I PASSAGGI GENERAZIONALI E IMPOSTA DI DONAZIONE E SUCCESSIONE NEL CASO DELLE HOLDING

Holding: passaggi generazionali e imposta di donazione e successione.

L’utilizzo di una holding consente diversi vantaggi tra cui quello di facilitare il passaggio generazionale, inserendo le future generazioni nella compagine sociale a livello non operativo, evitando l’ingerenza da parte di soggetti, facenti parte della famiglia, ma non dotati o non ancora dotatati delle capacità imprenditoriali per lo svolgimento del business a livello operativo. Il passaggio generazionale nella holding di famiglia può avvenire in esenzione da imposta di successione e donazione, ma le condizioni per l’applicazione del regime di esenzione richiedono attente verifiche.

Lo svolgimento dell’attività imprenditoriale spesso rende opportuno l’utilizzo di una holding, capogruppo di società appartenenti a un solo soggetto o famiglia imprenditoriale. L’impiego di una holding può avere diversi vantaggi tra cui quello di facilitare il passaggio generazionale, inserendo le future generazioni nella compagine sociale della holding di famiglia, a livello non operativo; ciò consente di evitare l’ingerenza da parte di soggetti, facenti parte della famiglia, ma non dotati delle capacità imprenditoriali per lo svolgimento del business a livello operativo, che rimarrebbe non direttamente influenzato dalla presenza della seconda generazione tra i soci della holding.

La holding consente di individuare, in maniera partecipativa, tra tutti i soci o anche tra soggetti terzi i membri del consiglio di amministrazione nonché gestire in maniera concertata, secondo il funzionamento societario, vedute diverse sul futuro dell’attività operativa, evitando prese di posizione legate spesso a vicende personali piuttosto che di business. La holding, dunque, creerebbe tra la prima generazione e la seconda generazione, nonché tra i membri di entrambe, una camera di compensazione all’interno dei cui organi sociali il passaggio generazionale, spesso complesso, può essere mediato.

Tralasciando le questioni relative alla tassazione diretta della holding, in tema di passaggio generazionale vige una speciale disposizione di esenzione dall’imposta di successione e donazione, di cui all’art. 3 c. 4-ter del D.Lgs. 346/1990 – Testo unico sulle successioni e donazioni (TUS). La richiamate esenzione consente di trasmettere il patrimonio imprenditoriale, rappresentato da compendi aziendali o partecipazioni di controllo, senza subire il prelievo fiscale sul trasferimento per donazione o successione.

L’impiego della richiamata disposizione richiede la presenza di determinate condizioni il cui rispetto, nel caso la donazione o successione riguardi le quote di holding, va valutata con particolare attenzione. Le seguenti note, dunque, cercheranno di tracciare i confini dell’applicazione del regime di esenzione per la donazione o successione di quote o azioni di holding, con particolare riguardo alle holding familiari.

Le holding sono società che detengono partecipazioni nel capitale di altre imprese, controllandone la gestione da un punto di vista finanziario, industriale e commerciale, impartendo direttive o supporto nell’amministrazione finanziaria, nonché provvedendo alle esigenze di cassa delle società partecipate.

La distinzione contenuta nell’art. 162-bis del TUIR tra società di partecipazione finanziaria e non finanziaria, consente di individuare le holding finanziarie e le holding industriali. In estrema sintesi, le holding finanziarie si caratterizzano per svolgere in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni in intermediari finanziari, condizione che sussiste nel caso l’ammontare complessivo delle partecipazioni in intermediari finanziari è superiore al 50% del totale attivo patrimoniale, secondo le risultanze di bilancio. Le holding industriali invece si caratterizzano per assumere partecipazioni in via esclusiva o prevalente in società diverse dagli intermediari finanziari, condizione che sussiste nel caso l’ammontare complessivo delle partecipazioni in soggetti diversi dagli intermediari finanziari è superiore del 50% del totale attivo patrimoniale.

Le holding industriali, utilizzate più di frequente rispetto alle finanziarie, possono essere ulteriormente distinte in funzione dell’attività svolta tra holding con sola attività finanziaria aventi come scopo esclusivo il

controllo e il finanziamento delle società partecipate, in genere società operative oppure sub-holding; holding con attività miste aventi come scopo sia il controllo finanziario delle partecipate, sia lo svolgimento diretto di attività industriali e/o commerciali.

