“Molte vite una Vittoria”, il romanzo espistolare di Carlo Pizzocaro che scrivendo “a chi ha visto la Vita in faccia” ricorda a ciascuno il senso del dubbio, della domanda prima ancora che dell’avere fede

Nelle scorse settimane è arrivato sugli scaffali delle librerie e nei siti web dedicati un nuovo libro edito dalle Edizioni San Paolo, “Molti volti una vittoria”, un testo denso, espistolare, forse così denso proprio per questo: perché nelle lettere, che siano scritte a mano o ad un PC, alla fine esce il cuore.

Quaranta lettere aperte a quaranta personaggi che popolano i Vangeli dei giorni precedenti e seguenti la Passione di Gesù: da Lazzaro a Caifa, da Giuda a Giovanni e Pietro, tutti questi co-protagonisti che popolano lo scenario della morte e resurrezione di Gesù trovano un volto nuovo e originale nelle brevi, essenziali e icastiche “missive” che l’autore, una delle penne più vivaci del panorama letterario di quella che ormai possiamo chiamare la nouvelle vague della spiritualità italiana, Carlo Pizzocaro, invia loro. “Lettere a chi ha visto la Vita in faccia” recita il sottotitolo, e quella lettera maiuscola rimanda ad un incontro di fede che per l’autore è stato fondamentale ma che non ha sopito i dubbi, laddove avere fede non equivale a raggiungere la serenità, perché credere non elude il dubbio, o quanto meno solo quello scettico e infondato o pregiudiziale. Credere è farsi domande, non adagiarsi sulle risposte. E questo libro lo documenta e lo testimonia, in chiave nuova, moderna ma non banale, con un’idea originale ma non ad affetto. Così, Giovanni che giunge per primo al sepolcro diviene il “piè veloce” mentre Filippo, il primo “influencer” della storia cristiana; ancora, Caifa e Anna vengono proposti come gli esempi del bullismo e della sordità di fronte alla voce del vero. E poi ci sono Maria di Magdala, la donna sprecona che consuma l’olio per i piedi di Gesù, di contro al taccagno Giuda, chiuso in se stesso. Ci sono i pessimisti e gli speranzosi, come il “cattivo” e il buon ladrone.

Ognuno di questi quadri dipinti a parole, poetici e drammatici insieme, offre un’immagine di noi stessi quali uomini con i limiti, le paure, le domande di senso e le speranze di ognuno. Specie dei più giovani, e in tal senso il testo ben si presta ad essere utilizzato in aula con gli studenti da un insegnante di religione cattolica. Un libro che parla di come siamo e di come potremmo essere, fuori da una lettura polverosa del cristianesimo, tutt’altro. Un libro da non perdere, dedicato a chi crede e a chi no, a chi pensava di avere trovato tutte le risposte e anche a chi continua ad arrovellarsi nelle domande, certo che la risposta arrivi sempre, alla fine.

C’è un estratto che merita di essere citato per far comprendere non tanto il taglio o lo stile dell’autore, quanto l’originalità dell’idea e la attualità della proposta.

Rivolto a Lazzaro, l’amico di Gesù morto e riportato in vita dal Maestro, l’autore scrive: “Guardandoti trovo la ragione di credere nella seconda chance. Perché, vedi, per me la vita è lineare, dunque non ci sono seconde chance, ma al massimo semplicemente altre chance. Il dover tornare suona al mio orecchio tanto sinistramente, quanto la defi nizione di un fallimento: se devo ritornare, significa che ho sbagliato la direzione in cui avevo deciso di andare. Invece il tuo stare sulla scena scrive sul copione del Vangelo e sul vangelo della mia vita la poesia del ritorno come provvidente benedizione: non sei ritornato perché qualcosa era andato storto, ma perché qualcuno ti ha amato”.

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares