GLI STUMENTI DELLA REGOLAZIONE DELLA CRISI

Il nuovo diritto della crisi prevede diversi strumenti per la regolazione della crisi che l’imprenditore (organo di controllo) può autonomamente scegliere.

Le nuove regole sulla crisi di impresa prevedono una serie di strumenti per la regolazione della crisi, alcuni del tutto inediti come il Piano di ristrutturazione omologato, altri resi più accessibili come nel caso degli accordi di ristrutturazione dei debiti ad efficacia estesa, i cui effetti possono estendersi su tutti i creditori non soltanto sugli intermediari finanziari, come prevedeva originariamente la legge fallimentare. Infine, lo strumento del Concordato preventivo consente di vincolare i creditori dissenzienti alla proposta inclusi in classi consenzienti, sia intere classi di creditori dissenzienti (cd. ristrutturazione trasversale). La scelta tra gli strumenti di regolazione della crisi, di esclusiva competenza dell’imprenditore (organo amministrativo nelle società), potrà tenere conto del grado di necessità di vincolare i creditori.

Il Codice della crisi di impresa (CCII) individua una serie di strumenti di regolazione della crisi, alcuni inediti altri profondamente modificati rispetto a quanto previsto dalla legge fallimentare, per offrire alle imprese in situazione di squilibrio economico finanziario validi percorsi per risanare l’impresa. Il nuovo paradigma normativo introdotto dal CCII tende a favorire soluzioni di tipo negoziale in cui l’imprenditore (organo amministrativo nelle società), i suoi creditori e i terzi interessati trovano un accordo per risolvere la situazione di crisi.

Le seguenti note presenteranno gli strumenti oggi disponibili per la soluzione della crisi, individuandone alcuni caratteri distintivi e fornendo indicazioni per l’individuazione dello strumento più idoneo rispetto alla situazione dell’impresa da risanare, la cui scelta è di pertinenza esclusiva degli amministratori tutelati dal CCII con specifiche disposizioni che limitano l’ingerenza dei soci.

Il Codice della crisi introduce il concetto di “strumenti di regolazione della crisi” da intendere, ai sensi dell’art. 2 co. 1 lett. m-bis), come le misure, gli accordi e le procedure volti al risanamento dell’impresa attraverso la modifica della composizione, dello stato o della struttura delle sue attività e passività o del capitale, oppure volti alla liquidazione del patrimonio o delle attività che, a richiesta del debitore, possono essere preceduti dalla composizione negoziata della crisi.

La richiamata definizione è frutto di un’evoluzione ove originariamente il CCII faceva riferimento alle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza, mentre lo schema di Decreto per il recepimento della Direttiva Insolvency (Dir. UE 1023/2019) proponeva di introdurre la definizione di “quadri di ristrutturazione preventiva”, per ricomprendere tutti gli strumenti di regolazione della crisi e per recepire, in tal modo, anche la definizione di ristrutturazione contenuta nell’art. 2, co. 1 della richiamata direttiva.

La definizione conteneva anche la precisazione sull’estraneità della composizione negoziata rispetto ai quadri di ristrutturazione, in coerenza con la natura e la funzione della composizione stessa, che rappresenta non una procedura ma un percorso di negoziazione, di tipo stragiudiziale, all’esito del quale il debitore può perseguire il risanamento dell’attività anche facendo ricorso ad uno dei quadri di ristrutturazione come previsto dall’art. 23 del CCII.

In sede di approvazione del decreto di recepimento della Direttiva Insolvency (D.lgs. 83/2022), viene accettato il suggerimento del Consiglio di Stato e utilizzata la locuzione “strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza”, al posto dei quadri di ristrutturazione. In questo modo è stata introdotta la definizione di ristrutturazione aziendale in linea con quanto previsto dalla Direttiva Insolvency, evitando i problemi dovuti al fatto che la definizione – quadri di ristrutturazione preventiva non avrebbe compreso le procedure di risoluzione concordata della crisi e dell’insolvenza puramente liquidatorie non finalizzate alla continuità aziendale, come nel caso del concordato preventivo liquidatorio.

