Olio d’oliva, oro liquido

Olio d’oliva, oro liquido
Uno degli elementi portanti della cucina mediterranea è senza dubbio l’olio d’oliva: condimento ricavato dai frutti (detti drupe) della pianta dell’ulivo, il cui nome scientifico è Olea Europaea. Si tratta di un grasso fluido, ottenuto per pressione a freddo della polpa delle olive, che ha un profumo caratteristico ed un colore che può variare dal giallo dorato al verde.
L’olio d’oliva è composto, per la quasi totalità, da trigliceridi, i cui acidi grassi più rappresentati sono l’oleico, il linoleico ed il palmitico: si tratta di acidi grassi monoinsaturi, di grande rilevanza per la salute. Ricco di vitamina E, che protegge da decalcificazione, osteoporosi e fratture, tra i costituenti di questo nobile grasso alimentare, troviamo anche il betacarotene (provitamina A) e tutta una serie di sostanze antiossidanti, come i composti fenolici.
Come per il vino, non esiste un solo tipo di olio d’oliva, ma ne esistono differenti, in quanto la natura ci ha regalato numerose cultivar che, quindi, si possono impiegare per dare origine ad olii con caratteristiche diverse.
Dal punto di vista sensoriale e legislativo, possiamo fare riferimento al Regolamento CE N.640 del 2008 ed al Regolamento di esecuzione (UE) 2019/1604 per padroneggiare i criteri da adottare per la valutazione di un olio d’oliva.
Fruttato (fresco da olive verdi, o maturo se invece ricorda la drupa matura), amaro e piccante sono gli attributi positivi, mentre sono decisamente più numerosi quelli negativi. Mai confondere l’amaro o il piccante di un olio con la sua acidità: come esseri umani, infatti, il nostro apparato sensoriale non è in grado di misurare l’acidità di un olio. Olii poco amari e poco piccanti conterranno, inoltre, una minor concentrazione di polifenoli e quindi, dal punto di vista salutistico, avranno sicuramente qualcosa in meno da offrire al nostro organismo. 
Morchia, muffa-umidità, avvinato-inacetito, metallico, rancido, cotto o stracotto, fieno-legno e sentore di terra, sono solo alcuni dei difetti che possiamo andare a “ricercare” quando avviciniamo il naso ad un olio d’oliva.
La muffa è caratteristica di olii ottenuti da frutti ammassati per molti giorni in ambienti umidi, sui quali, dunque, si sono sviluppati funghi e lieviti; il rancido è tipico di quegli olii d’oliva che si sono ossidati, mentre la morchia  è quel flavor caratteristico di olii ottenuti da olive che hanno subito fermentazione anaerobica o, comunque, non conservate correttamente e non lavorate in tempi rapidi, dopo la raccolta.
Al naso, inoltre, possiamo percepire anche profumi gradevolmente interessanti, come agrumi, mela, banana, peperone, foglie di pomodoro, carciofo, ecc…
Un elemento, invece, da non considerare è il colore: per tale motivo per gli assaggi dell’olio d’oliva si utilizzano bicchierini scuri. Il colore, infatti, non rappresenta un indicatore di qualità del prodotto.
Per diventare assaggiatori di olio d’oliva è necessario seguire un corso da assaggiatore, durante il quale si viene sottoposti a prove di idoneità fisiologica, e, successivamente, sostenere almeno 20 sedute certificate di assaggio.
Si potrà, così, acquisire la sensibilità necessaria a riconoscere i difetti e valutare i pregi di un olio, anche se sarà solo l’esperienza, come sempre, a fare la differenza.
Ognuno di noi, sulla base della propria storia personale, oltre che della propria sensibilità, incontrerà certamente maggiore difficoltà nel riconoscimento e nella quantificazione di uno specifico attributo negativo. Se, infatti, siamo cresciuti utilizzando spesso olii che magari erano esposti alla luce, vicino a fonti di calore, non perfettamente conservati o con qualche problema legato alla fase di produzione, riconoscere poi il difetto di rancido, o altre imperfezioni, potrà risultare più difficile.
È particolarmente importante, inoltre, conservare correttamente l’olio d’oliva perché i polifenoli, antiossidanti che hanno la capacità di difendere l’olio dal suo inevitabile deterioramento, si vanno a degradare per effetto del calore, della luce e del principale fattore ossidante, cui siamo tutti costantemente sottoposti: l’ossigeno.
Quando assaggiamo un olio d’oliva, dunque, con il nostro olfatto andiamo a valutare l’eventuale presenza di difetti e solo in minima parte dei pregi che, invece, possiamo verificare e quantificare introducendo l’olio all’interno della nostra cavità orale ed eseguendo una nebulizzazione della massa d’olio stessa, mediante una tecnica che si chiama “strippaggio” e che consiste nel far passare piccole quantità di aria attraverso i denti, dopo aver “spalmato” un sorso d’olio all’interno della bocca. Dobbiamo poi far arrivare l’olio sulla parte finale della lingua ed in gola perché è in questi punti che riusciamo a percepire meglio l’amaro ed il piccante.
La maggior parte degli olii in commercio sono bland: miscele di diverse cultivar; tuttavia, è interessante assaggiare olii monovarietali per imparare a riconoscere le caratteristiche principali di una specifica cultivar. Conoscere l’olio ci servirà anche ad operare il giusto abbinamento olio-cibo: olii leggeri e delicati, infatti, vanno utilizzati su piatti semplici, come l’insalata o pesci non particolarmente elaborati, mentre olii molto profumati, piccanti ed amari, sono perfetti per piatti importanti e strutturati.
Cerchiamo, dunque, di utilizzare al massimo i nostri sensi, anche semplicemente per condire l’insalata e ricordiamo che la qualità della nostra vita dipende soprattutto dalla qualità di ciò che ingeriamo…
Non soltanto il vino canta, anche l’olio canta“, scrisse il grande Pablo Neruda in una delle sue poesie: ascoltiamo insieme questo canto ed impariamo a scegliere l’olio di qualità!

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