I fremiti dell’America Latina

Il Sud del mondo torna a fare notizia. In particolare, il Sud America ribolle come dimostrano le foto e i video delle manifestazioni popolari di Quito, Santiago del Cile, Buenos Aires, ecc. Mesi addietro era stata la crisi venezuelana a destare attenzione. Qualche giorno fa l’UE lanciava l’allarme perché a Caracas ancora non si vede la luce in fondo al tunnel: “Grave e deteriorante crisi politica – secondo la Conferenza di solidarietà tenutasi a Bruxelles – dei diritti umani e delle condizioni socioeconomiche che in Venezuela ha prodotto una delle situazioni di sfollamento più gravi al mondo.” Una delle preoccupazioni maggiori è rappresentata dal flusso di persone che “continua senza sosta mentre le risorse e i finanziamenti sono notevolmente inferiori alle esigenze”. In buona sostanza, dopo la crisi siriana, quella venezuelana rischia di spostare quantità ingenti di persone in fuga dalla crisi del chavismo del Presidente in carica Maduro, al quale si contrappone l’autoproclamato presidente Joan Guaidó. Mentre crolla il prezzo della risorsa principale del Paese e cioè il petrolio, mentre l’inflazione ha raggiunto livelli incalcolabili e reso inaccessibili i beni di prima necessità, mentre le grandi potenze si dividono sul Presidente legittimato a governare (Usa e Ue con Guaidó, Russia, Cina e Turchia con Maduro), Caracas sprofonda nella miseria, nella corruzione e nella violenza. A complicare il quadro del socialismo sudamericano, contribuisce la recente crisi dell’Ecuador, causata dalla decisione del Presidente Moreno di tagliare i sussidi statali per l’acquisto del carburante. In gioco c’era lo sblocco di 4 miliardi e 209 milioni di dollari da parte dell’FMI. I prezzi di tutti i carburanti sono aumentati trascinando in alto il costo della vita e suscitando furiose reazioni di piazza. Sebbene la situazione si sia normalizzata, rimane il problema strutturale di fondo rappresentato, come nel caso venezuelano, dal crollo verticale del prezzo del petrolio. In piena espansione risulta essere invece l’economia della Bolivia, ciononostante la quarta rielezione di Evo Morales ha creato molte tensioni. Gli oppositori, appoggiati dagli americani, sostengono che, per evitare il ballottaggio, il Presidente avrebbe truccato le elezioni. Il problema principale di Morales è che, pur essendosi definito “socialista e presidente degli indigeni e della Madre Terra”, ha messo in campo politiche neoliberali ed orientate alla estrazione di materie prime dalle terre degli indigeni. Si trova ad essere ora contestato perfino dal mondo rurale e contadino che ha rappresentato il suo bacino di consenso. Nel pieno della bufera politica finisce anche Sebastian Piñera, Presidente di centrodestra del Cile. Era dai tempi della fine della dittatura di Pinochet che le strade di Santiago non erano attraversate da una simile violenza. La miccia è stata l’ennesimo rialzo del prezzo della metropolitana, ma la realtà è che le persone protestano per via dei bassi salari, dell’alto costo della vita, della mancanza dei servizi soprattutto in ambito sanitario, dell’impoverimento dei ceti medi, come risultato delle politiche neoliberiste. Il Presidente ha pensato di placare l’ira popolare, proponendo un pacchetto di riforme sociali. Ben poca cosa agli occhi dei manifestanti che invece continuano a chiedere le sue dimissioni e la riforma costituzionale dello Stato.

Foto tratta da ilpost.it

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