CRISI E RINEGOZIAZIONE DEI CONTRATTI

L’impresa in difficoltà può accedere alla CNC, rinegoziare i contratti nel rispetto di precisi principi nonché ottenere misure protettive e cautelari.

La composizione negoziata della crisi consente alle imprese in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza, di chiedere al segretario generale della CCIAA la nomina di un esperto indipendente, quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa. Il risanamento, con l’intervento dell’esperto, va raggiunto in maniera negoziale, ovvero trovando le soluzioni che consentono un giusto bilanciamento tra gli interessi delle parti nel rispetto dei principi sui contratti, nonché facendo affidamento alle misure protettive e cautelari, spesso (quasi sempre) imprescindibili.

La congiuntura economica, quindi, ha messo in luce l’esigenza di introdurre strumenti giuridici di supporto per consentire alle imprese in difficoltà di prevenire la crisi; raggiungere il risanamento aziendale in caso di crisi o di insolvenza già esistenti; liquidare nel più breve tempo le imprese non economicamente sostenibili.

Lo strumento principale adottato dalle nuove norme sulla crisi di impresa è la composizione negoziata della crisi (CNC) – disciplinata dal DL 118/2021 convertito con modificazioni in L. 147/2021. La CNC consente all’imprenditore commerciale e agricolo che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza, di chiedere al segretario generale della CCIAA la nomina di un esperto indipendente, quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa.

La CNC rappresenta un percorso che l’imprenditore decide volontariamente di intraprendere finalizzato a raggiungere un accordo con i creditori e le altre parti interessate tale da consentire all’impresa di superare la situazione di temporaneo squilibrio e di proseguire l’attività in continuità.

La CNC dovrebbe, quindi, consentire una composizione tra gli interessi in gioco delle parti secondo principi di buona fede; correttezza e solidarietà tra le parti; equilibrio contrattuale nonché ragionevolezza contrattuale della compressione dei diritti delle parti che, rinunciando ad alcuni di essi, consentono il risanamento dell’impresa, realizzando idealmente un maggior soddisfacimento nel lungo periodo.

Il raggiungimento di tale risultato necessita di un momento di riflessione e distensione tra le parti contrapposte e della possibilità per l’imprenditore di individuare le proposte volte a raggiungere il risanamento.

Le condizioni appena richiamate per il raggiungimento di un accordo, generalmente si realizzano qualora l’impresa è tutelata con misure protettive e cautelari per evitare aggressioni al patrimonio aziendale in modo da preservare l’operatività aziendale nonché mantenere la discussione tra le parti equilibrata senza la “corsa” verso l’acquisto di diritti di prelazione.

La CNC consente all’imprenditore di operare in un ambiente protetto, sotto il controllo dell’autorità giudiziaria ma prima dell’ingresso in una procedura concorsuale. Fino a oggi, il risanamento dell’impresa, nella maggior parte dei casi, è passato attraverso la domanda di concordato di cui all’art. 161 l.f. procedura che consente la protezione del patrimonio imprenditoriale, ma limita l’attività gestionale dell’imprenditore alla sola ordinaria amministrazione.

La CNC, invece, consente la protezione del patrimonio senza alcuna limitazione sulla gestione dell’impresa che resta in capo all’imprenditore. L’interesse alla conservazione della continuità aziendale, come valore da tutelare, viene bilanciato con la salvaguardia dei creditori, cercando un punto di equilibrio tra autonomia negoziale ed eteronomia giudiziale durante tutto l’iter di composizione negoziata. La reazione alla crisi con lo strumento di composizione negoziata avviene, dunque, attraverso un percorso di facilitazione dei

rapporti tra imprenditore, creditori e le altre parti interessate, e non soltanto per intervenire sugli squilibri contrattuali determinati per effetto dell’emergenza sanitaria, con il fine di mantenere continuità aziendale nonché le relazioni a lungo termine.

La CNC da un certo punto di vista è uno spazio temporale in cui avvengono le trattative alla presenza dell’esperto indipendente super partes che non assiste l’imprenditore; non è un attestatore, né si sostituisce alle parti e ai suoi professionisti nell’esercizio dell’autonomia privata; ha il compito di facilitare le trattative e stimolare gli accordi.