La Relazione illustrativa al D.lgs. 83/2022 conferma che la diversa locuzione “strumenti di regolazione della crisi” comprende le misure e gli strumenti per la liquidazione anche atomistica del patrimonio, recependo il suggerimento formulato dal Consiglio di Stato di precisare con maggiore chiarezza l’estraneità della composizione negoziata alle procedure regolate dal CCII. L’inquadramento dei procedimenti riconducibili agli strumenti di regolazione della crisi ha un rilevante valore giuridico essendo previsto uno specifico procedimento unitario per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi.

Al di là dell’inquadramento giuridico e del procedimento unitario, le regole introdotte nel CCII che hanno recepito la Direttiva Insolvency sono finalizzate ad incentivare il ricorso a strumenti di risoluzione della crisi che consentano il mantenimento della continuità aziendale, evitando la liquidazione giudiziale per conservare i valori immateriali dell’impresa in funzionamento, nonché garantire una miglior soddisfazione degli interessi dei creditori e di tutti gli stakeholders coinvolti nella ristrutturazione. Gli strumenti legislativi introdotti a tal scopo sono molti in primis la Composizione negoziata, pur non rientrando tra gli strumenti di regolazione della crisi, cui si aggiungono il Piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (PRO), il nuovo Concordato preventivo in continuità, gli Accordi di ristrutturazione dei debiti, la Convenzione di moratoria.

La dottrina ha proposto una classificazione degli strumenti di regolazione della crisi. Nella fattispecie, gli strumenti puramente consensuali che producono effetti soltanto nei confronti dei creditori aderenti all’accordo, come i piani attestati di risanamento e gli accordi di ristrutturazione ordinari e agevolati; gli strumenti idonei a vincolare una minoranza di creditori non consenzienti, inclusi in classi o categorie di creditori aderenti, ovvero gli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa e il piano di ristrutturazione omologato; gli strumenti idonei a vincolare sia una minoranza di creditori inclusi in classi consenzienti, sia intere classi di creditori dissenzienti (cd. ristrutturazione trasversale), come il concordato preventivo con continuità aziendale e il concordato minore (cui possono accedere professionisti, imprese agricole e minori, start up innovative in stato di sovraindebitamento).

L’impiego di uno strumento o di un altro dipende da una serie di fattori, ma la classificazione appena illustrata è utile nel definire il tipo di strumento da adottare in funzione della necessità di vincolare i creditori rispetto a una proposta. Nei casi in cui la soluzione della crisi sia di tipo non liquidatorio e necessiti di vincolare il maggior numero di creditori con cui non sono percorribili soluzioni negoziali, lo strumento del Concordato preventivo potrebbe essere la soluzione valida, grazie al suo sistema di cross class cram down. Le situazioni in cui vi sono prospettive negoziali e non vi è la necessità di dover vincolare tutti i creditori rispetto a una proposta, possono trovare nel Piano di ristrutturazione omologato o negli accordi di ristrutturazione (ADR) validi strumenti.

La valutazione ovviamente deve tenere conto di altri fattori, tra cui il livello di indebitamento, nonché la composizione della debitoria e i relativi gradi di privilegio.

Le modifiche del CCII, in recepimento della direttiva Insolvency apportate dal D.lgs. 83/2022, hanno inserito la Sezione VI-bis “Degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza delle società” in cui sono disciplinate specifiche regole sulle modalità di accesso agli strumenti di regolazione della crisi nel caso di società.

In particolare, l’art. 120-bis CCII disciplina la fase iniziale di accesso allo strumento per la ristrutturazione preventiva e la determinazione del contenuto del piano, con la richiesta tempestiva da parte degli amministratori relativa all’adozione ed attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale, decisione che deve risultare da atto notarile depositato ed iscritto nel Registro delle imprese.

