Mimmo Laserra, l’hairstaylist che ha conquistato il mondo.Un esclusivo racconto della sua storia.

Sul talento di Mimmo Laserra sono stati versati fiumi di parole: il noto hairstaylist è stato più volte acclamato dalla stampa per le sue creazioni che, oltre ad aver fatto il giro del mondo, hanno incantato clienti, star e prestigiosi brand.

In pochi, però, hanno avuto il piacere di saperne di più sulla sua intima ed incredibile storia.

Dopo averlo raggiunto nel salone di Palazzo Taverna, a Roma, ci ha raccontato il meraviglioso percorso che ha intrapreso fra difficoltà, azioni coraggiose ed estremo talento.

Il rapporto con il bello, dice con un sorriso, è iniziato sin dalla più tenera età ammirando i suoi bellissimi genitori: una delle cose che più lo affascinava da bambino era accompagnare mamma Rosa dal parrucchiere, dove rimaneva incantato dal modo in cui la bellezza delle donne veniva enfatizzata; allo stesso tempo amava osservare il padre Enzo che, macellaio, per andare a lavoro vestiva sempre con la massima eleganza. A stimolarlo durante quei primi anni, poi, le strade di Bari in cui amava passeggiare: i suoi occhi rimanevano impigliati nella bellezza dei passanti e in quella dei manichini delle vetrine, dei quali invidiava soprattutto la perfezione dei capelli tagliati in caschetti di irreale precisione. È da un’attrazione bambina, dunque, che ha inizio la sua bellissima storia, combattuta poi con il massimo del coraggio e con la più forte passione immaginabile.

La gavetta di Mimmo comincia presto, quando ha appena nove anni. A dirgli che deve darsi da fare è il padre. Una sera, tornato a casa, gli spiega che dopo la scuola non può passare il tempo per strada: la sua famiglia possiede un’attività e, tra l’altro, il quartiere in cui vivono è piuttosto difficoltoso. Alla domanda “Cosa vorresti fare?”, però, il bambino sa subito cosa rispondere: è una sorpresa per tutti quando dice di voler diventare un barbiere.

Iniziano così giornate di grande impegno in cui, finito lo studio, Mimmo corre a lavoro da Enzo Cassano, famoso barbiere nel centro di Bari. Subito si dimostra portato per diventare un parrucchiere, sì, ma non uno qualunque: il suo nuovo maestro è il primo a dirgli che, vista l’enorme vena artistica che già ha per le mani, deve diventare un parrucchiere da donna.

Ad oggi, Cassano è una delle poche persone che Mimmo sente di poter davvero ringraziare; all’inizio del suo percorso, tuttavia, talvolta lo odia: la gavetta è del resto dura, e di certo non lascia spazio al riposo. All’epoca non c’erano le scuole, ricorda Laserra, e per imparare il mestiere si stava – semplicemente – in negozio, spazzolando i clienti e lavando vetri e lavandini. Ma gli sforzi lo ripagano: crescendo il bambino barbiere diventa il pupillo del quartiere di cui tutti riconoscono gli sforzi, fatti sia sul lavoro che a scuola. Il giorno in cui prende la terza media, Mimmo sta tagliando i capelli al suo professore.

A diciassette anni arriva la prima grande svolta del suo percorso: corre via da Bari per raggiungere Firenze. Un famoso parrucchiere del posto gli ha chiesto di lavorare per una sfilata. Accettata la proposta, il ragazzo non perde un secondo e balza sul primo treno disponibile, dimostrando quello che poi sarebbe diventato un proverbiale istinto ad agire di pancia. I genitori lo assecondano e, anche più avanti, non lo ostacolano mai: nonostante soffrano la sua lontananza, infatti, da qui in avanti sposeranno sempre le sue idee, i suoi errori e le sue vittorie.

È solo a Parigi, però, che Laserra capisce davvero l’importanza che il lavoro ha nella sua vita. Si trasferisce qui a diciannove anni, tra l’altro in un momento di grande difficoltà: il padre ha appena avuto un bruttissimo incidente. Nonostante il ragazzo non parli bene il francese, deve lottare e lavorare per aiutare economicamente la famiglia. Fortunatamente, ad esprimersi per lui è il talento, subito riconosciuto da tutti. Un primo parrucchiere gli chiede di fare un taglio. A lavoro finito, Mimmo è assunto. La sua bravura è indubbia e gli spiana la strada.

Quando il padre si riprende dall’incidente, Laserra lascia Parigi e, ripercorrendo i suoi passi, torna a Firenze, ma ora la città gli va stretta. All’età di 21 anni decide allora di spostarsi a Roma, dove trova facilmente lavoro grazie ad un curriculum. È qui che la sua carriera prende il via e comincia ad essere più ricercato.

Succede poi qualcosa di straordinario. Un giorno un uomo lo cerca in negozio: è il marito di una cliente a cui pochi giorni prima ha tagliato i capelli. Rimasto impressionato dal nuovo taglio della compagna, l’uomo ha deciso di cercare Mimmo per fargli una proposta: vorrebbe che lavorasse a Boston. Il bambino di Bari ha ormai 23 anni e, viste le incredibili esperienze fatte, è pronto a prendere il volo. Nonostante non parli l’inglese, accetta subito.

Anche in America tutto procede per il meglio e il nuovo principale gli chiede di rimanere; ad una condizione, però: che insegni ai sui colleghi. Quello che Mimmo sa fare è infatti bello, ma troppo diverso da quanto proposto dai suoi pari, che non riescono a raggiungerlo in bravura.