La protezione del patrimonio offerta dalla CNC durante le trattative non fa assumere alla CNC i caratteri di una procedura concorsuale in quanto manca l’apertura di un procedimento di regolazione della crisi; la nomina degli organi della procedura; il blocco di crediti e debiti; la previsione di un ordine di distribuzione; lo spossessamento; il coinvolgimento di tutti i creditori – al contrario – la selettività è uno dei tratti che caratterizzano lo strumento, né si forma una “massa” segregata a favore di taluni creditori.

La CNC non è una procedura per la soluzione della crisi – in senso stretto – ma rappresenta un percorso nel quale l’imprenditore entra volontariamente per avviare una trattativa con i creditori e con tutti coloro che sono coinvolti o destinatari degli effetti della crisi. In tale percorso si inseriscono le misure protettive, spesso imprescindibili, per consentire un’effettiva e efficace discussione, evitando posizioni di vantaggio di alcuni creditori e, al tempo stesso, consentendo all’azienda di proteggere i beni destinati a far funzionare l’impresa.

La protezione del patrimonio, prevista agli artt. 6 e 7 del DL 118/2021, consente all’impresa di cristallizzare la situazione patrimoniale al momento in cui le trattative vengono avviate, evitando la corsa alla costituzione di posizioni privilegiate da parte dei creditori, senza impedire l’effettuazione dei pagamenti da parte dell’imprenditore che, nel rispetto del piano di risanamento, evitino pregiudizi per i creditori.

La protezione del patrimonio consente quindi di inibire le azioni esecutive dei creditori e di effettuare i pagamenti da parte dell’imprenditore funzionali al risanamento.

Si ritiene che in tutte o quasi le istanze di CNC l’imprenditore chieda le misure protettive. La richiesta di protezione può avvenire, tra l’altro, già in fase di presentazione dell’istanza di nomina dell’esperto, ovvero nella fase di avvio della procedura.

L’istanza di applicazione delle misure protettive è pubblicata nel registro delle imprese unitamente all’accettazione dell’esperto e, dal giorno di pubblicazione, i creditori non possono acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore; iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa.

I creditori in ogni caso, per evitare condotte opportunistiche da parte dell’imprenditore volte a creare pregiudizi, possono fare istanza ex art. 7 c. 6 del DL 118/2021 perché il giudice revochi le misure protettive e cautelari, o ne abbrevi la durata; presentare ricorso di fallimento ammesso diversamente della pronuncia della sentenza di fallimento inibita dalle misure.

Inoltre, quando l’imprenditore si trova in stato di insolvenza, il tribunale provvede a trasmettere la notitia decoctionis al pubblico ministero ai sensi dell’art. 7 l.f..

L’istanza per la richiesta di misure protettive può essere presentata dall’imprenditore in un qualsiasi momento anche in fase di avvio dell’istanza di CNC, rectius di nomina dell’esperto.

L’imprenditore inserisce l’istanza per le misure cautelari e protettive nella piattaforma telematica unitamente a una dichiarazione sull’esistenza di misure esecutive o cautelari disposte nei confronti dell’imprenditore; un aggiornamento sui ricorsi per la dichiarazione di fallimento o per l’accertamento dello stato di insolvenza.

L’istanza per la richiesta delle misure protettive deve essere pubblicata nel registro delle imprese unitamente all’accettazione dell’esperto. Tale pubblicazione da efficacia (dal giorno della pubblicazione) alle misure protettive.

L’imprenditore è tenuto a chiedere – con ricorso presentato al tribunale competente – lo stesso giorno della pubblicazione dell’istanza e dell’accettazione dell’esperto la conferma o la modifica delle misure protettive e, ove occorre, l’adozione dei provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative.

Entro 30 giorni dalla pubblicazione nel registro delle imprese dell’istanza per le misure cautelari, l’imprenditore chiede la pubblicazione nel registro delle imprese del numero di ruolo generale del procedimento instaurato. L’omesso o il ritardato deposito del ricorso è causa di inefficacia delle misure previste e, decorso inutilmente il termine, l’iscrizione dell’istanza è cancellata dal registro delle imprese.

