“Sorella anima. Alla scoperta di una interiorità possibile”. Distillati di saggezza per ritrovare il silenzio nella frenesia della vita e il dialogo con se stessi.

Una proposta, un cammino fatto di piccole tappe, un’opportunità per coltivare il silenzio se non la preghiera o la spiritualità più profonda. Questo è “Sorella anima. Alla scoperta di una interiorità possibile”, a cura di fratel Michael Davide, il volume pubblicato dalle Edizioni Terra Santa e che ripropone in lingua italiana le riflessioni e i pensieri di David-Marc d’Hamonville, abate del monastero di En Calcat, un’abbazia benedettina della Congregazione sublacense, presso Dourgne, in Francia.

In questa avventura del cuore, alla scoperta di un’interiorità possibile, David-Marc d’Hamonville – una delle voci più apprezzante in Francia nel campo della spiritualità – sembra davvero prendere per mano chi si accosta al libro per condurlo nel mistero di ogni nascita e rinascita spirituale: l’intimità e la relazione con la propria anima. Ogni persona – che sia credente o non credente – può compiere l’esplorazione di quel territorio sconosciuto, a condizione di mantenere una costante apertura al nuovo e la consapevolezza che ciò che conta è il viaggio, non la mèta. Non è cosa facile far fiorire la propria umanità, affinché effonda il profumo inconfondibile della propria essenza. Ripercorrendo il suo “venire al mondo”, padre David però rassicura: diventare umani non solo è possibile, ma sempre desiderabile. E questo comporta la capacità di coltivare e custodire il giardino segreto della nostra coscienza. È come entrare in un laboratorio di tessitura, il cui lavorio nascosto esige solitudine, senza mai tuttavia restare isolati dal flusso della vita che permette di avanzare, insieme e da fratelli, con tutti i sensi in festa.

L’opera è composta da brevi riflessioni tra l’autore e la propria anima, in un dialogo serrato e diretto, come ad un’amica o ad una compagna di viaggio con la quale condividere il senso di incompletezza, la ricerca di una unione più grande che doni la serenità auspicata. Nell’introduzione all’opera, infatti, è il mito dell’androgino di Platone ad essere richiamato esplicitamente insieme ad una lista breve di istruzioni per l’uso del testo: da assaporare piano, a piccole dosi, secondo il “ricettario antico delle distillazioni preziose”, con l’invito primario all’esercizio del silenzio, da imparare ad amare perché “lascia spazio all’oblio” e fa “tornare la vita”

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