È crisi nera al governo: ma quali sono le attuali possibilità?

A distanza di una settimana, si potrebbero voler usare termini pokeristici come “bluff” o “all-in” per definire le ultime azioni di Matteo Salvini. Riferimento quanto mai appropriato, poiché in questa fase della vita politica nazionale l’azzardo e gli interessi a carte coperte sembrano farla da padroni.

Il Ministro dell’Interno, che riteneva di aver a che fare con un’opinione pubblica ormai cotta a puntino, complice anche l’iniziale successo del suo “tour estivo”, ha lanciato il suo guanto della sfida per ricevere, però, solo insulti e grida dei delusi. Segno in primo luogo che, nonostante le proiezioni al 40% per la sua Lega, Salvini non possa ancora prescindere dall’aiuto di un Movimento 5 Stelle che, giorno dopo giorno, si è alienato sempre di più. Arrivano poi i molteplici schiaffi giuridici sulle attività di cui il patron leghista si è fatto bello sinora, ossia il decreto sicurezza e le questioni relative allo sbarco. Per non parlare della lettera di Giuseppe Conte, che sostanzialmente non ci sta più a essere burattino dei partiti di maggioranza perché – si legge tra le righe – quando è troppo, è troppo.

Dalle stelle alle stalle in poco meno di una settimana? Difficile a dirsi. Fatto sta che ora la Lega sia interessata a dare la sfiducia al governo il prima possibile, osteggiata nella pratica da tutti gli altri – se il cosiddetto “lodo Grasso” per impedire il voto di sfiducia troverà adeguato riscontro, oltre che nel Pd, anche tra i Cinque Stelle.

Un Movimento 5 Stelle che, anche alla ricerca di una propria fase di “secolarizzazione” nel dibattito politico, ora può pensare al divorzio improvviso come a un’occasione per ritagliarsi un nuovo nido d’amore – possibilmente senza tornare al voto.

Che questa nuova fiamma si trovi proprio con lo storico avversario, il Partito Democratico? Il momento sarebbe propizio per entrambe le fazioni, al netto di un’importante responsabilità nei confronti del Paese intero e che, qualora il dibattito finisse in un accordo, potrebbe legittimamente far diventare “adulti” due partiti oggi acerbi e senza una reale direzione.

Sembra tutto troppo facile, però: da parte minoritaria e dallo stesso Renzi, il partito di Zingaretti si spacca – come sempre – prima ancora che la crisi vera e propria sia iniziata. Eppure, qualora Salvini andasse avanti con le sue pretese, un governo di coalizione tra Pd, M5S e Leu appare probabile. Come probabile sarebbe l’ennesima scissione all’interno dei dem.

Salvini, dal canto suo, è tornato all’ovile: papà Berlusconi e la sorella Meloni non sembrano più una famiglia scomoda dal quale restare distaccati, bensì una forza numerica indispensabile per poter restare a galla. Ma dopo che il giovane primogenito Matteo ha pugnalato alle spalle ciascuno dei suoi omologhi, chi si fiderà ancora di lui?

Berlusconi, ormai relegato nell’ombra, e Meloni, che lotterà per restare in Parlamento e ha in Salvini l’alleato ideologico naturale, potrebbero formare di nuovo il tridente del centrodestra già ampiamente testato alle regionali e comunali. Basterà, per la destra? Se si torna al voto, probabilmente sì; nel Parlamento attuale, il 19% di Salvini – pure unito ai seggi dei possibili alleati – sarebbe forse troppo poco per cambiare le carte in tavola.

Proprio per questo, dopo una settimana di fuoco, sembra che la Lega stia facendo prove di pace con gli alleati di governo. Uno strappo però difficile da ricucire, e che Di Maio e soci osservano ora con il coltello dalla parte del manico. Salvini ha perso la propria credibilità e la propria occasione: le pesantissime misure finanziare che il governo dovrà approvare in autunno non potranno, per forza di cose, convertirsi nel sempre maggiore consenso alla Lega che abbiamo visto finora.

Alleati e nemici, però, possono ringraziare comunque Salvini: l’ipotesi paventata negli ultimi giorni ha dato modo, fin da ora, ai principali partiti di capire come muoversi, come allinearsi e come combinarsi quando sarà necessario escludere la Lega.

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