Il ricorso al tribunale per la conferma o modifica delle misure protettive deve essere accompagnato dai i bilanci degli ultimi tre esercizi oppure, quando non è tenuto al deposito dei bilanci, le dichiarazioni dei redditi e dell’IVA degli ultimi tre periodi di imposta; da una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre sessanta giorni prima del deposito del ricorso; dall’elenco dei creditori, individuando i primi dieci per ammontare, con indicazione dei relativi indirizzi di posta elettronica certificata, se disponibili, oppure degli indirizzi di posta elettronica non certificata per i quali sia verificata o verificabile la titolarità della singola casella; da un piano finanziario per i successivi sei mesi e un prospetto delle iniziative di carattere industriale che intende adottare; da una dichiarazione avente valore di autocertificazione attestante, sulla base di criteri di ragionevolezza e proporzionalità, che l’impresa può essere risanata; dall’accettazione dell’esperto nominato ai sensi dell’articolo 3, commi 6, 7 e 8, del DL 118/2021 con il relativo indirizzo di posta elettronica certificata.

Il tribunale, entro 10 giorni dal deposito del ricorso, fissa, con decreto, l’udienza, da tenersi preferibilmente con sistemi di videoconferenza. Il tribunale – se verifica che il ricorso non è stato depositato lo stesso giorno della pubblicazione dell’istanza e dell’accettazione dell’esperto – dichiara l’inefficacia delle misure protettive senza fissare l’udienza prevista. Gli effetti protettivi prodotti cessano altresì se, entro 10 giorni dal deposito del ricorso, il giudice non provvede alla fissazione dell’udienza.

All’udienza il tribunale, sentiti le parti e l’esperto, nomina, se occorre, un ausiliario ai sensi dell’articolo 68 del c.p.c. e procede agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai provvedimenti cautelari richiesti e ai provvedimenti di conferma, revoca o modifica delle misure protettive. Se le misure protettive o i provvedimenti cautelari richiesti incidono sui diritti dei terzi, costoro devono essere sentiti. Il tribunale provvede con ordinanza con la quale stabilisce la durata, non inferiore a 30 e non superiore a 120 giorni, delle misure protettive e, se occorre, dei provvedimenti cautelari disposti. Su richiesta dell’imprenditore e sentito l’esperto, le misure possono essere limitate a determinate iniziative intraprese dai creditori a tutela dei propri diritti o a determinati creditori o categorie di creditori.

Il giudice che ha emesso i provvedimenti di conferma e modifica delle misure protettive e cautelari, su istanza delle parti e acquisito il parere dell’esperto, può prorogare la durata delle misure disposte per il tempo necessario ad assicurare il buon esito delle trattative. La durata complessiva delle misure non può superare i 240 giorni.

Su istanza dell’imprenditore, di uno o più creditori o su segnalazione dell’esperto, il giudice che ha emesso i provvedimenti di conferma e modifica delle misure protettivi e cautelari, in qualunque momento, sentite le parti interessate, può revocare le misure protettive e cautelari, o abbreviarne la durata, quando esse non soddisfano l’obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative o appaiono sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori istanti.

I procedimenti di conferma, revoca e modifica delle misure protettive e cautelari si svolgono nella forma prevista dagli articoli 669-bis e seguenti del c.p.c. e il tribunale provvede in composizione monocratica con ordinanza comunicata dalla cancelleria al registro delle imprese entro il giorno successivo. Contro l’ordinanza è ammesso reclamo ai sensi dell’articolo 669-terdecies del c.p.c..

Dal giorno della pubblicazione dell’istanza relativa alle misure protettive e fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, la sentenza dichiarativa di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata.

I creditori interessati dalle misure protettive non possono, unilateralmente, rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento dei loro crediti anteriori rispetto alla pubblicazione dell’istanza.

Le misure protettive sono quelle elencate, o tipizzate, nell’art. 6 del DL 118/2021, ossia il divieto di acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore; iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa.

Tuttavia con ricorso giudiziale se ne possono aggiungere altre da sottoporre al giudice chiedendo l’adozione dei provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative. Pertanto i provvedimenti cautelari del DL 118/2021 possono avere, intrinsecamente, una funzione protettiva finalizzata al buon esito delle trattative.