Dopo tre mesi di lavoro a Boston, arriva una nuova città, New York; anche questa gli sorride. Ha una bellissima casa e tanti nuovi amici, molti dei quali studiano ad Harvard. Perché sì, Mimmo non ha lauree, ma ha comunque in sé qualcosa di geniale, che chi gli è vicino non può far a meno di riconoscere. Con il suo nuovo gruppo di amici, inoltre, ha una cosa in comune: un’incredibile voglia di fare. Laserra è poi sempre un italiano, e per questo ha degli assi nella manica. Mentre i suoi coetanei spendono tanti soldi per partecipare a feste colme di gente, lui conquista la simpatia di tutti organizzando pasta-party in casa. Nel frattempo, per arrotondare – e soprattutto per aiutare la famiglia – si dà sempre da fare, ad esempio facendo il ballerino e lo spogliarellista.

Quando il padre finalmente comincia a guarire, decide di fare nottata in aeroporto e di andarlo a trovare per la sera di Natale. Rivedere la famiglia – e, soprattutto, comprendere quanto sia fondamentale la sua presenza per suo padre – lo porta ad un’inaspettata decisione: non tornare più negli Stati Uniti. Forse questo è l’unico rimpianto della sua vita, perché il sogno americano si stava di fatto avverando; ma la sua avventura non è certo finita qui.

In Italia sceglie di stabilirsi a Roma, città che fra tutte ha saputo regalargli più vibrazioni: nonostante non abbia studiato, infatti, la sete di conoscenza di Mimmo si è ormai amplificata, e gli pare che solo le strade romane riescano davvero ad arricchirlo. Inizia a lavorare a via Margutta; poi, da un anno a questa parte, inaugura il suo salone presso Palazzo Taverna, diventando così imprenditore di se stesso.

Si tratta di un passo incredibile, certo, ma che non lo rende superbo; tra l’altro, lui stesso non ama definirsi manager, perché diventarlo avrebbe significato mettere un tappo alla sua creatività. Più che un manager, è un’artista: fa show davanti a grandi platee, shooting e sfilate. Il suo percorso, poi, è ancora lungo, e vuole affrontarlo con la massima umiltà, senza darsi etichette.

Quando gli chiediamo che rapporto abbia avuto con la moda e con il cinema, Mimmo ci risponde che, nonostante non siano sue grandi passioni, si tratta di aspetti mai assenti nel suo lavoro. È proprio grazie a queste contaminazioni che ha potuto toccare con mano e comprendere davvero cosa fosse il luxury: qualsiasi parrucchiere è in grado di asciugare i capelli, dice, ma in pochi hanno un metodo, una personalità e particolari modi di curare i dettagli; ossia, in pochi sanno fare la differenza e rappresentarsi a pieno nel proprio lavoro.

Quello del luxury, in ogni caso, non è il suo mondo, neanche quando la popolarità lo bacia. Nel 2017 vince il concorso “Italian Hairdresser award” nella categoria “Hairdresser of the year”: la stampa lo acclama e arrivano proposte dalla televisione; nonostante il successo, però, la felicità di Mimmo continua ad essere genuina e fatta di cose semplici, come passare il tempo libero con gli amici o andare a pescare alle cinque di mattina. Da professionista sa tutto sulle feste mondane ed è in grado di valorizzare ogni cliente che le frequenti; ma questo mondo è per lui un accessorio, non un vestito.

A cambiare nel corso degli anni anche la sua concezione di bellezza, che ad oggi cerca negli occhi, nella semplicità e nell’anima. Quando si rapporta con i clienti, prova prima di tutto a comprenderne lo stato d’animo e a capire dove stiano andando, senza etichettare nessuno e avvicinando empaticamente le persone per permettere loro di essere se stesse.

Sul complimento più bello ricevuto nel corso della sua carriera, non ha dubbi: quello del padre che, dopo avergli chiesto come avesse fatto a fare tanta strada, gli ha detto un sola parola: “bravo”. Per Mimmo, quel bravo è valso più di qualsiasi altra cosa. È stato proprio papà Enzo, del resto, ad insegnargli i valori che lui stesso spera di poter insegnare ai propri figli.

A chi vuole intraprendere il suo stesso percorso darebbe solo un consiglio: di farlo mettendoci tutta la passione possibile. È un mestiere difficile a qualsiasi livello lo si faccia, dice Laserra, e per farlo bene è necessario conoscere se stessi.

Inoltre, nel lavoro non deve mai venire meno il grande rispetto per i propri clienti: tagliare loro i capelli significa entrare in contatto con le loro teste, e dunque avvicinarsi in modo molto intimo alla loro essenza; ci si avvicina al cervello, agli occhi, alla bocca e al naso dei clienti, entrando così a gamba tesa nella loro intimità.

Mimmo sta pensando di raccontare il suo percorso con un libro di cui non vuole svelarci il titolo. Il contenuto, però, già lo sappiamo: parlerà senza dubbio di una salita dura e meravigliosa fatta di paura, talento ed enorme coraggio. La sua incredibile storia, infatti, fa tornare alla mente una conosciuta frase del grande scrittore brasiliano Paulo Coelho: “Se proprio dovrò cadere, che sia da un punto molto alto”.

Oltre a non essere mai caduto, Laserra ha sempre trovato il modo di affrontare le difficoltà che gli si sono prospettate, con l’umiltà di non vedersi mai arrivato e conservando in sé l’immagine di suo padre, macellaio che aveva la dignità di andare a lavorare con la cravatta.

Commuove la cartolina in cui il papà gli dà una pacca sulla spalla e si sente orgoglioso di lui: il padre vede nel figlio un uomo realizzato nonostante i tanti sacrifici, gli ambienti angusti e i no ricevuti. Quei no, del resto, hanno contribuito a renderlo forte e determinato, forgiandone l’ambizione e permettendogli di prendere il volo dalle vette più alte; sempre avendo in sé quell’immagine del papà, del macellaio, della cravatta e dell’onestà.

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