In relazione a quanto indicato in premessa, la holding familiare finanziaria si presta maggiormente ad assecondare esigenze legate al passaggio generazionale, in quanto l’arrivo delle seconde generazioni nella compagine sociale (in qualità di soci), non ha un impatto diretto sulle società operative. Spesso, pertanto, vengono compiute operazioni straordinarie per portare nella holding di famiglia le sole partecipazioni, avviando le fasi del passaggio generazionale sulla holding finanziaria.

La normativa fiscale, al fine di preservare la continuità delle imprese in sede di passaggio generazionale, ha previsto una specifica esenzione da imposta di donazione e successione per i trasferimenti di partecipazioni di controllo. In particolare, l’art. 3, c. 4-ter, del TUS prevede che i trasferimenti di quote sociali e di azioni a favore dei discendenti e del coniuge, non sono soggetti all’imposta di donazione e successione, anche se effettuati tramite patti di famiglia di cui agli articoli 768-bis e seguenti del cod. civ., al valere congiuntamente quando il beneficiario acquisti una partecipazione di controllo ai sensi dell’articolo 2359, c. 1 n. 1) del cod. civ.; il beneficiario detenga il controllo per un periodo non inferiore a 5 anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso.

La richiamata disposizione vuole favorire il passaggio generazionale delle aziende di famiglia, purché i beneficiari mantengano il controllo della società, per un periodo non inferiore a 5 anni dalla data del trasferimento. La norma richiede, altresì, che i beneficiari – discendenti o coniuge del disponente – rendano, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione, apposita dichiarazione di detenere il controllo dell’attività d’impresa.

Nel caso di trasferimento di quote o azioni emesse da SPA e SRL, l’esenzione spetta per il solo trasferimento di partecipazioni che consenta ai beneficiari di acquisire oppure integrare il controllo, ai sensi dell’articolo 2359, c. 1 del cod. civ., con la finalità di proseguire l’esercizio dell’attività d’impresa per un periodo non inferiore a 5 anni. Secondo la disposizione codicistica, la nozione di controllo di diritto si realizza quando un soggetto dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria.

Tale circostanza si può manifestare, come chiarito dalla Circ. AE 16 febbraio 2007 n. 11/E (cfr. §12.1), alternativamente nel caso un beneficiario riceve la partecipazione di controllo o che consente di integrare il controllo; nel caso più beneficiari ricevono in comproprietà una partecipazione di controllo o che lo integra, purché i diritti dei comproprietari (beneficiari) siano esercitati da un rappresentante comune che disponga della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria, come prevede l’articolo 2347 cod. civ. Per quanto riguarda le società di persone, il trasferimento di ogni singola quota di partecipazione al capitale sociale consente di godere del regime di esenzione, purché il beneficiario detenga la partecipazione per un periodo non inferiore a 5 anni. In tal senso si è espressa l’Agenzia delle Entrate con la Circ. 22 gennaio 2008 n. 3/E (Cfr. § 8.3.2). In relazione all’applicazione del regime di esenzione da imposta di successione e donazione per il trasferimento di quote di società di persone l’Agenzia delle Entrate, con la Circ. 22 gennaio 2008 n. 3/E (Cfr. § 8.3.2), ha chiarito espressamente che: “in base al tenore letterale della disposizione in commento, si evince che l’imposta sulle successioni e donazioni non si applica ogniqualvolta il trasferimento riguardi partecipazioni in società di persone, purché, ovviamente, ricorrano gli ulteriori requisiti indicati dall’articolo 3, comma 4-ter, del TUS”. La richiamata interpretazione è stata confermata successivamente con la Circ. AE 29 maggio 2013 n. 18/E (Cfr. § 5.3).

La normativa di esenzione in argomento è passata al vaglio della Corte Costituzionale con la sentenza 23 giugno 2020, n. 120, in cui è stato confermato che l’obiettivo della disposizione è quello di favorire la

continuità aziendale, prevenendo la perdita di posti di lavoro, conoscenze, competenze e, quindi, i valori aziendali. Il peso delle imposte al momento della successione o della donazione, infatti, può generare difficoltà finanziarie tali da mettere in pericolo la sopravvivenza dell’impresa, con le relative conseguenze in termini di perdita dei posti di lavoro e ulteriori ripercussioni sul tessuto economico. L’applicazione delle imposte di successione e donazione, in caso di trasferimento dell’impresa di famiglia, potrebbe richiedere esborsi che i beneficiari non sono pronti a sostenere; ciò potrebbe rendere necessari disinvestimenti dei beni aziendali oppure richiedere il pagamento di dividendi mandati a riserva per consentire all’impresa di contare su una maggiore liquidità. Tali operazioni impattano sulla gestione dell’impresa, per giunta in un periodo complesso come quello del passaggio generazionale specialmente se improvviso e non programmato, con possibili ripercussioni anche sulla stessa continuità e competitività del gruppo di famiglia.