Per fare qualche esempio di misure cautelari, tenendo conto di quelle che oggi popolano sistematicamente le aule dei tribunali, si attendono sicuramente richieste di sospensione dei contratti, in quanto l’articolo 10 c. 2 del DL 118/2021 consente la rinegoziazione dei soli contratti se la esecuzione è divenuta eccessivamente onerosa a causa del Covid-19; mentre sicuramente vi saranno altri contratti che necessitano di rimodulazione se non addirittura di sospensione. In relazione a tale richiesta di misura cautelare, l’esperto indipendente dovrà esprimere un parere per il tribunale che potrà autorizzare la rinegoziazione a condizioni però di utilità finalistica e funzionale per il raggiungimento del percorso di risanamento ab origine. Altro esempio di misura cautelare è la richiesta di sospensione della segnalazione alla centrale rischi cosiddetta della Banca d’Italia (CRIF), anche se la questione poi viene a sovrapporsi con la disposizione per cui nell’articolo 4 c. 6 del DL 118/2021 per cui non può avvenire la sospensione del credito da parte degli intermediari finanziari dal momento della richiesta di CNC.

Le misure protettive, passando per il vaglio del tribunale in composizione monocratica, possono essere confermate esclusivamente quando il tribunale si convince che esiste una ragionevole probabilità di perseguire il risanamento (fumus boni iuris); reputa che le misure – nel rispetto della gradazione necessaria tra i vari interessi – abbiano una utilità finalistica e funzionale per raggiungere il risultato del risanamento e, pertanto, la loro assenza potrebbe pregiudicare il salvataggio (periculum in mora).

Il giudice è, quindi, chiamato ad operare un bilanciamento tra gli interessi del debitore e le aspettative dei creditori effettuando una valutazione ex ante – non un giudizio ex post come comunemente avviene nei giudicati – sull’utilità del percorso che dovrebbe restituire valore alla collettività e nuove opportunità all’imprenditore, senza pregiudicare ingiustamente i creditori. Il giudice in questa delicata valutazione può fare ricorso ad un ausiliario ai sensi dell’art. 68 del c.p.c. che dovrà supportare il giudice nel misurare le potenzialità dell’impresa e al contempo a fare emergere le criticità dell’attività svolta. Il legislatore non ha pensato alla figura del commissario giudiziale in questo caso ma le similitudini tra le due figure ha portato la dottrina a definire l’ausiliario un mini-commissario.

Alcune considerazioni vanno fatte in relazione alla previsione di cui all’art. 6 c. 5 del DL 118/2021 in base alla quale i creditori interessati dalle misure protettive non possono, unilateralmente, rifiutare

l’adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento dei loro crediti anteriori rispetto alla pubblicazione dell’istanza per l’ottenimento delle misure protettive. La richiamata disposizione sembrerebbe creare uno squilibrio tra imprenditore e creditori che, invece, viene bilanciato dal fatto che le misure sono rimesse alla valutazione del tribunale; i creditori possono chiedere la revoca delle misure ai sensi dell’art. 7 c. 6 DL 118/2021.

L’altra questione di interesse riguarda l’interazione tra la richiesta delle misure protettive e cautelari e l’art. 8 del DL 118/2021. Il richiamato articolo 8 consente all’imprenditore di dichiarare la non applicazione, durante la CNC, la sospensione di obblighi e cause di scioglimento di cui agli artt. 2446, 2447, 2482-bis, 2482-ter, 2484 e 2545-duodecies del cod. civ. Trattasi degli obblighi di riduzione del capitale sociale per perdite nonché delle cause di scioglimento della società dovute alla riduzione del capitale sotto il minimo legale.

La contemporanea richiesta delle misure protettive e la dichiarazione di cui all’art. 8 possono essere oggetto di valutazione da parte del tribunale chiamato a verificare, anche su istanza dei creditori, se la sospensione degli obblighi sul capitale arrechi pregiudizio tale da giustificare la revoca delle altre misure.

La rinegoziazione dei contratti e l’individuazione di soluzioni e accordi in grado di consentire all’impresa di tornare in equilibrio prospettico, nonché ai creditori e alle altre parti interessate di ottenere un vantaggio nel lungo periodo devono ispirarsi ai principi di solidarietà e buona fede; all’equilibrio contrattuale ed alla ragionevolezza della compressione di interessi e bilanciamento.