Per garantire il buon esito della ristrutturazione, viene previsto che il piano può prevedere qualsiasi modificazione dello statuto della società debitrice, ivi inclusi aumenti e riduzioni di capitale anche con

limitazione o esclusione del diritto di opzione e altre modificazioni che incidono direttamente sui diritti di partecipazione dei soci, nonché’ fusioni, scissioni e trasformazioni. Pertanto, anche in assenza di deliberazione dei soci, il piano di ristrutturazione può modificare la struttura finanziaria della società, prevedere la cancellazione di azioni e quote, l’emissione di azioni, quote e strumenti finanziari, anche con limitazione o esclusione del diritto d’opzione, nonché pianificare operazioni di fusione, scissione e trasformazione.

In relazione alle scelte di avviare una procedura di ristrutturazione, viene posto in capo agli amministratori l’obbligo di informare i soci, riferendo periodicamente sull’andamento della procedura. Una specifica regola, contenuta nell’art. 120-bis co. 4, impedisce ai soci, che potrebbero non avere più un interesse nella società, di ostacolare la ristrutturazione o una delle sue fasi, in quanto dispone l’impossibilita di revocare gli amministratori senza giusta causa e che non è considerata giusta causa la presentazione della domanda di accesso al quadro di ristrutturazione preventiva in presenza delle condizioni di legge. In particolare, dalla iscrizione della decisione nel Registro delle imprese e fino alla omologazione, la revoca degli amministratori è inefficace se non ricorre una giusta causa. Inoltre, anche in presenza di giusta causa, la deliberazione di revoca deve essere approvata con decreto dalla sezione specializzata del tribunale delle imprese.

Solamente ai soci che rappresentano almeno il 10% del capitale è consentito di presentare delle proposte concorrenti. Una specifica regola viene introdotta con l’inserimento dell’art. 120-ter nel CCII, in cui è dettata la possibilità del classamento dei soci, rendendolo obbligatorio nel caso in cui vengono incisi direttamente i loro diritti e in ogni caso per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio. La formazione delle classi consente ai soci di esprimere il diritto di voto sulla proposta, in misura proporzionale alla partecipazione al capitale e indipendentemente dai diritti di voto loro riconosciuti dallo statuto. Infine, gli stessi soci possono opporsi all’omologazione del concordato per far valere il pregiudizio da loro subito rispetto all’alternativa della liquidazione.

L’art. 120-quater, contiene la regola generale che il tribunale omologhi il concordato facendo sì che il trattamento riservato a ciascuna delle classi dissenzienti sia almeno uguale a quello delle classi di pari rango e più favorevole di quello riservato alle classi inferiori. Ciò eccezion fatta per l’unica classe di creditori collocata al rango immediatamente superiore a quello dei soci: in questo caso, al fine di verificare il rispetto delle regole prestabilite, è stato previsto che il valore assoluto destinato a tale classe debba essere superiore a quello riservato ai soci.

In tema di esecuzione del concordato, l’art. 120-quinquies, prevede che il provvedimento di omologazione del quadro di ristrutturazione preventiva determini quanto è stato deciso e deliberato nel piano, demandando le operazioni necessarie all’attuazione agli amministratori e autorizzando questi ultimi ad apportare le ulteriori modifiche statutarie, qualora previste.

In caso di mancanza o inottemperanza, il tribunale procederà alla nomina di un amministratore giudiziario perché attui gli adempimenti del piano, disponendo la revoca degli amministratori della società per giusta causa.

Infine, le modificazioni intervenute in seno all’azienda a ragione dell’attuazione del quadro di ristrutturazione preventiva non costituiscono causa di risoluzione o di modificazione di contratti stipulati dalla società, mentre sono inefficaci eventuali patti contrari al Piano.

Le richiamate regole sono essenziali nell’ambito del sistema di ristrutturazione preventiva delle situazioni di crisi, in quanto dettano l’iter seguito per la conclusione ed esecuzione di tutta la ristrutturazione dell’impresa, verificandone, altresì, la fattività.

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