La richiamata ratio legis non ha solo la finalità di presentare la disposizione, ma viene spesso ripresa per la sua corretta applicazione pratica dall’Agenzia delle Entrate, come nel caso della Risp. Interpello 25 agosto 2021 n. 552 e Risp. Interpello 13 maggio 2022 n. 262 su cui si tornerà.

In relazione alla modalità con cui avviene il trasferimento, la disposizione di esenzione da imposta di donazione e successione trova applicazione anche in caso di trasferimenti effettuati tramite patti di famiglia di cui agli articoli 768-bis e seguenti del codice civile.

In base all’articolo 768-bis del cod. civ., il patto di famiglia è: “il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti.” Nel patto di famiglia sono tenuti a partecipare anche il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione nel patrimonio dell’imprenditore. Gli assegnatari delle partecipazioni devono liquidare gli altri partecipanti al contratto (legittimari) ove questi non vi rinunzino in tutto o in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote di legittima. In relazione al pagamento, i contraenti possono convenire che la liquidazione avvenga anche in natura. Infine, l’art. 768-quater del cod. civ., stabilisce espressamente che quanto ricevuto dai contraenti non è soggetto a collazione o a riduzione.

Il patto di famiglia, nel contesto dei passaggi generazionali, ha una duplice finalità, ovvero prevenire liti ereditarie e lo smembramento di aziende o partecipazioni societarie, oppure l’assegnazione di tali beni a soggetti inidonei ad assicurare la continuità gestionale; compensare i soggetti non interessati dal proseguimento dell’attività imprenditoriale, secondo le loro quote di legittima, attraverso pagamenti da parte dell’assegnatario delle partecipazioni sociali.

Per il mantenimento dell’agevolazione, nell’ipotesi il trasferimento della partecipazione avviene per patti di famiglia, è necessario che i beneficiari detengano il controllo per un periodo non inferiore a 5 anni dal trasferimento rendendo, contestualmente alla stipula del contratto con il quale è disposto il patto di famiglia, una dichiarazione con la quale si impegnino ad osservare tale condizione.

Si noti che l’Agenzia delle Entrate, con la Circ. 22 gennaio 2008 n. 3/E (Cfr. § 8.3.3), ha precisato che l’agevolazione in commento trova applicazione esclusivamente con riferimento al trasferimento effettuato tramite il patto di famiglia, e non riguarda anche l’attribuzione di somme di denaro o di beni eventualmente posta in essere dall’assegnatario dell’azienda o delle partecipazioni sociali in favore degli altri partecipanti al contratto. Tali ultime attribuzioni rientrano nell’ambito applicativo dell’imposta sulle successioni e donazioni.

La norma di agevolazione in commento, vuole favorire la continuità delle attività imprenditoriali evitando la perdita dei valori aziendali, inclusi posti di lavoro, conoscenze, competenze. L’attività che l’agevolazione

vuole favorire, dunque, è quella di impresa di cui all’art. 2082 del cod. civ. La questione da porsi, pertanto, riguarda la riconducibilità delle attività di una holding nell’ambito di quelle imprenditoriali. La questione ha avuto ampi dibattiti in dottrina e, oggi, sembrerebbe prevalere l’opinione per cui sono legittime le società costituite con lo scopo di gestire i beni mobili e immobili, laddove vi sia svolgimento di attività economica.

L’Agenzia delle Entrate ha affrontato la questione relativa all’applicazione dell’esenzione in commento in caso di trasferimento di quote di holding nella Risp. Interpello 25 agosto 2021 n. 552. La questione posta all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate riguarda una complessa operazione in cui, presentando in maniera semplificata la fattispecie rispetto alle operazioni che l’hanno effettivamente caratterizzata, un socio (socio A) di un gruppo di famiglia con una partecipazione del 20% circa in una società operativa di famiglia (Alfa spa), dopo essere divenuto titolare della partecipazione, intendeva conferirla in una holding di nuova costituzione (Newco Holding), interamente da lui posseduta. La holding voleva poi essere utilizzata per realizzare il passaggio generazionale donando il 100% delle sue quote, attraverso patto di famiglia, ai 3 figli del “socio A” in comunione tra loro, i quali avrebbero così acquisito il controllo della holding. La costruzione, al valere delle altre condizioni, sembrava meritevole del regime di agevolazione, ma l’Amministrazione finanziaria è stata di diversa opinione.