Le norme sulla CNC rimandano, in vari punti, a tali principi sia direttamente sia indirettamente. In maniera più esplicita, su tale solco, si inserisce l’art. 10 c. 2 del DL 118/2021 che consente all’esperto di rideterminare, secondo buona fede, il contenuto dei contratti ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa per effetto della pandemia. La norma inoltre consente – su istanza dell’imprenditore in mancanza di accordo – al tribunale, previa acquisizione del parere dell’esperto e tenuto conto delle ragioni dell’altro contraente, di rideterminare equamente le condizioni del contratto, per il periodo strettamente necessario e come misura indispensabile ad assicurare la continuità aziendale. Se accoglie la domanda il tribunale assicura l’equilibrio tra le prestazioni anche stabilendo la corresponsione di un indennizzo. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle prestazioni oggetto di contratti di lavoro dipendente.

La scelta di mantenere o modificare un contratto commerciale rappresenta, tuttavia, una decisione imprenditoriale, in quanto il giudice chiamato a valutare il nuovo equilibrio tra le prestazioni non ha le competenze e le informazioni di mercato necessarie per prendere decisioni eque. Pertanto la strada della rinegoziazione contrattuale attraverso l’intervento del tribunale si presenta complessa da percorrere e va vista, come già osservato in dottrina, come ulteriore stimolo alle rinegoziazioni autonome nonché come estrema ratio per addivenire a una soluzione.

La CNC persegue lo scopo di bilanciare l’autonomia negoziale, che caratterizza qualsiasi forma di composizione negoziata, con l’eteronomia giudiziale, quando occorrano interventi per tutelare l’equilibrio dei diritti. Il percorso di CNC va visto come una opportunità offerta all’imprenditore per riportare in equilibrio l’impresa in quanto l’accesso alla CNC è spontaneo; non vi è alcuno spossessamento.

I contrappesi, ossia le tutele per i creditori e le altre parti, legate a questa opportunità sono molteplici tra cui sinteticamente:

a) l’immediata nomina e presenza attiva dell’esperto;

b) l’immediata interlocuzione con i creditori;

c) il rapido intervento del giudice nel caso di richiesta di misure protettive;

d) i doveri dell’organo di controllo di segnalare all’imprenditore la sussistenza di una situazione di precrisi o di crisi che può essere gestita con la CNC;

e) la possibilità per i creditori di reagire in ogni momento a eventuali distorsioni nell’uso della CNC, attraverso la richiesta al tribunale di revoca delle misure protettive;

f) l’influenza dell’esperto sulla gestione tramite espressione del dissenso sugli atti di straordinaria amministrazione o potenzialmente pregiudizievoli per i creditori;

g) la limitata protezione degli atti compiuti in caso di insuccesso del percorso;

h) la permanenza della responsabilità civile dell’imprenditore per il compimento di atti dannosi;

i) la vigilanza del tribunale tramite il rilascio di autorizzazioni (art. 10 DL 118/2021);

j) l’intervento del tribunale, su segnalazione dell’esperto.

Interessi e contrappesi sono alla base della CNC spesso bilanciati facendo riferimento ai principi generali. La scelta legislativa, infatti, in diverse pieghe della normativa, rimanda proprio ai principi generali offrendo così ai soggetti coinvolti nella CNC nonché al giudice, nei casi in cui è previsto l’intervento, la possibilità di seguire un approccio ispirato a tali principi piuttosto che vincolato da rigide regole. In tale contesto si inserisce l’art. 11 del DL 118/2021, ossia la disposizione che descrive una serie di esiti della CNC, appunto non predeterminati.

La congiuntura economica, profondamente incisa dalla pandemia, ha comportato effetti dolorosi sulle imprese, parzialmente attenuati dai vari interventi di sostegno pubblico – la cassa integrazione, le moratorie, i vari sussidi – destinati, tuttavia, a esaurirsi. Le piccole e medie imprese sono risultate statisticamente maggiormente impattate dai vari blocchi alle attività nonché dai cambiamenti delle abitudini sociali; ciò ha rilevanti ripercussioni sul sistema paese, essendo proprio le piccole e medie imprese italiane in aggregato a consentire al nostro Paese di essere tra le maggiori potenze industriali. Sostenere taliealtà imprenditoriali, quindi, significa sostenere la nostra economia e suo il rilancio.

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