Conclusa la saga di Ragnar Lothbrok, Netflix decide di tornare nelle terre del nord con Vikings Valhalla, ambientato un secolo dopo i fatti che hanno raccontato l’ascesa dei vichinghi la serie mette al centro dell’azione l’espansione norrena in Danimarca, Norvegia e Inghilterra, con un occhio di riguardo allo scontro religioso fra pagani e neocristiani. Vikings Valhalla, come l’ononima e più celebre serie principale, è molte cose, forse troppe tutte insieme. Ma credo che il modo migliore per descriverla sia: “Una soap opera che prova a diventare il Game of Thrones senza draghi.
Ma andiamo con ordine. La serie vorrebbe essere storicamente accurata ma ciò è pressochè impossibile visto l’attaccamento alla tradizione orale dei popoli norreni. La gran parte delle informazioni su di loro ci arriva da scritti prodotto decenni o addirittura secoli dopo, da chi non c’era. Anzi, per dirla tutta, molto di quello che sappiamo arriva da parole vergate dalle genti che hanno visto i vichinghi arrivare, conquistare e, in alcuni casi, insidiersi nelle terre appena razziate.
Quindi quando Vikings: Valhalla riunisce sotto lo stesso arco narrativo Leif Erikson, Olaf di Norvegia e Canuto il Grande, si prende ben più di una semplice licenza narrativa sfociando “liberamente ispirato” Già visto durante tutta la serie che narra le vicende di Ragnar Lothbrok. Per certi questa “cozzaglia” di storie e saghe rende decisamente più imprevedibile la trama. Si inizia pensando di essere di fronte a una rivisitazione della Saga dei Groenlandesi fininendo per ritrovarsi nell’epica dell’unificazione del mare del Nord. Il tutto con qualche rimando narrativo e geografico alla serie precedente, per accalappiare anche i più nostalgici.
Torna Kattegat, per dire, e diverse altre ambientazioni che fanno pensare che certi set non siano mai stati smontati. Tornano però anche tutte le scelte di ritmo e narrazione già usateper narrare le gesta di Ragnar e figli, andando a rendere Vikings: Valhalla un’ appendice di Vikings. Fin troppo satura di colpi di scena la serie risulta stantia. Inoltre si è perso completamente il valore temporale degli eventi; nel tempo che uno personaggio impiega per un brindisi un altro attraversa il Mare del Nord in nave. E non è nemmeno un cosa su cui poter solvare visto che tale velocità di narrazione si scontra frontalmente con la lentezza delle singole scene alcune di esse totalmente inutili visto poi la velkocità di svolgimento degli eventi. Le trasizione, al 90% di fronte a cibarie o durante
passeggiate senza una reale meta, serveno solo come intervallo tra una scena sanguinolenta e l’altra.
Ovviamente non è tutto da batture però ci si aspettava di più dalla serie che si incaricava di tenere alta l’eredità lasciata in consegna da Vikings. E’ una serie che si guarda con la speranza del vedere quel miglioramente che lascia scorgere solo in brevissimi sprazzi rendendo lo spettatore consapevole di poter interrompere la visione senza, per il momento, perdersi nulla.