Alessio Masciulli – “Credevo bastasse amare”

Cosa può mandare in tilt una vita che si sta srotolando nella routine di tutti giorni? L’imprevisto. Quel cambio di direzione che, improvvisamente, accade e scombussola il tutto.

Un imprevisto come la morte di una persona cara.

La sensazione che qualcosa è perduto per sempre. Magari qualcosa che era “lì”, che non aveva nemmeno un’eccessiva preziosità quando era disponibile, ma che manifesta tutta la sua centralità quando viene a mancare in maniera irrecuperabile.

È questa la storia, autobiografica, di Alessio Masciulli raccontata in “Credevo bastasse amare”. Nel 2008 perde la ragazza di 24 anni, con la quale aveva una storia d’amore da 11 anni: Silvia. Silvia era una studentessa di Psicologia, in procinto di laurearsi con una tesi (pensa un po’!) sull’ottimismo.

Questo fatto scuote profondamente la vita di Alessio. Prima dell’incidente lavorava senza eccessiva soddisfazione e conduceva una vita non proprio piena di grandi passioni. Ma c’era Silvia. Poi, l’incidente in auto, una sera che tornava con una comitiva di amici, cambi decisamente il quadro giornaliero, forse un po’ noioso del tran tran quotidiano, lasciando ad Alessio un vuoto incolmabile.

Come si fa a darsi una ragione per la scomparsa di un amore in modo così inaspettato e tragico?

Passano lunghi mesi di sofferenza e di elaborazione del lutto. Alessio inizia a scrivere il libro in forma di diario per sé stesso. A scopo terapeutico. Serve per esternare il dolore che aveva dentro. Per ragionare ad alta voce. Per mettere in parole il malessere che lo abitava dal giorno dell’incidente. E poi…il libro lo ha “salvato” dal vuoto dolore ed è diventato un “testamento” che Alessio porta in giro nelle scuole, ovunque vada per scuotere l’assopimento delle coscienze. Non basta amare, dice, serve viverlo giorno dopo giorno, nelle cose che si fanno. Rendersene conto nell’attimo in cui ci si ferma ad apprezzare quello che si ha.

Lo facciamo? Siamo “grate/i” di quello che abbiamo? Generalmente no. Diamo per scontato quello che c’è, salvo poi renderci conto di quanto ci manca quando questa quotidianità viene meno. E allora, perché non essere previgente e iniziare a farci caso? Riprendendo il “qui e ora” delle filosofie Orientali, la centratura sul momento presente, senza passato e senza futuro?

Nel suo libro, sembra esserci quel messaggio che una vita beffarda e breve ha portato via a Silvia, ma che Alessio ha riscoperto e che ora diffonde: l’ottimismo. In fondo, cos’è l’ottimismo se non la capacità di vedere il bello e il soddisfacente in tutto quello che ci accade?

In “Credevo che bastasse amare” sembra voler dire proprio questo: non basta amare una cosa, una persona, convinte/i che quel sentimento sia percepito implicitamente; occorre manifestarlo, esternarlo, dirlo e ribadirlo perché non venga persa l’occasione per farlo.

Ogni libro è una creazione personale e rispecchia il mondo interiore di chi lo scrive. Questo, in particolare, risuona nelle orecchie e nella mente di Alessio, il suo Autore, ma può essere anche una voce che sussurra ad altri e altre, identiche o differenti sensazioni. Per questo, vale la pena leggerlo.

Se non altro, per tenere sempre in mente il messaggio che accompagna ogni pagina del volume: carpe diem.

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