De Vulgari: la Divina Commedia dei piatti.

Nel 1303 Dante Alighieri scrisse il “De Vulgari Eloquentia” per mostrare ai dotti dell’epoca la bellezza della lingua volgare, all’interno della lingua latina. Oltre 700 anni dopo, nella terra di Cecco d’Ascoli, storico avversario proprio del sommo poeta, in numerose dispute dottrinali, due “condottieri del gusto”, Alessio Scipioni e Lorenzo Pompei, hanno dato vita ad piccolo tempietto di gusto e raffinatezza: il De Vulgari, sito ad Ascoli Piceno.

Un luogo dove allestimento e design sono protagonisti e compartecipi, per creare un ambiente unico in cui la cucina di alto livello dello chef Alessio Scipioni e l’esperienza briosa nel servizio di sala, condotto da Lorenzo Pompei, si incontrano e convivono magistralmente. Materie prime, passione, sorriso ed elementi inseriti su misura all’interno di questo spazio luminoso, a due passi dal centro della città, disegnano un’oasi dal gusto minimale, con un arredamento dalle linee molto pulite e grande cura per i dettagli.

Infatti a colpire è proprio il design curvilineo ed elegante che acccoglie e abbraccia non solo le bottiglie di vino, ma anche volumi di libri che deliziano lo sguardo e la mente.

Una cucina povera, ma con materie prime ricercate; il trionfo dei sapori piceni che concilia il gourmet con i tipici gusti regionali: le rivisitazioni dei piatti, infatti, lasciano intatti i sapori della tradizione visti e letti in epoca moderna

Numerose sono le creazioni, che affondano le radici nell’infanzia dello chef Scipioni, come l’uovo patate e tartufo, c’è tutto il suo estro; formatosi alla Chef Academy di Roma, Alessio ha iniziato la sua carriera con Andrea Giuseppucci, suo primo maestro, per poi crescere ulteriormente grazie ad Enrico Mazzaroni, chef del ristorante “Il Tiglio” di Montemonaco.

35 etichette in carta, 22 coperti ed un menù “espresso”, non stampato, che cambia spesso, in base alla stagionalità e ai prodotti reperiti e sempre territoriali, con qualche piccola eccezione, tipo il foie gras, necessario per un piatto d’entrata raffinato come il “foie gras di campagna”: una scaloppa di foie gras scottata, con estratto di erba mare, cicoria campagnola e cotenna del maiale croccante, aromatizzato con due gocce di senape all’ancienne come guarnizione.

Un viaggio di sapori che, idealmente, prosegue con lo “Spaghetto cacio, pepe e menta”, ripassato con il cannello per essere leggermente abbrustolito; si fa poi tappa nei ricordi d’infanzia, con il Vitello tonnato “come lo faceva la nonna”, vale a dire con una salsa tonnata di capperi ed alici ed una cottura molto delicata.

Niente olive ascolane al De Vulgari, poiché “l’ascolano vuole l’oliva della nonna o della mamma – ci spiega lo chef – e quindi non farei altro che espormi ad inutili critiche”. Tuttavia le tradizioni rivisitate si rincorrono nei dolci, come il “Panettone in due consistenze”: un cremoso al panettone, con arancia e limone canditi, cannella e sale maldon.

“Io sono il padrone del mio destino, Io sono il capitano della mia anima”, diceva Nelson Mandela e nello sguardo di questi intraprendenti e capaci imprenditori della ristorazione picena si scorge la stessa fierezza: il De Vulgari è il risultato della loro grinta e voglia di fare che, siamo certi, li porterà a raggiungere grandi risultati, avendo apposto come tutilo della loro avventura un nome davvero divino.

Foto di Maria Federica Ciabattoni

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