Esiste un Friday for Future anche per la moda?

Le sorti del mondo sono nelle mani di milioni di giovani che sfilano contro i cambiamenti climatici. La loro mobilitazione nasce dall’esempio dell’eco-attivista svedese Greta Thunberg. A soli 16 anni ha pronunciato un discorso memorabile a New York di fronte ai potenti della terra. Ha detto che “il mondo si sta svegliando e che il cambiamento sta arrivando”, piaccia o non piaccia a chi ha raccontato la “favola di un’illimitata crescita economica”. Si è commossa per la rabbia e ci ha fatto commuovere, ricordandoci che interi eco-sistemi sono in via di disfacimento, che le persone soffrono a causa delle catastrofi ambientali originate da un modello economico basato sul profitto e sulla devastazione. Le sue parole sono semplici e proprio per questa ragione potentissime: disvelano la realtà, non ammettano scuse né ipocrisie. Le parole di Greta sono le nostre parole. Il movimento globale a cui Thunberg ha dato inizio rappresenta un fenomeno visionario – perché sì un altro mondo è possibile – e invade come un’onda positiva il nostro immaginario. Quale contributo può dare la moda a questa “new wave” ecologista? La direttrice artistica di Dior, Maria Grazia Chiuri, ha raccolto la sfida di Greta, sintetizzabile in quel How dare you? (Come osate?), parlando della necessità di produrre meno per consumare meno. Ed è esattamente questo il cuore del problema, dal momento che la moda, al pari di tutte le attività produttive, ha bisogno di creare in continuazione sollecitando gli acquisti, ma così facendo contraddice l’imperativo categorico della sostenibilità ambientale e sociale. A tutti i livelli del Fashion System si cerca di correre ai ripari, come ha fatto per esempio il colosso svedese H&M con le sue linee “Conscious”. La strada verso una moda sostenibile ed etica pare essere ancora molto lunga, per almeno tre ragioni: la lavorazione industriale dei tessuti è altamente inquinante; lo smaltimento dei tessuti industriali è complicato; per aumentare i guadagni, molti brand ricorrono alla manodopera a basso costo e senza diritti dei Paesi in via di sviluppo, che sono anche quelli maggiormente colpiti dai cambiamenti climatici. Il tributo della Maison francese alla causa della protezione dell’ambiente è arrivato direttamente in passarella. Un arboreto di 164 alberi, che saranno poi piantati nuovamente in diverse zone della città, ha aperto la Paris Fashion Week. In una lunga intervista a Vogue, Chiuri esplicita il concept alla base della prossima collezione PE20: “Il messaggio di questa collezione è l’idea che dobbiamo prenderci cura di tutti, del mondo in cui viviamo, proprio come Catherine Dior e altre donne nella storia si sono prese cura dei loro giardini. Tutte le idee di femminismo moderno parlano degli esseri umani e della natura, e di far riavvicinare e unire questi due mondi.” Il riferimento alla sorella del creatore della casa di moda francese non è affatto casuale ed anzi la figura di Catherine ha ispirato abiti ed accessori: “Subito dopo la guerra – racconta Chiuri – Catherine aveva lavorato come giardiniera e vendeva fiori a Les Halles a Parigi prima di trasferirsi nel Sud della Francia, dove visse assieme al padre. Quando Christian acquistò Château de la Colle Noire vicino a Grasse, sua sorella Catherine vi piantò aiuole di rose, gelsomini e lavanda. Essere stata un membro attivo della Resistenza, per poi lavorare come giardiniera, mettendo su la propria attività, era una cosa piuttosto anomala per quell’epoca. Tutti conoscono la fragranza Miss Dior, ma non tutti sanno che fu lei a ispirarla. Ho pensato di utilizzare questa sfilata per celebrare Catherine, perché credo sia stata una donna davvero molto moderna.” Possiamo rinvenire un filo rosso che unisce idealmente l’impegno di donne straordinarie come Catherine Dior e Greta Thunberg, nella speranza che il loro mondo, fatto di bellezza e rispetto, diventi finalmente possibile.

Foto tratta da Vogue.it

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