L’Agenzia delle Entrate, facendo ampio riferimento alla richiamata sentenza della Corte Costituzionale n. 120/2020, chiarisce che l’agevolazione ha la finalità di incentivare la continuità di impresa a favore dei discendenti al momento del passaggio generazionale. Aspetto centrale per l’applicazione del regime di favore è, dunque, “la sussistenza di un’azienda di famiglia, intesa quale realtà imprenditoriale produttiva meritevole di essere tutelata anche nella fase del suo passaggio generazionale”. Nel caso di specie il donante, a seguito delle operazioni prospettate, “continua a ricoprire, seppur indirettamente, il ruolo di socio di minoranza rispetto alla società operativa di famiglia ALFA Spa”, pertanto, non risulta integrato il passaggio di una partecipazione di controllo in una società produttiva.

Le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate hanno fatto sorgere degli interrogativi in merito alla spettanza del beneficio con riferimento a società di gestione dei patrimoni, come nel caso delle società semplici e, in generale, delle società di persone in cui non è richiesta una partecipazione di controllo per godere del beneficio fiscale. In maniera simile, verrebbe da chiedersi cosa accade nel caso delle società immobiliari, in cui il passaggio generazionale potrebbe garantire importanti benefici in termini di detassazione.

La Risp. Interpello 552/2021 non ha fissato alcuna regola generale in merito all’applicazione dell’agevolazione in relazione alle holding, ma sembrerebbe prendere avvio da una prospettiva antiabuso, anche se non viene esplicitato neanche questo intento. Dal documento di prassi di cui trattasi, dunque, non parrebbe possibile ricavare una lettura interpretativa con carattere generalizzato, valido in tutti i passaggi generazionali che interessano le holding. Non convince chi scrive, nonché la dottrina maggioritaria, una lettura per cui il requisito del controllo, in caso di holding, vada valutato al livello delle società operative; ciò significherebbe affermare che le holding non svolgono attività d’impresa, affermazione che non trova conferme secondo un’interpretazione logica sistematica. Ritenere che le holding non svolgano attività di impresa significherebbe mettere in discussione la loro stessa legittimità, nonché l’assenza totale di attività economica nell’assunzione di partecipazioni, nel supportare le scelte imprenditoriali a livello di gruppo, definire la strategia dell’intero gruppo. Rispetto alla ratio della disciplina di esenzione in commento, non sarebbe comprensibile il motivo per cui l’impresa di famiglia può trovare agevolazione, mentre un gruppo di famiglia (facente capo a una holding) non sarebbe meritevole di tale beneficio fiscale, quindi, di protezione rispetto all’esigenza di garantire la continuità e i valori di avviamento.

In un successivo intervento, Risp. Interpello 13 maggio 2022 n. 262, l’Agenzia è intervenuta nuovamente sull’applicazione del regime di esenzione nel caso di costituzione di una holding (Newco holding). La holding si caratterizzava per avere solo una categoria di azioni, pari al 2% del capitale, che attribuiscono diritti amministrativi pieni, quindi, il controllo sulla holding stessa.

In tale caso, l’Agenzia ha ritenuto applicabile l’agevolazione esclusivamente alle categorie di azioni, pari al 2% del patrimonio totale, di cui solo l’1,5% sarebbe stato oggetto di passaggio generazionale. Il motivo è legato al fatto che soltanto la quota dell’1,5%, attribuendo diritti amministrativi pieni, integrava il controllo sulla holding. La richiamata interpretazione, sia pure restrittiva, non fa alcun riferimento alle società partecipate. Infatti, nel caso prospettato, la holding possedeva il controllo della società operativa partecipata, ma non vi è riferimento alcuno circa la verifica sulle società operative.

La prassi e le indicazioni della dottrina maggioritaria portano a ritenere che la holding possa essere oggetto di passaggio generazionale agevolato, nel rispetto delle altre condizioni previste dall’art. 3 c. 4-ter del D.Lgs. 346/1990, purché non si identifichi l’assenza di una qualsiasi attività di impresa, tale da mettere in discussione anche l’utilizzo dello strumento societario. La holding, quindi, in qualità di strumento utile a favorire il passaggio generazionale, mantiene l’ulteriore utilità di consentire la trasmissione del gruppo di famiglia in esenzione di imposta di successione e donazione. Tuttavia, la verifica delle condizioni perché il regime trovi applicazione richiede maggiore attenzione sul grado di operatività della holding.

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