Papa Francesco: amico/nemico dei gay?

papa-francesco-I“La particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione stessa dev’essere considerata come oggettivamente disordinata”. Queste erano le parole di Joseph Ratzinger nel 1986, quando scrisse la sua Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali. Non a caso, durante il suo papato, pronunciare la parola “Chiesa” davanti ad una persona omossessuale, comportava un rischio molto alto di essere stoppati, senza che finissimo di pronunciare tutte le sue sillabe. Chi ha partecipato al Gay Pride di Berlino nel 2011, ricorderà la maschera del Papa in versione sorridente e decisamente allegrotta, mentre a bordo di una papamobile, si tagliava la strada tra i partecipanti all’evento, benedicendoli. Una forma di protesta colorita, a testimonianza però della tensione che ancora intercorre nei rapporti tra il mondo omosessuale e la Chiesa cattolica. Quanto alla Bibbia, nella Lettera ai Romani, testo in lingua greca del Nuovo Testamento scritto da Paolo di Tarso e indirizzata ai cristiani di Roma, l’omosessualità è decisamente condannata. Da essa si legge: “(…) gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s’addiceva al loro traviamento. E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa d’una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno, colmi come sono di ogni sorta di ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di rivalità, di frodi, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, oltraggiosi, superbi, fanfaroni, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa». Una critica dura, netta e poco interpretabile, che tuttavia non si differenzia molto dalle parole che spesso, troppo spesso, sentiamo pronunciare dalla bocca di chi, a distanza di secoli, si rivolge ancora agli omosessuali in quanto “depravati”. All’interno di questa situazione critica, una luce di speranza sembrerebbe essersi accesa con l’elezione di Papa Francesco quel fatidico 13 marzo 2013. Quando infatti la rivista gay The Advocate l’ha eletto persona dell’anno lo scorso dicembre, la notizia ha fatto il giro di tutto il mondo. Sulla copertina del più noto e antico magazine omosessuale americano, nato nel 1967, il volto di Papa Bergoglio è comparso con la scritta “No H8” (No hate, niente odio) tatuata su una guancia. Merito forse della sua frase pronunciata davanti ai giornalisti nel volo di ritorno dal Brasile, ovvero “Se una persona gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?”. Probabilmente il Pontefice non era consapevole della ripercussione mediatica che quelle semplici, quanto spontanee parole avrebbero ottenuto. Ma così è stato. Pochi giorni fa, dopo che Civiltà Cattolica ha pubblicato il colloquio che Bergoglio ha avuto lo scorso novembre con i Superiori Generali, la stampa non ha esitato a riportare un passaggio del discorso nel quale il Papa, parlando delle sfide educative della religione, accennava a un episodio avente per protagonista una bambina e sua madre. La prima si lamentava con la sua maestra di come la fidanzata della mamma non le volesse bene. Ciò è bastato a far diventare quella frase un’apertura del papa ai gay. Non mancano ovviamente le voci di coloro che discordano da tale interpretazione piuttosto azzardata. Insomma, indubbiamente Papa Francesco è un pontefice particolarmente gradito ai laici, ma neanche è possibile esagerare e gonfiare ogni sua affermazione. Resta però la convinzione che durante il suo pontificato qualcosa potrebbe cambiare e quando si tratta di rapporti tra chiesa e comunità gay, anche una virgola può fare la differenza. E’ altresì vero che non possiamo dimenticare quella famosa lettera che Bergoglio scrisse da Arcivescovo di Buenos Aires a Justo Carbajales, direttore del Dipartimento dei laici della Conferenza episcopale argentina, che aveva organizzato una marcia contro la legge sul “matrimonio” omosessuale, poi approvata dal Parlamento argentino. In essa il Papa definì la legge un “regresso antropologico”. Dunque, meglio tenere i piedi per terra ed evitare di gonfiare le parole al solo scopo di fare notizia.

Silvia Di Pasquale

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