Matteo Renzi scinde il Pd: nasce “Italia viva”

Il nuovo governo non ha avuto nemmeno il tempo di ambientarsi, che ecco spuntare la prima scissione all’interno del Partito Democratico. Ad andarsene è uno dei suoi esponenti più in vista, Matteo Renzi, che pur da forte oppositore del Movimento 5 Stelle sembrava essere stato tra i promotori della nuova alleanza tra dem e pentastellati. Sembrava, infatti, andare tutto troppo liscio per essere vero: vuoi per mania di protagonismo – che già gli faceva soffrire da prima gli equilibri intrapartitici – vuoi per ideologia, alla fine Renzi se n’è andato a gambe levate. Nasce così “Italia viva”, che in molti hanno equiparato nel nome a una marca di prodotti bio, ma che va a contrapporsi a quello slogan della “bella Italia” che Nicola Zingaretti sta già facendo proprio.

Renzi si mette in proprio, ma non si può ancora affermare che questa sia una decisione impulsiva e dell’ultim’ora: In serata di martedì, Il Foglio ha scoperto come i domini web “italiaviva.org” e “italiaviva.eu” fossero già stati registrati lo scorso 9 agosto, dalla Toscana. L’intestatario del primo dominio risulta essere Alessandro Risso, che militò con Renzi nei Popolari già negli anni Novanta. Incalzato da Open, però, quest’ultimo nega di essere un prestanome, affermando di essere in realtà intenzionato a fondare un proprio movimento.

Allo stesso tempo, l’ex premier Renzi si è affrettato a smentire questa voce – che lo porrebbe in malafede rispetto a tutte le ultime vicende politiche del Pd – e aggiungere che il sito di Italia Viva sarà in realtà “casaitaliaviva.it”. Quest’ultimo dominio è sempre geolocalizzato in Toscana, ma registrato solo lunedì.

Qualunque sia la verità su questa serie di acquisti lungimiranti, nulla toglie al fatto che una scissione renziana fosse nell’aria già mentre l’idea di un governo giallorosso era in fase embrionale. Sarebbe stato difficile credere che Renzi e i suoi sottoposti avrebbero potuto mantenere una linea politica proficua non solo con il Movimento 5 Stelle, ma anche con l’attuale leadership dem e gli altri alleati di sinistra.

Renzi, da sempre “centrista” nel profondo, è stato fautore di un più-centro-che-sinistra che oggi non sembra più esser di moda né nel Pd, né tra i suoi alleati più prossimi. Ha, inoltre, progressivamente perso influenza tra i ranghi dem e – è noto – il fiorentino difficilmente può puntare a qualcosa di meno che un ruolo da leadership. Secondo Giuseppe Sala, «con rispetto per Matteo, ma credo che faccia molta fatica a stare in una comunità collaborativa, preferendo invece un sistema che risponda pienamente a lui».

Ciò nonostante, Renzi si porta via 12 senatori, se stesso compreso. Oltre alle fuoriuscite dal Pd, vale la pena di sottolineare l’ingresso in Italia Viva della senatrice Donatella Conzatti, ex di Scelta Civica e fino a oggi in Forza Italia.

La scissione di Renzi non sorprende e non fa il rumore che l’ex segretario avrebbe forse voluto: i motivi sono da ricercarsi, oltre che nella facile previsione della stessa, nella tradizionale abitudine del centro-sinistra a spaccarsi a metà – o più – al minimo accenno di vento e, molto spesso, quando il bisogno di unità sarebbe più forte. Fin dalla nascita del centro-sinistra odierno, con il Pds nel 1991, troppe sono state le grandi e piccole divisioni e troppi i cambi di nome. Solo due anni dopo la nascita del Pd, nel 2009, lascia lo “storico” Rutelli, e più di recente  Civati e poi ancora Fassina. Senza dimenticarsi della nascita, due anni fa, di Liberi e Uguali – nel quale confluirono Speranza e il suo Articolo 1. Per citare solo gli scossoni maggiori, s’intende. Oggi arriviamo a Calenda, pochi giorni fa, e infine Renzi. Che in un certo senso costituiscono una novità, rispetto agli ultimi anni: frantumarsi verso il centro anziché verso sinistra.

Seguendo il trend europeo, nascono oggi molti – piccoli – partiti di centro a riempire la trincea tra i due poli tradizionali. C’è da chiedersi, logicamente, quale sarà la reazione della sinistra più schierata e se uno spostamento in quella direzione dell’asse democratica favorirà un’unione più stabile sul frangente “rosso”, come già avviene a destra.

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