in località Rogers, fondato nel 2004 è di proprietà e gestito dal Comune di Rende. Nasce come punto di eccellenza con opere di arte moderna e contemporanea con l’allestimento di mostre fotografiche, cineforum, spettacoli, convegni e presentazioni di libri. All’interno del Museo è possibile visitare la sezione permanente Futuristi Calabresi donazioni Bilotti, più di 60 opere donate dalla Famiglia al comune di Rende nel 2016 di: Enzo Benedetto, Michele Berardelli, Umberto Boccioni, Antonio Marasco, Leonida Repaci, Angelo Savelli, Geppo Tedeschi, Armiro Yaria, Silvio Lo Celso, Stefania Lotti, Lina Passalacqua. La sezione consente di riscoprire il ruolo primario della Calabria nell’ambito del movimento artistico, ideologico e culturale tre i più rivoluzionari del Novecento. Il Museo Civico è ubicato presso il settecentesco Palazzo Zagarese, fondato nel 1980 dopo l’acquisizione dell’amministrazione comunale, si articola in una sezione del folklore dedicata all’insigne antropologo calabrese Lombardi Satriani (sue 15 opere di arte contemporanea) e in una sezione pinacoteca intitolata al pittore rendese Achille Capizzano. Nella Pinacoteca si possono ammirare composizioni di Guttuso, Sironi, Levi, Balla, De Chirico, Carrà, Greco ed altri. Nell’importante e preziosa collezione delle opere più antiche ricordiamo: Mattia Preti, Luca Giordano, Francesco Solimena, Giuseppe Pascaletti, Cristoforo Santanna e il pittore fiammingo Dirck Hendricksz. Il Museo Bilotti Sezione Ceramiche di Calabria, sito in Palazzo Bucarelli è una sezione distaccata del Museo d’Arte Contemporanea Roberto Bilotti del Castello, costituito appunto dalle donazioni di Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona. Gli esemplari di ceramica esposti permettono di ripercorrere la storia della Calabria e delle sue dominazioni dalle origini neolitiche ad oggi, passando per la produzione magno – greca, romana, medievale, rinascimentale e barocca. Il MAON, Museo dell’Arte dell’Otto e Novecento, che ha sede in Palazzo Vitari, inaugurato nel 2004 per iniziativa del Centro per l’arte e la cultura “Achille Capizzano” è intitolato infatti all’artista rendese. Il Museo privato comunale, anche se piccolo, possiede rilevanti collezioni: di Achille Capizzano, collezione di Arte in Calabria, di Carmine D. Rizzo, dei Maestri del 900 e la collezione di Luigi Ladaga”.

Il Castello di Rende è stato per secoli contenitore d’arte e rappresenta un insieme di valori come fonte condivisa di memoria, identità, dialogo, coesione e creatività, Museo come luogo di socializzazione e di partecipazione e strumento di sviluppo. Il Museo del Castello rispecchia questa strategia: ciò che abbiamo ereditato dal passato qui incontra il futuro”. Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona Direttore scientifico del “Museo Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona di Arte contemporanea”.

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